Elisa Carollo
Leggi i suoi articoliSi chiama Giovanni Scarzella (Cuneo, 1979), è un imprenditore in ambito tecnologico e colleziona sistematicamente opere d’arte contemporanea da circa 12 anni, cioè da quando aveva 33 anni. Ad oggi è riuscito a mettere insieme una raccolta di livello che può essere vista a Milano tramite visite private. Affidandosi soprattutto al suo intuito per gli emergenti, Scarzella è andato al di là dei confini italiani, selezionando nomi promettenti sia nel mercato sia nel sistema istituzionale internazionale. La raccolta ha da poco superato le 150 opere. Intervistato, ha raccontato a «Il Giornale dell’Arte» com’è iniziata la sua passione, qual è il suo approccio nelle acquisizioni e quali sono i suoi obiettivi futuri.
Partiamo dall’inizio: nel collezionare c’è sempre un primo acquisto che «sblocca il timore». Qual è stato il suo?
Tutto è partito da Artefiera nel 2012: avevo appena venduto la mia prima azienda e avevo il desiderio di iniziare qualcosa di nuovo; sono andato a Bologna carico di una certa euforia, era la prima fiera visitata nella mia vita. Ho girato tra gli stand e alla fine ho comprato due opere di Fabrizio Cotognini dalla Prometeo Gallery. Tutte le altre di quello stand le aveva comprate Giorgio Fasol, che poi ho scoperto essere un grande collezionista. Col tempo io e Fabrizio siamo diventati amici e lui mi ha dato anche un po’ di input su alcuni artisti da seguire. Grazie a lui ho anche approfondito alcuni passaggi sulla storia dell’arte più recente. All’inizio compravo dalle gallerie italiane seguendo la sola regola del «mi piace», senza badare troppo al mercato e al curriculum dell’artista. Poi quando ho iniziato a comprendere alcune dinamiche le cose sono cambiate.
Oggi qual è l’opera a cui si sente più legato?
Ho superato la soglia delle 150 opere ma corro per le 200, perché lo ritengo un numero giusto per parlare di una collezione consistente. Ognuno dei miei pezzi ha una sua storia e a ognuno sono legato in modo diverso. «Crudité» di Dana Lok, comprata da Clima qualche anno fa, è un’opera metafisica che amo tantissimo e che rappresenta al meglio il concetto di pittura che ricerco. Cruciale per lo sviluppo della mia raccolta è stato un grande dipinto realizzato da Maxwell Alexandre che ho preso ad Art Basel da A Gentil Carioca qualche anno fa. Fino ad allora collezionavo arte più concettuale. Questa è stata la prima vera opera pittorica che ho comprato e che ha cambiato il corso delle cose perché da lì in avanti per quattro o cinque anni almeno ho ricercato solo dipinti aprendomi ad artisti internazionali.
Pare che lei sia arrivato prima di altri a intercettare giovani talenti che sono stati poi riconosciuti dal mercato e dal sistema dell’arte in generale. Rimpiange di aver tralasciato qualche artista?
In realtà sono quasi sempre riuscito a comprare ciò che desideravo. Forse mi sarebbe piaciuto avere la possibilità di acquisire più opere dello stesso artista, come ad esempio di Michaela Yearwood-Dan o di Oscar yi Hou o di Michelle Uckotter, quando ancora le sue grandi tele costavano meno di 10mila dollari. Potendo, avrei voluto un’opera di Sasha Gordon, prima che diventasse inaccessibile, non tanto per il suo gusto estetico ma perché rappresenta un punto di ispirazione per moltissimi artisti della sua generazione, nonostante la sua giovane età (è nata nel 1998, Ndr).
Collezionare ci accompagna negli anni, ma con il tempo gusti e interessi cambiano. Lei considera evoluta la sua filosofia collezionistica?
Ho avuto fino ad ora tre momenti diversi nel mio percorso. Il primo, quello «italiano», che è stato fondamentale per farmi innamorare di questo mondo: oggi il 40% della collezione è costituita da artisti italiani, che supporto e che continuerò a supportare. Poi c’è stato il periodo della pittura internazionale, prima scoperta attraverso viaggi nelle fiere d’arte del mondo e successivamente, a causa del Covid-19, attraverso il mezzo digitale. Infine, c’è un terzo periodo, quello attuale, che dura da almeno un paio di anni, in cui gli acquisti avvengono in maniera più ragionata e meno impulsiva, spesso tramite gallerie con le quali ho stabilito una relazione forte e con le quali ho creato un dialogo costante. Sono più affascinato dalla materia, dalla scultura e dal mixed media (meno pittura quindi) e sono particolarmente focalizzato su artisti emergenti, quasi sempre under 35.
Dove acquista e quali sono le sue principali fonti di informazione per rimanere aggiornato?
L’acquisto avviene tramite galleria ma prima di decidere, soprattutto quando scopro un artista nuovo, mi documento online tramite varie fonti (Artsy, Artnet, Artprice, ma anche Instagram). Per me è importante dialogare con galleristi, artisti o altri collezionisti per elaborare i miei pensieri in merito all’autore o all’opera in questione. Poi mi piace molto viaggiare per gli eventi dell’arte e quindi spesso e volentieri visito musei e gallerie nelle loro sedi, da New York a Città del Messico. Le mie fiere di riferimento sono Art Basel Hong Kong, Frieze Londra e naturalmente le imperdibili fiere di Basilea e di Parigi. Il mio obiettivo prossimo è di esplorare un po’ di più l’Oriente: Seul, Shanghai e Tokyo sono già in lista.
Ha un archivio con la documentazione completa della collezione?
In effetti sono fissato sul tema dell’archiviazione. Al momento sto utilizzando ArtShell, una piattaforma italiana per conservare tutto in digitale: documenti, tassazione, trasporti, casse, localizzazione. Se non fai subito ordine il lavoro aumenta in seguito: oggi riesco a recuperare velocemente le informazioni e a non disperdere ricerche relative a opere e artisti. Poi ho anche un mio strumento personale, un semplice file Excel dove di fatto tengo traccia di tutto quello che compro e che mi permette di creare statistiche o grafici su quanto spendo. È un documento diviso per nazionalità, tipologie di opere, luoghi di acquisto e altre informazioni di questo tipo.
Qual è il fattore X che cerca in un’opera?
Da qualche tempo a questa parte mi succede che, una volta conosciuto l’artista e studiata la sua opera, se mi piace particolarmente «me la sogno la notte». A quel punto so che devo investire in quell’autore. Ovviamente un fattore chiave per trovare qualcosa di rilevante è domandarsi che cosa stia aggiungendo o potrebbe aggiungere alla storia dell’arte una determinata ricerca. Questa è una domanda difficile perché presuppone una certa conoscenza, quantomeno dell’arte contemporanea.
La sua collezione è molto eterogenea in termini di media ed è stata parzialmente mostrata su alcuni canali social. Concederne la visione dal vivo ha però tutt’altra valenza in termini di impegno e dedizione. È intenzionale?
Sicuramente sarebbe bello aprire la collezione al pubblico, ma è un impegno che richiede molto tempo e soprattutto uno spazio adeguato. Inoltre, credo sia utile far crescere ancora un po’ la mole delle opere. Negli scorsi anni intanto ho iniziato a «raccontare» una parte della collezione con due mostre allestite in un territorio bellissimo, nelle Langhe, in Piemonte, mia terra d’origine.
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