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François Carbone e Arnaud Dubois, co-fondatori di Matis

© Julien Mouffron-Gardner

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François Carbone e Arnaud Dubois, co-fondatori di Matis

© Julien Mouffron-Gardner

Matis è l’intermediario che colma un vuoto nel mercato dell’arte

La società di gestione patrimoniale, nata a Parigi nel 2023, oggi ha aperto un ufficio a Milano. Una società di co-investimento regolamentata che apre il mercato a una platea più ampia di investitori e collezionisti. E anche i player classici ne traggono vantaggio

Davide Landoni

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Chi più spende, meglio spende. Adagio antico ma ancora attuale, e molto spesso vero. Di certo lo è per il mercato dell’arte, dominato dai gusti e dai momenti, dall’incertezza riguardo la traiettoria che un artista o un movimento prenderà. Eppure, nel segmento più alto del mercato, il rischio tende a essere storicamente più contenuto rispetto ad altri segmenti del mercato dell’arte. Artisti come Picasso, Magritte o Fontana mettono in una posizione di comfort chi punta su di loro: sono storicizzati ma non impolverati, hanno un ruolo di indiscussa importanza nel sistema, la domanda per loro sempre ricettiva e i valori economici spesso in crescita, di certo stabili. Insomma, un investimento con un profilo di rischio storicamente più contenuto rispetto ad altri segmenti del mercato dell’arte. Il problema? Il costo d’accesso ai loro lavori, o almeno ai lavori che garantiscono l’effetto di cui sopra, non scende sotto il mezzo milione di dollari. Barriera che taglia fuori una grande fetta di collezionisti e investitori. Ma che un’azienda francese, Matis, ha trovato il modo di superare. Ecco come.

Cos’è Matis?
Siamo una società di gestione patrimoniale specializzata nell’investimento in arte moderna e contemporanea, la prima in Europa a offrire «club deal» in modo strutturato e regolamentato. Ovvero, mettiamo insieme diversi soggetti che unendo le proprie disponibilità riescono a investire su un’opera d’arte altrimenti inaccessibile individualmente, con l’obiettivo di valorizzare l’opera nel tempo e, in caso di vendita, distribuire i proventi tra i partecipanti all’operazione, secondo regolamento.

Qual è la vostra storia? 
Matis nasce nel 2023, in Francia, dall'incontro tra François Carbone e Arnaud Dubois. Arnaud è l'anima artistica, François quella finanziaria. Il mix delle due professionalità ha fatto nascere Matis con l'obiettivo di aprire il mercato dell’arte di prima fascia, in modo ampio e strutturato, a una platea più larga.

Esistono altre realtà simili a voi?
In Europa non esistono soggetti che offrono servizi simili, che sia una banca privata o un consulente patrimoniale. Negli Stati Uniti c'è una compagnia che propone di frazionare l’investimento in opere d’arte, ma il segmento di mercato è totalmente diverso. Loro accettano contributi dai 100 dollari in su, con noi si parte da 20mila euro.

Quindi l’arte è una buona forma di investimento?
Lo pensavamo prima di avviare l’attività, e i primi mesi di lavoro ce l’hanno confermato. In due anni abbiamo organizzato 65 «club deal» per altrettante opere. Abbiamo gestito operazioni per un totale di 5 milioni nel 2023, 30 nel 2024 e l'obiettivo di quest'anno è arrivare a 60. 16 opere sono già state vendute, con 14 milioni di ricavi distribuiti agli investitori. Il rendimento netto medio registrato dalle operazioni concluse è stato del 17,7% (dati Matis 2024, non indicativi di rendimenti futuri).

Quando prevedere duri un ciclo di investimento?
Legalmente abbiamo cinque anni per comprare e rivendere un’opera. Mediamente ci prefiggiamo di impiegare dai tre ai cinque anni per completare l’operazione, ma è accaduto che riuscissimo a portare a termine il processo anche in sei mesi o un anno. Dipende da molti fattori. Non è solo questione di trovare un collezionista disposto ad acquistarla, ma anche di attendere il tempo necessario affinché l’opera in questione acquisisca maggior valore. Se guardiamo ad un parametro finanziario come il TIR, che misura la redditività di un investimento tenendo conto del tempo in cui i flussi di cassa vengono generati, il rendimento interno medio calcolato su base annua è stato del 33%, secondo i dati storici interni (non garantito né indicativo di risultati futuri).

Concretamente come vi muovete?
Sostanzialmente siamo degli intermediari. I nostri principali interlocutori sono gli investitori da una parte e i collezionisti e le gallerie dall’altra. Gli investitori cercano vie per diversificare il loro portafogli e insieme vogliono approfondire le loro conoscenze e coinvolgimento nel mondo artistico. Da soli però non potrebbero accedere alla fascia di mercato più alta. Partecipando ai nostri club deal, invece sì. Una volta raccolti i fondi, andiamo ad acquistare l’opera da una galleria o da un collezionista, portando loro quel che più ricercano: liquidità e possibili nuovi clienti. Le opere sono selezionate con cura, bilanciando il loro attuale valore economico e le previsioni su come questo possa crescere, basandosi sul valore storico-artistico del lavoro e dell’andamento dell’artista sul mercato. Allora monitoriamo e valorizziamo l’opera, seguendo strategie di gestione coerenti con l’andamento del mercato e le indicazioni dei nostri esperti. Al momento della rivendita, i proventi (non garantiti) dell’operazione, al netto dei costi, vengono distribuiti agli investitori, secondo il regolamento.

