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Maurita Cardone
Leggi i suoi articoliLa Frick Collection è una macchina del tempo in grado di far viaggiare i visitatori nella Gilded Age, l’epoca d’oro di un’America che diventava sempre più ricca e iniziava a competere con il Vecchio Continente anche per arte e cultura (1870-1901). Quella della Frick è anche la storia delle pratiche museali e del collezionismo americani.
Venne aperta nel 1935 con le opere raccolte dall’industriale Henry Clay Frick (1849-1919), di origini relativamente modeste. Dopo anni di esperienza da contabile nell’azienda di famiglia in Pennsylvania, iniziò a investire nell’industria del coke, accumulando una fortuna e alimentando l’esplosione siderurgica di Pittsburgh. Qui, dopo il matrimonio, stabilì la propria residenza in una palazzina all’ultimo grido che è oggi sede di The Frick Pittsburgh, fondata dalla figlia dell’industriale. A Pittsburgh, Frick iniziò a fare affari con il più grande produttore di acciaio degli Usa, Andrew Carnegie. Fu nel ruolo di presidente e amministratore delegato della Carnegie Steel, prima che in quello di filantropo delle arti, che Frick entrò nella storia: i suoi tagli ai salari provocarono scioperi sfociati in violenza e in uno dei momenti più bui del movimento per i diritti dei lavoratori. Frick fu vittima di un tentato omicidio da parte di un anarchico russo e restò per tutta la vita uno strenuo oppositore delle associazioni operaie e dei sindacati. Aveva sempre avuto interesse per le arti ma, a parte qualche isolato acquisto di artisti perlopiù americani, fu solo negli anni ’90 che iniziò a collezionare, dapprima artisti francesi della Scuola di Barbizon e del Settecento inglese.
Dopo una controversa rottura con Carnegie, nel 1905 si trasferì a New York, dove divenne uno dei direttori della neonata United States Steel Corporation di J.P. Morgan e cominciò a espandere la propria collezione, rivaleggiando con altri magnati dell’epoca, tra cui lo stesso Morgan. Nel 1913 avviò i lavori per la villa su Fifth Avenue. Realizzata su progetto degli architetti Carrère e Hastings, tra i più in voga del momento e autori anche della New York Public Library, la casa fu pensata per essere un giorno utilizzata per incoraggiare lo studio delle belle arti. Fu in quegli anni che Frick intensificò il suo collezionismo aprendolo al Secolo d’Oro olandese, al Seicento spagnolo, al Rinascimento italiano. Al momento della morte, aveva messo insieme una collezione di Old Masters che avrebbe impresso indelebilmente il suo nome nella storia dell’arte e aveva dato disposizione di creare una galleria, affidata alla figlia Helen che per anni aveva coadiuvato il padre. In sua memoria, Helen creò la Frick Art Research Library, oggi Frick Art Reference Library, importante centro di ricerca sulla storia dell’arte con vasti archivi che includono i carteggi di famiglia. Durante la Seconda guerra mondiale, nella biblioteca aveva sede il Comitato per la protezione dei tesori culturali nelle aree di guerra, che creò mappe ed elenchi di monumenti da risparmiare ai bombardamenti. Nel 1935, l’architetto John Russell Pope trasformò l’edificio originale in museo, aggiungendo gallerie, spazi per eventi e la Garden Court. Con l’eccezione di pochi rinnovi alle sale lettura e ad alcuni uffici, gli spazi del museo non avevano mai subito trasformazioni importanti fino al 2020, quando la villa su Fifth Avenue ha chiuso le porte per avviare la ristrutturazione e il museo si è trasferito nell’edificio originariamente progettato da Marcel Breuer per il Whitney Museum. Oggi la collezione è arrivata a contare circa 1.800 pezzi e comprende tesori che vanno dal Rinascimento all’inizio del XX secolo.

Giovanni Bellini, «San Francesco nel deserto», 1475-80 ca, New York, The Frick Collection. Foto: Michael Bodycomb
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