Marta Paraventi
Leggi i suoi articoli«La mia nomina a vicesindaco è la prova tangibile del ruolo cruciale che la nuova Amministrazione intende attribuire alla cultura». Marco Pierini (Siena, 1966) è dallo scorso luglio vicesindaco del Comune di Perugia e assessore con Delega alle Politiche culturali, gestione beni culturali, musei civici, biblioteche, rapporti con le istituzioni culturali e fondazioni, grandi eventi. Studioso, curatore di mostre e musei, docente e già direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria, Pierini conferma di avere delle idee chiare sullo sviluppo culturale del capoluogo umbro e di inquadrarlo in un contesto nazionale in continua evoluzione, in merito al quale ha alcune proposte.
Dottor Pierini, quali sono gli assi portanti della programmazione del Comune in ambito culturale?
L’asse principale attraversa tutta Perugia e la sua storia. Mi piacerebbe infatti adottare strategie di valorizzazione che partano dalla città etrusca e arrivino a quella contemporanea. Tra questi due estremi ci sono luoghi, monumenti, vicende, momenti, opere d’arte che spesso sfuggono tanto al cittadino quanto al visitatore e che sono invece fonte inesauribile di meraviglia. Ma la sfida più grande è quella di sostenere, alimentare, coadiuvare la produzione culturale del territorio, ricchissima per quantità e soprattutto qualità. Cercare di ricomprendere (pur nella loro totale autonomia) tutti i festival, gli eventi, le attività delle associazioni entro il grande ombrello della Città porterebbe enormi benefici in termini di razionalizzazione di calendario e di costi, di comunicazione, di promozione e soprattutto di immagine, di reputazione.
Lei conosce bene Perugia avendo diretto la Galleria Nazionale dell’Umbria. Quale visione ha per lo sviluppo della città nei prossimi anni?
Immagino una società maggiormente coesa e solidale, impegnata tanto nella salvaguardia dell’ambiente quanto nella difesa del proprio patrimonio e, più in generale, nella difesa della qualità straordinaria della città e del suo sedimento storico culturale, infinitamente stratificato. Allo stesso tempo sono convinto che Perugia tornerà a guardare con slancio al futuro e al proprio sviluppo culturale, sociale, economico.
Su quali attività e progetti sviluppati dalla precedente Amministrazione state lavorando?
In generale portiamo avanti tutto quello che ormai è a uno stato avanzato di realizzazione, in ottemperanza al sacrosanto principio della continuità amministrativa. Per quanto riguarda la cultura invece non abbiamo trovato molti progetti che si sviluppassero con una durata nel tempo, né progetti Pnrr, né una programmazione che seguisse linee forti e riconoscibili.
Quale idea ha dei «grandi eventi», compresi tra le sue deleghe?
Penso non tanto a qualcosa da «inventare», quanto al sostegno e al coordinamento della straordinaria offerta perugina: Festival del Giornalismo, Umbria Jazz, L’Umbria che spacca, la Sagra Musicale Umbria, per tacere del Teatro Stabile e della Fondazione Musica Classica. I progetti principali, al momento sono tre, e riguardano tutti quanti aspetti strutturali: la creazione di un organismo «agile» per la gestione delle attività culturali; la razionalizzazione e la migliore gestione degli spazi, tanto espositivi quanto dedicati allo spettacolo; la restituzione a Palazzo della Penna, oggi improbabile museo civico (senza collezione), della propria originaria vocazione alla contemporaneità.
Come vede la situazione dei musei e del patrimonio culturale cittadino? Ci sono segnali per una gestione unitaria o condivisa del patrimonio?
È una questione che è necessario riaffrontare da capo. Consola, e non poco, che da più parti si siano recentemente levate voci favorevoli al ripristino della Perugia Card, lo strumento che per quasi vent’anni ha consentito un accesso agevolato ai musei da parte dei cittadini e dei turisti e che fu fatto naufragare per le ambizioni e gli appetiti di pochi.
La sua attività di direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria (Gnu) era stata connotata da un’esplicita apertura alla comunicazione mirata in chiave digitale, sia per la promozione del museo che nel percorso espositivo.
Per lo sviluppo della cultura cittadina cercherò di far tesoro dei buoni risultati conseguiti grazie alle strategie messe a punto durante gli anni di direzione della Gnu, mescolando comunicazione tradizionale, formule innovative e affondi imprevisti di carattere ironico o giocoso.
Dopo l’esperienza alla Gnu si era candidato per la direzione di altri musei statali autonomi?
Naturalmente. Abbandonare la Gnu, con quello che ha rappresentato in otto anni per me come uomo prima ancora che come professionista, non è stato indolore. Tuttavia ho avanzato la mia candidatura per alcuni musei autonomi immaginando di potermela giocare alla pari con altri colleghi che venivano dalla mia medesima esperienza o da strade comunque non troppo diverse. Invece è andata a finire che il merito, l’esperienza, i risultati non hanno contato molto (e non parlo solo per me) e in certi casi si è addirittura promosso alla guida di musei così importanti chi poteva vantare solo esperienze del tutto diverse.
La scelta di fare l’assessore è anche un segnale di delusione verso l’esperienza nei musei autonomi?
Dirigere un museo autonomo è stato per me a dir poco entusiasmante, probabilmente anche per questo ho avvertito in maniera più cocente la delusione di non aver potuto continuare la mia attività in un museo statale.
Ha qualche consiglio per migliorare ulteriormente l'esperienza dei musei autonomi statali?
Io spingerei l’acceleratore sulla loro autonomia, allenterei la morsa della politica, sceglierei con molta attenzione i direttori, ribadendo un principio naturale e quasi banale ma recentemente spesso disatteso: nei musei archeologici dovrebbero andare solo archeologi, in quelli storico artistici solo storici dell’arte. Non pare difficile, vero? Il Sistema Museale Nazionale è invece ancora lontano da una sua seppur minima attuazione ma è un’idea non priva di fascino che merita di non essere abbandonata.
A proposito dell’autonomia differenziata proposta dal Governo, quali conseguenze potrà avere nel campo dei beni culturali?
Mi pare un disastro assoluto. Per quanto riguarda i beni culturali credo che almeno la tutela non possa che rimanere in capo allo Stato; del resto la grave situazione siciliana dovrebbe rappresentare un serio allarme sui pericoli di una gestione delegata alle amministrazioni locali.
Altri articoli dell'autore
Le cinque stanze sono state restaurate e riallestite. Accolgono tra l’altro il camerino dorato di Guidubaldo e la «Madonna di Senigallia» di Piero della Francesca
Nella Galleria Nazionale dell’Umbria un lungo percorso dal Medioevo all’età contemporanea, con opere accomunate dall’uso del «metallo giallo» nelle più svariate tecniche. Il museo perugino ospita anche un omaggio a Gerardo Dottori
A distanza di 55 anni, il convivio immaginario tra quattordici protagonisti delle Avanguardie degli anni ’60 è stato ripubblicato da La Tartaruga
Nel nome di Beverly Pepper che lo ammirava, il Festival delle Arti della cittadina umbra riporta in Italia l’artista statunitense