Roberta Bosco
Leggi i suoi articoliIn Spagna si conservano solo quattro opere di Caravaggio, catalogate come autografe, tre a Madrid e una in Catalogna: il «San Girolamo Penitente» nel Museo dell’Abbazia di Montserrat, la «Santa Caterina d’Alessandria» nel Museo Thyssen-Bornemisza, la «Salomè con la testa del Battista» nel Palazzo Reale di Madrid e «Davide e Golia» nel Museo Nazionale del Prado. Proprio quest’ultima torna all’antico splendore dopo un accurato restauro ad opera di Almudena Sánchez, restauratrice del museo madrileno, che ha restituito al dipinto i caratteristici chiaroscuri di Caravaggio, smorzati dal tempo sotto strati di sporco e vernici. Proprio l’opacità di queste vecchie pitture aveva eliminato lo spazio e la profondità della composizione, rendendo molto difficile percepire le dimensioni del luogo in cui si trovano Davide e Golia.
Inoltre il restauro, durato poco meno di 4 mesi e sovvenzionato dalla Fondazione Iberdrola España, ha rivelato elementi della composizione che, con il passare degli anni, erano praticamente spariti, come la luce chiara che circonda la testa del giovane Davide o lo scorcio del corpo di Golia. Secondo gli esperti, questi danni furono causati dalle puliture selettive del passato, che si occuparono principalmente dei primi piani e delle zone più intensamente illuminate, ignorando lo sfondo della composizione e gli spazi in ombra. In questo modo il chiaroscuro originale di Caravaggio si era ridotto a un violento contrasto tra luci e ombre, in cui la figura di Davide si stagliava su uno sfondo nero piatto. A questo si sommava il tono giallastro della vecchia vernice che conferiva alla carnagione e alle vesti dei personaggi una gamma di toni caldi che finì per stravolgere completamente l’idea originale del pittore.
Per restituire al dipinto i cromatismi e i contrasti in cui Caravaggio era maestro, la tela è stata sottoposta a un minuzioso processo di rimozione delle vernici ossidate ed opache presenti sulla superficie. Per portare a buon fine il processo sono stati fondamentali gli studi tecnici di riflettografia infrarossa e radiografia, che hanno permesso di conoscere lo stato di conservazione del dipinto e hanno fornito nuovi dati sul processo creativo di Caravaggio. In «Davide e Golia», infatti, si notano notevoli cambiamenti nella composizione, come l’espressione stupita ed inorridita sul volto stralunato di Golia, nei suoi ultimi istanti di vita. Uno degli elementi che più colpiscono è lo scorcio del suo corpo sconfitto, con la mano chiusa in un pugno ormai inutile e la ferita sanguinante provocata dalla fionda del giovane pastore.
Inoltre lo studio radiografico ha messo in luce l’esistenza di due danni di origine accidentale aggravati da restauri molto antichi, che invadevano la pittura originale: uno sulla manica della camicia di Davide e l’altro sul ginocchio con cui blocca a terra Golia.
«Questo restauro ci mostra un nuovo Caravaggio, fornendoci un’immagine fino ad ora sconosciuta, l’immagine autentica di questo grande capolavoro che dopo tanto tempo nell’ombra, recupera la luce con cui fu concepito», dice la Sánchez. Nell’opera Caravaggio plasma il celebre episodio biblico in una forma perlomeno insolita. Il pittore rappresenta il momento in cui Davide, dopo aver colpito il gigante, si appropria della sua spada e gli taglia la testa. Il giovane emerge plasticamente dall’oscurità dello sfondo, chino sul corpo del filisteo mentre afferra per i capelli la sua testa mozzata.
Sulla provenienza dell’opera, che non si annovera tra le più popolari di Caravaggio, persistono ancora molte ombre e l’attribuzione non è sempre stata unanime: la faticosa accettazione generale della sua paternità fu sancita solo dopo il restauro del 1946-47 e la conferma di Roberto Longhi nel 1951. Una ratifica importante venne dalla pubblicazione della radiografia della testa di Golia ad opera di Mina Gregori, che mise in luce la somiglianza con l’Oloferne di Palazzo Barberini o la Medusa degli Uffizi.
Da fine dicembre l’opera si espone in un nuovo allestimento delle sale 7 e 7A, disegnato dal capo del Dipartimento di Pittura italiana e francese fino al 1800, David García Cueto, che ha ideato una visione panoramica del fenomeno del Caravaggismo.
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