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Ade e Persefone copia della decorazione della perduta Tomba Campanari di Vulci

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Ade e Persefone copia della decorazione della perduta Tomba Campanari di Vulci

Musei Vaticani: Ade e Persefone troneggiano di nuovo nella Tomba Campanari

Restaurata, è tornata visibile nel Museo Gregoriano Etrusco la copia ottocentesca della parete di fondo della tomba distrutta a Vulci dopo la sua scoperta nel 1833

Arianna Antoniutti

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Nel 1833 Secondiano Campanari porta alla luce, a Vulci, nel viterbese, una tomba dipinta risalente alla fine del IV-III secolo a.C. Le pareti del sepolcro ipogeo, che prenderà il nome del suo scopritore, presentavano grandi lacune e distacchi nell’intonaco. Immediatamente ci si rese conto che le pitture, esposte all’aria, subivano un veloce deperimento. Carlo Ruspi, «artista-archeologo», come lui stesso si definiva, iniziò a eseguire dei calchi dei dipinti con lo scopo di ottenere una copia esatta, di dimensioni corrispondenti al vero, della parete di fondo della tomba, dove troneggiava la coppia infera di Ade e Persefone. Ora quel facsimile è tornato visibile, dopo un delicato restauro, nel Museo Gregoriano Etrusco dei Musei Vaticani, grazie al progetto scientifico promosso e diretto da Maurizio Sannibale, direttore del Museo. La copia è assai preziosa perché è tutto ciò che rimane (a parte alcuni disegni) della decorazione pittorica della tomba, andata distrutta poco dopo la sua scoperta.

Come scriverà nel 1838 lo stesso Campanari, l’intero ciclo pittorico andò perduto durante le sfortunate operazioni di distacco, forse ad opera dello stesso Ruspi: «Così la fortuna ci avesse assistito nella cura che intraprendemmo di staccar quei dipinti dalle umide pareti della camera sepolcrale e trasportarle sopra una soda intavolatura ed in luogo asciutto e sicuro, ma tale era il guasto prodotto dalla umidità di tanti secoli sopra un intonaco che serviva di fondo alla pittura che al principio stesso dell’operazione repentinamente si sfasciò e cadde tutta davanti ai nostri piedi». Ruspi eseguì la copia partendo da lucidi applicati, all’interno del sepolcro ipogeo, direttamente sulle figure, riportando anche annotazioni sui colori per una documentazione il più possibile oggettiva.

Sempre a Ruspi, nel 1833, si deve la prima riproduzione integrale, al vero, in assoluto di un ciclo pittorico etrusco, quello della Tomba del Triclinio di Tarquinia, su incarico dalla Commissione Consultiva delle Antichità e Belle Arti del Governo Pontificio.

Nelle collezioni etrusche dei Musei Vaticani si conservano, oltre alla copia Campanari, le riproduzioni del ciclo pittorico completo della Tomba François di Vulci, scoperta nel 1857 e realizzata dall’artista nel 1862, un anno prima della sua morte. Tutte le copie, esposte nelle sale del Museo Gregoriano Etrusco fino agli anni Cinquanta, furono poi spostate nei depositi. Finalmente con il restauro del pannello con Ade e Persefone, montato ora su un nuovo supporto che ne garantisce l’isolamento e la protezione, torna visibile questa preziosa e rara testimonianza della stagione ottocentesca dei facsimili etruschi.

 

 

Arianna Antoniutti, 18 agosto 2025 | © Riproduzione riservata

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