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Camilla Bertoni
Leggi i suoi articoliDal 6 aprile al 23 novembre Punta della Dogana, una delle due sedi della Pinault Collection a Venezia, presenta la più ampia antologica dedicata in Italia a Thomas Schütte (Oldenburg, 1954), in un percorso dal titolo «Genealogies» che prende inizio dagli anni Settanta con una cinquantina di sculture e un centinaio di disegni. Le opere provengono dalla collezione Pinault, ma anche da prestiti dell’artista, e infatti molti dei disegni esposti sono inediti. A curare l’esposizione sono Camille Morineau, conservatrice e curatrice indipendente, e Jean-Marie Gallais, curatrice della Pinault Collection, alle quali abbiamo chiesto di guidarci nella visita.
Come si colloca l’artista sulla scena contemporanea?
Camille Morineau: Schütte è molto attento a definire la sua situazione rispetto a un contesto a cui non è connesso, dato il suo allontanamento dalle tendenze americane verso il Minimalismo e il Concettualismo e da quelle europee con la pittura espressionistica tedesca. Il suo precoce ritorno alla scultura e alla figura, così come il suo lavoro sui modelli architettonici, lo ha reso un outsider. Ma oggi può essere considerato un precursore di molte generazioni di artisti che sono ritornati alla figura e alla scultura e che considerano i modelli architettonici una forma d’arte. C’è anche un aspetto politico nel lavoro di Schütte (la sua critica agli uomini di potere, alle alleanze nascoste tra «uomini cattivi») che lo pone in prima linea nell’arte contemporanea oggi.
Il suo lavoro è soprattutto scultoreo e incentrato sulla figura umana: qual è la sua restituzione? Si parla spesso per le sue opere di figure caricaturali: è questa l’intenzione dell’artista?
Jean-Marie Gallais: Il modo in cui lavora sulla figura è piuttosto classico, nel senso che si cimenta con il genere del ritratto, del nudo, del busto romano. Le sue caricature possono anche essere messe in relazione a un lungo uso di questo genere in scultura, un genere autonomo. Ma il modo in cui affronta la figura è in relazione con i materiali, con il procedere per tentativi ed errori che è centrale nella sua pratica. Tutto il suo lavoro inizia in piccolo e procede verso il monumentale attraverso un lungo processo (lungo tutta la sua vita) in cui testa ogni materiale spingendolo a suoi limiti, non importa che si tratti di bronzo, vetro, ceramica e persino il Fimo (una pasta sintetica modellabile, Ndr) usato dai bambini per giocare con le forme.

Thomas Schütte, «You 24», 2018, Pinault Collection. Courtesy the artist e Frith Street Gallery, London. Foto © Ben Westoby. © Thomas Schütte, by Siae 2024
Come si compone il percorso della mostra?
Jean-Marie Gallais: Abbiamo lavorato con l’artista su una combinazione di opere tridimensionali, sculture, e bidimensionali, disegni, quasi in ogni stanza, cosa abbastanza insolita, anche se la relazione tra le due pratiche è onnipresente nel suo lavoro. La mostra sviluppa una narrazione in cui speriamo che le persone possano cogliere le diverse «tipologie» di sculture o famiglie di personaggi, piuttosto che avere un approccio strettamente cronologico. Siamo accolti da una figura femminile in piedi, una nuova produzione, all’esterno, e poi al piano terra ci sono principalmente figure e teste maschili. Nello spazio centrale, la figura è diventata un fantasma e lentamente il corpo femminile e le teste delle donne appaiono al piano superiore, con un passaggio attraverso l’architettura. Ci sono molti riferimenti da una stanza all’altra, in particolare attraverso i disegni e le opere su carta.
Che cosa intende l’artista quando dice che vuole «introdurre nel mondo un punto interrogativo distorto»?
Camille Morineau: Solo poche sculture in piedi di Thomas Schütte stanno in posizione proprio frontale: è il caso del suo famoso «Vater Staat» e del nuovo bronzo «Mutter Erde». La maggior parte non sono dritte, agiscono in diverse posizioni instabili. Le parole di Schütte sono state pronunciate quando parlava di titoli in realtà, e poi ha aggiunto: «Queste opere non sono punti esclamativi». Le sue sculture sono a volte storte internamente e gli piace lavorare con questa caratteristica. Ad esempio, la sua serie «Men in Wind», presentata nella prima sala, può essere vista come una sorta di monumento antieroico al fallimento e agli sforzi.
Questa è la prima vera ampia monografica in Italia: qual è il legame dell’artista con il nostro Paese?
Jean-Marie Gallais: Thomas Schütte è stato rappresentato da Tucci Russo in Italia sin dal 1988 e ha avuto una bella mostra nel 2012 nella Manica Lunga del Castello di Rivoli a Torino, con la serie «Frauen». Ha vinto inoltre il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 2005. Ma questa è indubbiamente la prima mostra monografica completa in Italia, a fronte del fatto che l’Italia è molto presente nel suo lavoro. Il suo modo di fare scultura è molto cambiato durante il soggiorno romano a Villa Massimo nel 1992. In seguito ha iniziato anche a lavorare con il vetro a Murano. La Pinault Collection, grazie al rapporto di lunga data tra l’artista e il collezionista, offre in questa occasione a Venezia l’opportunità di una visione retrospettiva.

Thomas Schütte, «Blues Men», 2018, Pinault Collection. Courtesy the artist e Peter Freeman, Inc. New York/Paris. Foto © Nicholas Knight. © Thomas Schütte, by Siae 2024

Thomas Schütte, «Großer Frauenkopf», 2021, Pinault Collection. Foto © Mareike Tocha. © Thomas Schütte, by Siae 2024