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Naum Gabo, «Construction in Space with Crystalline Centre», 1938–40. The Work of Naum Gabo © Nina & Graham Williams / Tate, 2019

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Naum Gabo, «Construction in Space with Crystalline Centre», 1938–40. The Work of Naum Gabo © Nina & Graham Williams / Tate, 2019

La prima inglese di Gabo in 30 anni

Alla Tate St. Ives una completa panoramica dell’artista russo nell’ambito della scultura, della pittura, del design, del cinema e persino della musica

Federico Florian

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St Ives. «L’attuazione delle nostre percezioni del mondo sotto forma di spazio e tempo è l’unico fine della nostra arte plastica», afferma il Manifesto del Realismo, pubblicato a Mosca nel 1920, tre anni dopo la Rivoluzione Russa. Oggi, a cent’anni dalla redazione di questo testo chiave, tanto per il movimento costruttivista russo quanto per il modernismo europeo, la Tate St Ives ospita un’ampia retrospettiva del lavoro di uno dei suoi autori: Naum Gabo (1890-1977).

Dal 25 gennaio al 3 maggio, la mostra (la prima su territorio britannico dedicata a Gabo negli ultimi trent’anni) offre una completa panoramica del contributo dell’artista russo nell’ambito della scultura, della pittura, del design, del cinema, e persino della musica, quest’ultima da lui descritta come «la più costruttivista fra tutte le arti». Una pratica, quella di Gabo, ispirata da una missione sociale: portare l’arte nella vita di tutti i giorni allo scopo di costruire una società migliore.

Tra i lavori a St Ives, una fra le sue più celebri sculture, «Kinetic Sculpture (Waves)» (1919-20): da molti considerata la prima opera d’arte cinetica, il lavoro esplora le potenzialità scultoree del movimento attraverso l’utilizzo di un motore elettrico. Oltre alle sculture e ai dipinti cinetici, l’antologica presenta i disegni originali realizzati da Gabo per una produzione dei Balletti Russi di Diaghilev (La Chatte, 1927). Esposto qui per la prima volta un modello della scultura d’arte pubblica concepita per il grande magazzino Bijenkorf di Rotterdam: opera che rivela le idee pioneristiche di Gabo sulla relazione tra forma scultorea e spazio pubblico.
 

Federico Florian, 24 gennaio 2020 | © Riproduzione riservata

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