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Ludovica Zecchini
Leggi i suoi articoliC’è una forma di resistenza nel lavoro di David Hockney: quella del pittore che continua a interrogare la percezione in un tempo che ha smesso di fidarsi dell’occhio. Nei primi anni Duemila, quando la pittura sembrava costretta a giustificare la propria esistenza, Hockney scelse l’acquerello. Un gesto apparentemente anacronistico, che invece aprì un nuovo capitolo della sua ricerca sullo spazio e sulla visione.
A distanza di vent'anni, uno dei risultati più compiuti di quella stagione, Courtyard, Palace of Carlos V. Alhambra, Granada (2004), riemerge sul mercato internazionale come lotto di punta dell’asta che Bonhams dedica all’Arte del XX e XXI secolo (19 novembre), con una stima tra 1,2 e 1,8 milioni di dollari.
Il soggetto – il cortile circolare del palazzo rinascimentale incastonato nel complesso moresco dell’Alhambra – è solo in apparenza architettonico. In realtà, Hockney vi costruisce un dispositivo percettivo. La luce scivola tra le colonne, le ombre ruotano come lancette di un tempo ipotetico, l’azzurro del cielo ripete la curva del pavimento. È una riflessione sul vedere, sull’ordine e sul disordine, su quella tensione fra misurabilità e emozione che attraversa tutta la sua opera.
L’acquerello entra nella pratica di Hockney dopo una visita al Metropolitan Museum di New York nel 2002, di fronte ai paesaggi cinesi che lo convinsero che la pittura potesse ancora essere un gesto di concentrazione e di libertà. «Servono tre cose: mano, occhio e cuore», avrebbe detto più tardi, sintetizzando in una frase la propria etica del lavoro.
David Hockey, Courtyard, Palace of Carlos V. Alhambra, Granada (Second Version). Stima 1,2 e 1,8 milioni di dollari
Il mercato ne ha seguito l’evoluzione con attenzione crescente. Nel 2023 Sotheby’s ha registrato il record assoluto per un acquerello di Hockney con View From Terrace III (2003), venduto per 7,2 milioni di dollari. Con 14.772 passaggi d’asta registrati dal 1983 e una posizione stabile tra i venticinque artisti più venduti al mondo, Hockney rappresenta un raro equilibrio tra autorevolezza critica e solidità commerciale.
Eppure, la sua ricerca sfugge alle logiche del mercato. Mentre Bonhams propone il cortile di Granada accanto a Koons, Thiebaud e Tanguy, Hockney espone a Londra una nuova serie di acrilici, Some Very, Very, Very New Paintings Not Yet Shown in Paris, e prepara per la Serpentine Gallery il monumentale fregio A Year in Normandy, lungo novanta metri, ispirato all’arazzo di Bayeux.
In Courtyard, la luce andalusa diventa materia di pensiero. Non è solo un paesaggio: è la rappresentazione del vedere stesso, l’immagine di un mondo che ancora si lascia misurare dallo sguardo umano. Forse, in tempi di immagini veloci e digitali, è proprio questa la sua forma più radicale di modernità.
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