Dario del Bufalo
Leggi i suoi articoliA cento anni dalla nascita di Federico Zeri, la storia del suo disgraziato lascito all’Università di Bologna (che spudoratamente ha anche istituito un Comitato Nazionale per le sue Celebrazioni) si comprende meglio se si fa una visita alla Villa di Mentana, che lo storico dell’arte aveva lasciato in eredità all’ateneo bolognese perché diventasse una specie di campus di specializzazione per laureati in Storia dell’arte.
Oggi la proprietà è in totale abbandono, ed era stata messa in vendita all’asta presso il sito del Demanio. Dell’intenzione di donare la sua Villa come centro studi, con tutti i suoi fantastici documenti fotografici e moltissimi libri specializzati e rari (una specie di macchina del tempo dell’arte), Zeri aveva già parlato nel 1965 con Roberto Longhi, poi con l’Accademia di Francia e infine trovò (nel 1997) un accordo con il rettore di Bologna, Roversi Monaco, che gli promise anche un vitalizio.
Alla fine da Bologna ricevette solo una laurea honoris causa e dopo la sua morte ebbe il più grande tradimento dall’Alma Mater, cioè lo svuotamento dalla Villa dei suoi 80mila volumi d’arte e soprattutto il trasferimento dell’enorme fototeca di più di 300mila immagini, soltanto la metà delle quali ad oggi sono state messe online sul sito web della Fondazione e le altre 150mila fotografie dove sono e chi le gestisce?
Per l’importanza del personaggio, dei documenti, dei libri, delle fotografie e degli appunti, la raccolta della Villa doveva essere vincolata quando Zeri era ancora in vita e dunque diventare inamovibile e rimanere, come desiderava lui, tutto nella struttura di Mentana. L’abbandono della Villa di Mentana aveva già dato i suoi nefasti risultati nei primi anni della sua donazione a Bologna.
Oltre al degrado della struttura, progettata dall’architetto Busiri Vici, del giardino e del frutteto, ora si aggiunge una grave perdita, con la sparizione registrata dai Carabinieri del Nucleo di tutela del patrimonio culturale di circa 20 epigrafi dall’importante lapidario: quasi 600 lastre in marmo che furono vincolate tardivamente solo nel 2014 e che Zeri collezionò in decenni di ricerche e acquisti sul mercato antiquario e su quello privato o clandestino; sembra infatti da una ricerca che almeno 50 lapidi di questa raccolta risultino come «mancanti» da altre collezioni o depositi privati e pubblici senza essere state mai denunciate direttamente come rubate.
Essendo queste epigrafi murate nelle strutture della casa e del giardino, fanno parte integrante dell’immobile, così che Bologna non ha potuto portarsele via e dunque le ha abbandonate con la proprietà. Una delle tante frasi di Federico Zeri è illuminante, più di ogni altra, sul tragico destino del suo lascito: «Tra i tanti paradossi italiani c’è quello che noi abbiamo il più ricco patrimonio artistico del mondo occidentale affidato alla più inetta amministrazione pubblica del mondo occidentale».
Per info o per segnalazioni: bufalearcheologiche@gmail.com
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