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Ludovica Zecchini
Leggi i suoi articoliCi si chiede spesso se sia la provenienza impeccabile, la qualità museale o la rarità a determinare i risultati più sorprendenti in asta. Nel caso di «Crouching Nude, Back View» (1917) di Egon Schiele, aggiudicato per 3,23 milioni di euro nella Evening Sale di Arte Moderna del Dorotheum il 18 novembre, la risposta sembra riassumersi in una combinazione perfetta di tutti questi fattori. È stata sufficiente la comparsa in catalogo del riferimento «proveniente dalla prestigiosa collezione di August e Serena Lederer» per trasformare un lotto di modeste dimensioni (29,5 × 45 cm) in un catalizzatore di tensione. Ne è risultata una gara tesa che, rilancio dopo rilancio, ha visto prevalere un collezionista al telefono.
Il disegno appartiene al penultimo anno di vita dell’artista, una fase in cui Schiele sembra ripensare radicalmente la sua grammatica formale. Alla drammaticità psicologica degli anni precedenti subentra un’osservazione più analitica della corporeità, trattata come forma, ritmo, struttura. Il corpo femminile, inginocchiato e ridotto a un’essenzialità quasi anatomica, esprime un rigore che anticipa la severità degli ultimi mesi del 1918, mostrando quanto il linguaggio dell’artista stesse convergendo verso una sintesi estrema.
La provenienza Lederer, solidissima, ha aggiunto un valore storico e morale determinante. Non si tratta soltanto di un’opera di alta qualità, ma del frammento di una delle più importanti raccolte dell’arte austriaca primo-novecentesca, danneggiata dalle spoliazioni del periodo nazista e oggi oggetto di un rilevante percorso di restituzione. È anche questo peso storico, oggi sempre più tenuto in conto dal mercato, a spiegare l’esito viennese.
Ma il risultato assume ulteriore significato se collocato nel quadro che emerge dai dati di Artprice per il 2025. L’artista registra un fatturato annuale di 11.63 milioni di sterline e si posiziona al 68º posto nella classifica mondiale. Un livello che segnala solidità, pur in un mercato selettivo e attento alla qualità. L’evolution of rating, in calo del 22%, non va letto come segno di debolezza, ma come parte di un processo di normalizzazione dopo decenni segnati da oscillazioni notevoli. La lunga serie storica del ranking - che vede Schiele passare da posizioni d’élite, come il 7º posto nel 2006, fino ai momenti di contrazione, come il 208º nel 2020, prima di risalire al 68º nel 2025 - conferma la natura ciclica del suo mercato, fortemente dipendente dalla disponibilità di opere di livello museale.
La geografia delle vendite mostra inoltre come la centralità commerciale dell’artista sia saldamente internazionale. Il 36,3% delle transazioni avviene nel Regno Unito, a conferma del ruolo di Londra come piazza di riferimento per la modernità austriaca. Parallelamente, la distribuzione per tecniche rivela un dato cruciale: il 93,2% dei lotti è costituito da disegni e acquerelli, segmento che rappresenta non solo la parte più autentica e riconoscibile della produzione di Schiele, ma anche quella che catalizza la domanda dei collezionisti. La struttura del mercato, infine, è stratificata. Se il vertice è dominato da fogli importanti come quello appena battuto, esiste una base ampia in cui il 18% dei lotti ricade nella fascia 100-500 sterline, a testimonianza di un collezionismo diversificato che alimenta un mercato vivace anche nelle fasce basse.
In questo contesto, l’aggiudicazione viennese appare non come un lampo isolato, ma come un indicatore preciso della resilienza del mercato di Schiele. Quando emergono opere con provenienza irreprensibile, qualità museale e storia collezionistica significativa, la domanda si riaccende con forza sorprendente. È un segnale importante in un momento in cui il mercato globale mostra prudenza e polarizzazione crescente.
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