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Magritte scolpisce il mistero: «La Race blanche» sotto il martello di Sotheby’s

Negli ultimi anni è stato proprio il surrealismo, in particolare l'artista belga, a reggere un mercato in contrazione. Sarà così anche nell'asta della collezione Karpidas?

Ludovica Zecchini

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In un mercato dell’arte internazionale che dal 2023 in poi ha mostrato segnali di rallentamento - Londra in testa, penalizzata da un clima incerto e da transazioni in calo - il surrealismo sembra non conoscere crisi. Anzi, si rafforza. E in prima fila c’è René Magritte, che negli ultimi vent’anni ha visto il valore delle sue opere aumentare di oltre il 600%, secondo un recente report Artprice. L’anno scorso è arrivato il record per «L'empire des lumières» (121,1 milioni di dollari) e quest’anno un’altra versione del dipinto è stata venduta per 34,9 milioni. Dati che impongono una riflessione: è proprio nell'enigma visivo di Magritte che il collezionismo cerca oggi nuove certezze?

Un ulteriore segnale in tal senso potrebbe arrivare il prossimo 17 settembre, quando Sotheby’s Londra inaugurerà la stagione autunnale con l’asta della collezione di Pauline Karpidas, una delle più importanti raccolte private mai apparse sul mercato. Tra i lotti più attesi della vendita c’è «La Race blanche» (1967) dell’artista belga, scultura bifacciale ispirata a una serie di gouache dello stesso anno, stimata tra le 250-350mila sterline.

Realizzata nel 1967, pochi mesi prima della morte dell’artista, «La Race blanche» traduce in bronzo i temi cardine del suo immaginario: lo smontaggio della figura, il cortocircuito dei sensi, l’ironia applicata alla forma. Come scriveva Pierre Rouve nel 1968, «le sculture di Magritte emergono tra noi in un miracolo di transustanziazione». Non si tratta di mere trasposizioni materiali, ma di «trasmutazioni metafisiche» dove l’alone di mistero sopravvive, intatto, al salto tridimensionale. La pittura non muore nella scultura: si reincarna.

«La Race blanche» è l’unica scultura bifacciale di Magritte e rappresenta un momento culminante della sua riflessione sul corpo. Un occhio, un orecchio, due nasi e una bocca compongono una forma umana non riconducibile a un volto. La frammentazione, che richiama certo Picasso ma senza la sua brutalità, è al servizio di una nuova poetica: quella dello sguardo disabituato, della figura che non si lascia consumare dal vedere.

René Magritte, La Race blanche

Nel quadro originale del 1937 – oggi al The Art Institute of Chicago – la scena si svolge su una spiaggia, luogo prediletto dal Surrealismo per l’incontro tra conscio e inconscio. La decostruzione del volto femminile, eseguita con rigore geometrico diventa così una sfida al nudo occidentale, alla sua estetizzazione ripetitiva, alla sua leggibilità forzata. Occhio, orecchio, due nasi e una bocca: elementi riconoscibili del volto si assemblano senza mai comporsi davvero, sfidando lo spettatore a trovare un’identità che non c’è. Non è un volto, ma una domanda. Non è un nudo, ma una costruzione psichica.

Realizzata con la collaborazione del suo storico gallerista Alexander Iolas e affidata alla fonderia Gibiesse di Verona, la scultura è parte di un corpus ristretto – solo otto opere – che Magritte definì come «pittura solida». L’artista, infatti, non intendeva «fare lo scultore», ma dare corpo alle immagini più forti del suo repertorio pittorico. La scultura fu completata postuma ed esposta per la prima volta nel 1969 nella galleria parigina di Iolas.

Oltre al valore formale, «La Race blanche» porta con sé l'eccezionale provenienza, che la vedeva, come anticipato, nella collezione di Pauline Karpidas, figura centrale del collezionismo europeo tra XX e XXI secolo. Una vera mecenate, vicina agli artisti e guidata da uno sguardo personale più che da logiche speculative. Tanto che la scultura rientra proprio in questo schema. Non certo un trophy lot, piuttosto un’opera concettuale, dall’identità forte e la storia particolare. Ovvero quello che più di tutto attrae i collezionisti in questo momento di contrazione. Lavori dalle stime approcciabili, ma dall’innegabile valore. E quello de «La Race blanche» risiede nella sua rarità, e nel suo essere misteriosamente leggibile ma indecifrabile, magnetica nella sua ambiguità.

Ludovica Zecchini, 02 settembre 2025 | © Riproduzione riservata

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