Che tipi di opere trattate?
Lavoriamo esclusivamente con opere di primissima fascia, realizzate dai più importanti artisti del Novecento. Fontana, Calder, Picabia, Picasso, Giacometti, Soulages, solo per fare qualche esempio. Sono artisti che soggettivamente possono non piacere, ma la storia dell’arte e il sistema li ha già consacrati, nessuno può mettere in discussione il loro ruolo. Rappresentano un investimento storicamente resiliente e con un potenziale di rivalutazione nel medio periodo. Innanzitutto, l’offerta è alta, ci sono tante loro opere sul mercato. La domanda si mantiene costante e l’interesse per questi autori resta elevato. E storicamente, le opere di questi artisti hanno mostrato valori resilienti nel tempo, rappresentano un segmento con una forte domanda e con una dinamica di valore consolidata nel tempo. Almeno le opere migliori, che sono quelle a cui noi puntiamo. L’unica controindicazione? Investire su queste opere è dispendioso, richiede capitali di milioni di dollari. Ed è proprio per questo che esistono i nostri «club deal». 

Il resto del mercato non vi interessa?
È una questione di dimensioni e opportunità. Nel mercato dell’arte, circa il 78% delle opere viene venduto sotto i mille euro. Il 95% sotto i 50mila. Tutti insieme, questi lavori valgono meno del 15% del valore complessivo del mercato. Al contrario, la segmentazione mostra come l’1% in termini di volume vale l’80% del valore totale prodotto dal sistema. In parole povere, poche opere valgono gran parte del fatturato complessivo. Noi guardiamo a quella fetta, operando su opere con valori compresi tra 500 mila e 5 milioni di euro. Ovviamente sono meno i soggetti che lavorano a questo livello, ma con la giusta bilancia non è un male: ne conosciamo tanti, li conosciamo meglio, e si instaura un rapporto di fiducia. Non a caso il nostro sito non è matis.com, è matis.club, perché non vogliamo solo un cliente, ma creare un'esperienza, stimolare in loro la passione per l’arte. 

I vostri clienti sono più collezionisti o più investitori?
Entrambi. Sai, si comprano opere d’arte per diverse ragioni: per passione, per investimento, per status sociale. E noi rispondiamo a tutte queste esigenze. I nostri clienti possono essere investitori privati, oppure investitori interessanti all’arte, o che lo diventano dopo aver collaborato con Matis. La dimensione artistica non passa assolutamente in secondo piano. Ad esempio, qualche settimana fa è arrivato in sede un dipinto di Pierre Soulages che abbiamo acquistato. Tutto il «club deal» attivato per l’investimento è venuto a vederla. Li abbiamo invitati anche durante le fasi di restauro di cui l’opera necessitava. Hanno potuto confrontarsi col restauratore, che veniva dal Museo Soulages di Rodez, chiedergli curiosità tecniche e storiche. Oppure, quando l’anno scorso abbiamo prestato una nostra opera di Tom Wesselman per la mostra alla Fondation Louis Vuitton di Parigi, abbiamo organizzato una cena in Fondazione in cui abbiamo visitato l’esposizione in modo davvero esclusivo. Prima di ogni investimento condividiamo un dossier dettagliato ai nostri collezionisti, con approfondimenti, caratteristiche, focus storico-artistici ed economici sull’opera. Possono sembrare piccole cose, ma contribuiscono ad appassionare. è capitato che alcuni investitori, dopo aver partecipato a un «club deal», hanno iniziato a collezionare individualmente. Magari non alle cifre del «club deal», ma si tratta comunque di un nuovo possibile player nel sistema, un nuovo collezionista e appassionato che il mondo dell’arte guadagna. Che magari tornerà proprio nella galleria con cui si è concluso l’affare.

Le gallerie non hanno già la loro clientela?
Ovviamente ce l’hanno, ma collaborando con noi hanno accesso alle due cose che più gli servono e che hanno difficoltà a reperire: liquidità e nuovi possibili clienti. Del resto, il mondo dell’arte è estremamente specializzato e non è sempre facile trovare l’opera giusta per una determinata mostra o un determinato cliente. Se sei specializzato in Pop Art, magari non hai i contatti giusti per vendere Dadamaino, di cui magari ti è capitato un lavoro per le mani. Allora noi compriamo il tuo Dadamaino, lo rivendiamo e soddisfiamo entrambe le parti. O, al contrario, stai cercando un lavoro di un artista che non hai mai trattato e noi sappiamo dove e come ottenerlo.

I collezionisti possono seguire i progressi dell’investimento?
Sul nostro sito ogni investitore ha il proprio spazio riservato, da cui può monitorare i «club deal» che ha attivi in quel momento. Aggiorniamo i collezionisti sullo stato dell’opera, sul suo storico, sulle vendite di opere analoghe, le previsioni sulla crescita del suo valore sul mercato, sui tempi e le modalità con cui intendiamo muoverci.

Quindi la trasparenza è un valore chiave?
Crediamo che al mercato dell’arte, come a qualunque mercato, serva sempre più trasparenza e regolamentazione. Anche informazione. Matis agisce proprio a colmare mancanze informative e relazionali. Alcuni scambi non avvengono semplicemente perché le persone non conoscono a sufficienza l’arte e i meccanismi del suo sistema, oppure non conoscono persone a cui affidarsi per essere guidate. Da fuori appare come un mercato opaco, le cui dinamiche rimangono inaccessibili o controverse.

In quali Paesi operate? 
Siamo una compagnia regolata e possiamo operare in tutta Europa e in Svizzera, abbiamo la nostra sede principale a Parigi e quest’anno abbiamo aperto anche a Milano. Il mercato dell’arte ha indubbiamente una prospettiva globale, e a quello puntiamo: allargarci sempre di più, ampliare le nostre relazioni e il bacino complessivo di appassionati e collezionisti.

Davide Landoni, 21 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

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