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Lo gnocco fritto è arte

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Flaminio Gualdoni

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A Modena il fare ha preceduto il pensare

Sono passati i bei tempi in cui riempivano i musei di robe dei designer dicendoci che era arte, e poi di vestiti dacché gli stilisti sono anch’essi artisti, e poi di qualsiasi cosa gli venisse in mente, tanto era tutta arte. E che diamine, non l’aveva mica detto Beuys, mica bao bao micio micio, che ognuno è un artista, e non l’aveva mica asseverato Warhol che l’unico vero artista interessante secondo lui era Versace? E poi, chi non ricorda mostre come la mitica «The Art of the Motorcycle», allestita nientepopodimeno che da Gehry, il quale nel 1998 trasformò il Guggenheim in un motosalone della Balduina?

Dunque non c’è mica da stupirsi se qualche settimana fa gli amministratori della città di Modena hanno deciso di togliere la Palazzina dei Giardini, che Gaspare Vigarani realizzò nel 1633 per Francesco I d’Este, alle cure della Galleria Civica, la quale da oltre trent’anni vi teneva le sue mostre, per destinarla a sede di una faccenda chiamata, giuro, Palatipico (o forse, con non minore burocratico empito, Palaexpo) ove promuovere la gastronomia tradizionale del territorio. Perbacco, l’aceto balsamico e lo zampone sì che sono davvero arte, altro che quelle stronzatine da intellettuali inappetenti. Dev’essere stata un’illuminazione improvvisa. L’altro ieri si sono accorti repentinamente che c’è in giro una Expo, e si son detti che tutti quei milioni e milioni di cinesi e kazachi non possono ripartirsene ignari delle meraviglie dello gnocco fritto: è d’altronde immaginabile che desiderino correre tutti a Modena per affrontare almeno l’esperienza mistica, e a modo suo ultimativa, del nocino.

In effetti pareva brutto creare, che so, un punto promozionale a Milano, e per tempo. Meglio giocare in casa, in una città che peraltro da decenni non muove un dito in chiave turistica. E l’ispirazione è stata così subitanea che, nell’urgenza di tradurla in realtà, gli amministratori cittadini hanno annunciato cotanta decisione dimenticandosi di avvertire la stessa Galleria Civica: la quale, ignara e come sempre operosa, nel frattempo aveva annunciato il proprio programma per il 2015, in cui brillava, per dire, la promettente «Daniel Spoerri. Eat Art in Transformation».

Sono seguite, guarda un po’, immediate dimissioni polemiche del direttore della Galleria, Marco Pierini, e il solito teatrino di spiegazioni cazzare. Almeno, a suo tempo, l’assessore milanese Boeri aveva spiegato che era in virtù di una folgorazione dovuta al «metodo Abramovic» che aveva capito la necessità di spostare la Pietà Rondanini dalla sua sede tradizionale e ricollocarla altrove. Qui, il sindaco modenese poteva appellarsi, che so, al fatto che gli era apparso in sogno Gordon Ramsay proclamante «in hoc lambrusco vinces», oppure che, asceso per meditare in solitudine sui pendii di Pavullo nel Frignano, aveva visto la luce come i Blues Brothers e un’entità superiore gli aveva dettato la legge scolpendola su una piastra di ciccioli. Invece niente. Questa è sinistra pragmatica dura e pura, quella che non ha bisogno di sogni, quella per cui il fare viene addirittura prima del pensare.

Flaminio Gualdoni, 11 febbraio 2015 | © Riproduzione riservata

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