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Particolare di «Il segno d’energia» (1965) di Mario Schifano, opera stimata 150-200mila euro

Cortesia di Sotheby’s

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Particolare di «Il segno d’energia» (1965) di Mario Schifano, opera stimata 150-200mila euro

Cortesia di Sotheby’s

Le aste di fine novembre di Farsetti, Il Ponte e Sotheby’s

Da Chagall a Balla, dal Futurismo a Fontana e Schifano, ecco gli incanti più caldi dell’autunno

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Elena Correggia

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Una selezione di opere non scontate e proposte a cifre interessanti, che attraversano tutto il Novecento, dal Futurismo all’Informale, dall’Arte Povera alla Nuova oggettività tedesca, dalla Pop art italiana allo Spazialismo. Fedele alla proposta di un catalogo che abbina opere museali a lavori più abbordabili ma da intenditori, la casa d’aste Il Ponte è pronta a bandire la sua prossima asta di arte moderna e contemporanea a Milano, il 26 e 27 novembre. Fra le opere del primo Novecento colpisce l’attenzione un dipinto di Cagnaccio di San Pietro, del 1918, «Giovani in barca», dalle forme oniriche e dai colori irreali, già esposto alla storica Galleria del Levante nel 1971 (15-20mila), così come un raffinato marmo di Adolfo Wildt, «Mater purissima o Maria», del 1928, realizzato per l’ottantesimo compleanno di Giovanni Battista Pirelli (40-60mila). Un importante ritrovamento è poi rappresentato dall’opera storica di Fillia, del 1932, «Annunciazione», di grande rilievo per l’aeropittura e l’arte sacra futurista, esposta in una mostra fondamentale per il movimento al Salon d’Automne di Lione nel 1935 (20-30mila). Alla stagione divisionista di Giacomo Balla è invece ascrivibile «Villa Borghese dal balcone», olio di grandi dimensioni del 1907 (110-150mila). Non poteva mancare Fontana con un «Concetto spaziale. Attese» del 1966, due tagli su fondo azzurro, proveniente dalla collezione del critico e poeta Garibaldo Marussi e assente dal mercato da 50 anni (300-500mila). Il linguaggio spazialista è interpretato anche da una potente estroflessione «Blu» di Bonalumi di dimensioni museali (35-50mila), mentre il mondo romano della Scuola di piazza del Popolo trova illustri esempi in opere di Franco Angeli e Mario Schifano di cui spiccano le ampie tele «Per esempio» (12-18mila) e «Senza titolo» del 1971 (20-30mila). La riflessione «pop» assume un’interpretazione personalissima nei lavori di Valerio Adami, come «Auto-suggestione» del 1964 (25-35mila), ma anche in artisti concettuali come Fabio Mauri qui presente con una rara opera del 1972 sul tema degli schermi, «Zweimal Warheits Kriterium» (25-35mila). Da segnalare anche la ricca sezione dedicata all’arte Informale con tre opere di Renato Birolli fra cui «Incendio nelle Cinque Terre» del 1956 (10-15mila), paesaggi materici di Ennio Morlotti e poi visioni di Giuseppe Santomaso come «Angolo di città», del 1989 (15-20mila) e lavori di Scanavino e Vedova.

 

«Natura Morta» (1956) di Giorgio Morandi, stimata 1,3-1,8 milioni di euro. Cortesia di Sotheby’s

