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«Freedom» (2016) di Sabrina Bertolelli

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«Freedom» (2016) di Sabrina Bertolelli

Nell'Atlante l’anagrafe selettiva di 824 artisti

Iniziativa che tenta un rilancio dopo 50 anni della formula dei cataloghi Bolaffi

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Franco Fanelli

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«L’industria culturale è un nuovo tassello nel mosaico del sistema dell’arte»; «è un’utopia pensare che l’artista non debba pagare: in fondo è lui che paga colori, tele, l’affitto dell’atelier, senza contare che in passato gli artisti avevano gallerie di loro proprietà, basti pensare a via Margutta»; «applichiamo un criterio selettivo, le dinamiche d’ingresso al volume non si basano su inserzioni come accade in altri annuari»: così Daniele Radini Tedeschi, che con Stefania Pieralice dirige la realizzazione dell’Atlante dell’arte contemporanea, risponde quando gli si chiede qual è il funzionamento economico di un prodotto che, sotto il profilo editoriale, fa le veci di ciò che era negli anni Sessanta e Settanta il Catalogo Bolaffi dell’arte moderna.

Il tutto per spiegare, senza far cifre, che la corposa pubblicazione si avvale di contributi di artisti e gallerie, ma che tutto «deve passare al vaglio della redazione». Sta di fatto che tra gli 824 artisti italiani, più 11 segnalazioni estere, selettivamente censiti, si trovano artisti storicizzati (in copertina c’è un’opera di Mimmo Paladino) e altri sconosciuti o quasi, professionisti e «cani sciolti» in cerca di una posizione nel mercato.

Spiega Daniele Radini Tedeschi, che è il primo di una serie di volumi: il prossimo anno, «dopo questo che concede ampio spazio all’arte installativa», ne è in programma uno che «porrà maggiore attenzione alla figurazione». Copresidente insieme a Stefania Pieralice di Start, «società italiana che opera nei campi dell’editoria, delle esposizioni temporanee, dei sistemi di produzione per clienti in tutto il mondo», il trentatreenne critico d’arte specifica che alcune grandi assenze nell’Atlante vanno attribuite a una cronologia che esclude quelli morti prima del 1950.

Le schede degli artisti (suddivisi per regione di nascita) sono calibrate secondo diversa estensione e corredate o meno da fotografie o da intere pagine illustrate: può capitare, dunque, che a un giovane in piena ascesa come Giorgio Andreotta Calò siano dedicate 24 righe senza foto e intere pagine ad autori diciamo così meno fortunati con la upper class della critica e del collezionismo.

Introducono le schede gli indici di mercato degli artisti inclusi nel volume, in tabelle comprensive di «trend» (in rialzo, in ribasso o stabile) e dei «giudizi della redazione»: per dire, tre pallini a Maria Lai, cinque a Pino Pascali, uno a Giuseppe Restano o a Ferruccio Gard. E poi le «carte d’identità» di 10 gallerie italiane: De Carlo, Trisorio, Minini, Invernizzi, Lia Rumma, Galleria Dello Scudo, Galleria d’arte Maggiore, Raffaella Cortese, P420, T293.

Le regioni hanno pagine dedicate alle loro eccellenze: la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e il Castello di Rivoli per il Piemonte, ad esempio, o Manifesta per la Sicilia, le case d’asta per la Lombardia ecc., con interviste e vari profili. Tariffe? No, «sarebbe un discorso complesso, in cui rientrano accordi sul colore, sul formato ecc.», conclude Radini Tedeschi. A «scucirle» sono alcuni artisti meno noti, che parlano di un migliaio di euro più Iva a pagina. Ma la promozione, «assistita» o autofinanziata, è oggi ancora più necessaria di ieri, quando la scena dell'arte non era così confusa e affollata.

Atlante dell’arte contemporanea, diretto da Daniele Radini Tedeschi e Stefania Pieralice, 991 pp., ill., De Agostini, Novara 2019, € 95,00

«Freedom» (2016) di Sabrina Bertolelli

Franco Fanelli, 27 settembre 2019 | © Riproduzione riservata

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