Carla Cerutti
Leggi i suoi articoliLa storia delle arti decorative italiane del ’900 è ricchissima di figure incisive che, con gli anni, sono cadute nell’oblio. Fortunatamente ci sono mostre, come «Nino Ferrari. L’arte del metallo tra tradizione e modernità», allestita nella Fondazione Ugo Da Como dal 2 marzo al 9 giugno, che rimediano a queste lacune.
Curata da Stefania Cretella (Università degli Studi di Verona), la rassegna rende onore alla straordinaria produzione di Nino Ferrari (Canneto sull’Oglio, 1908-Brescia, 1981), maestro della lavorazione dei metalli, del cesello e dello sbalzo su argento, rame e peltro, attivo a Brescia e a Milano tra gli anni Trenta e gli anni Settanta. La sua attività, soprattutto dal 1936 al 1952, è strettamente legata a Gio Ponti, deus ex machina del design italiano, con il quale Ferrari collabora intensamente, come documentato da «Domus», rivista mensile sull’arte della casa e del giardino fondata da Ponti nel 1928.
Nell’ambiente fecondo milanese di quegli anni Ferrari darà il meglio di sé, come illustra il percorso espositivo che prende avvio dai primi anni di attività di Ferrari (1926) per poi affrontare la definizione del suo stile sempre più sensibile alle istanze moderniste fino ad arrivare alla nascita dei fruttuosi rapporti di collaborazione non solo con Ponti ma anche con l’architetto Guido Frette e con artisti come Roberto Sebastián Matta, cui lo legava anche un rapporto di parentela.
È Stefania Cretella ha spiegare come mai un artista di questo calibro fosse finito nell’ombra: «Lo stesso Ferrari, negli anni Cinquanta, si era autoisolato tagliando i ponti con Milano e con il suo periodo felice. Da allora aveva agito più sul territorio bresciano ed è stato grazie alla famiglia e al suo archivio, mantenuto e incrementato con passione e perseveranza, che abbiamo potuto realizzare questa mostra in concerto con l’Università degli Studi di Verona e con l’archivio della Triennale di Milano».
La rassegna monografica, ospitata all’interno della Casa Museo del senatore Ugo Da Como, politico, studioso, erudito, collezionista e bibliofilo, presenta opere provenienti da collezioni private e da alcuni importanti istituti pubblici (tra cui le Raccolte civiche del Castello Sforzesco di Milano) e riunisce per la prima volta oltre un centinaio tra lavori in argento, rame, peltro e altre leghe metalliche, disegni su carta e cartoncino, stampi in gesso, opere in diverse fasi di lavorazione e strumenti di lavoro.
Il catalogo (Skira) contiene, oltre a immagini storiche e fotografie a colori delle opere esposte, un’introduzione di Valerio Terraroli, un saggio storico-critico di Cretella e apparati di approfondimento a cura del restauratore Andrea Baldrati, di Anna Ferrari, figlia dell’artista, e di Renata Stradiotti. La mostra, che gode di vari patrocini, è realizzata grazie al determinante sostegno di Biochim e Coslab.
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