Il 27 novembre, sempre a Milano è la volta di Sotheby’s che propone l’ultimo appuntamento dell’anno in Italia con un catalogo di 58 opere per più di tre quarti mai offerte prima all’asta. Le rarefatte e serene atmosfere di Giorgio Morandi trovano traduzione in un olio della celebre serie delle «Nature morte», in questo caso datato 1956 (1,3-1,8 milioni). La tela potrebbe tentare di superare il record per un’opera di arte moderna e contemporanea battuta in Italia raggiunto nel 2022 da un’altra natura morta aggiudicata da Sotheby’s Milano per 3,4 milioni (da 700mila-1 milione). Immancabile la presenza di Lucio Fontana con tre opere che attraversano gli anniCinquanta e Sessanta: di sicuro interesse una «Deposizione» del 1955, ceramica che documenta gli effetti di vigore e dramma raggiunti dall’artista con la scultura nel suo lavoro di indagine sullo spazio e la profondità (180-280mila). Per la serie dei suoi iconici tagli è presentato un «Concetto Spaziale, Attese» del 1967 su fondo turchese acceso (600-800mila), accanto a un altro «Concetto spaziale» rosa confetto con al centro una profonda fessura, dello stesso anno (320-450mila). Quattro sono invece le opere all’incanto di Mario Schifano. Fra queste spicca un importante monocrono del 1960 che raffigura la parola «Alto» al centro di una tela color avorio (300-400mila). Risale a cinque anni dopo «Il segno d’energia», un lavoro che rispecchia la risposta di Schifano al cambiamento del paesaggio urbano trasformato dal pullulare dei manifesti pubblicitari. L’opera rielabora l’insegna della Esso inquadrandola in modo parziale e dipingendola con un colore sgocciolante (150-200mila). La ricerca di Alberto Burri nella direzione della sperimentazione materica trova invece espressione in tre diversi lavori, tutti provenienti dalla stessa collezione privata e stimati 50-70mila euro: un «Legno» del 1956, una «Combustione» del 1957 e un «Ferro» del 1958.

 Questo ideale grand tour dell’arte moderna e contemporanea si conclude a Prato, da Farsetti, il 29 e 30 novembre, con due sessioni di vendita dedicate rispettivamente ai più importanti movimenti del secondo dopoguerra e alle principali avanguardie storiche dei primi del Novecento. Top lot dell’incanto una romantica visione creata dal pennello di Marc Chagall, «L’écuyère à Saint Paul», del 1975, con tutti gli elementi onirici propri del delicato alfabeto visivo del pittore russo: uomini e donne che si librano nel cielo accompagnati da animali reali o fantastici, mentre sullo sfondo di un cielo blu intenso si delinea lo scorcio di un luminoso paesaggio della costa mediterranea (700-900mila). Se si passa al primo Novecento italiano il Futurismo è ben rappresentato da una varietà di interpreti. Di Gino Severini sono presenti due opere e in particolare «I tulipani», del 1916, olio su tela che riflette su questo genere pittorico in modo meditato, facendo propria la lezione del cubismo sintetico (350-500mila). La scomposizione di forme e oggetti non vira infatti alla ricerca del dinamismo futurista ma cerca di cogliere l’equilibrio fra il rigore della geometria e la vivacità espressiva del colore. In «Sera», invece, olio su tela del 1906, un tramonto della natura, con in primo piano una fanciulla malinconica, è l’occasione per Umberto Boccioni di mettersi alla prova assecondando un linguaggio chiaramente divisionista (320-420mila). Il richiamo all’estetica etrusca e micenea, con figure, spesso femminili, stilizzate e come sospese nel tempo,costitusce un elemento ricorrente nell’arte di Massimo Campigli. Lo dimostrano due oli su tela «Il cappello verde» del 1940 (60-90mila) e «La disputa» del 1936 (140-200mila), lavori arcaizzanti e al tempo stesso di essenziale modernità. Di Ligabue, artista autodidatta dalla vita travagliata è poi proposto uno dei famosi autoritratti, «Autoritratto con cravatta», del 1959-60, di disarmante sincerità (250-320mila). All’interno del catalogo di arte conteporanea colpisce poi «Comizio», un’opera di Giulio Turcato del 1948, dal soggetto analogo a un’importante lavoro oggi conservato alla Galleria di arte moderna di Roma (30-40mila). In quest’olio su tela Turcato dà prova di una grande capacità espressiva attraverso il linguaggio astratto nel raccontare le forti tensioni sociali e politiche che hanno attraversato il secondo dopoguerra. Una grande tela del 2000, «Senza titolo», di accentuata matericità, rivela le radici espressioniste dell’arte di Hermann Nitsch, esponente di punta dell’Azionismo viennese, che ha celebrato l’istinto e l’irrazionale in numerose sue opere e performance (80-130mila). Di un padre dell’arte optical quale Victor Vasarely è infine proposto «Babel», un acrilico su tavola datato 1971, dagli accentuati pattern luminosi che sembrano anticipare una scia colorata di pixel digitali (65-95mila).

 

 

Elena Correggia, 25 novembre 2024 | © Riproduzione riservata

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