Elena Correggia
Leggi i suoi articoliRiduzione dell’Iva sulla vendita di opere d’arte: avanti ma piano. Si potrebbe riassumere così l’attuale situazione italiana, che vede il Governo esprimere l’intenzione di andare in questa direzione anche se nei fatti ciò non si è ancora tradotto in alcun atto concreto.
Il quadro normativo a cui far riferimento è innanzitutto la direttiva europea 542 del 2022 che ha previsto la possibilità per gli Stati membri a partire dall’1 gennaio 2025 di inserire nell’ambito dei beni e dei servizi ad aliquota ridotta anche gli oggetti d’arte e d’antiquariato. È bene ricordare che l’attuale sistema fiscale italiano prevede un’aliquota Iva ridotta del 10% solo per le cessioni effettuate dall’autore o dai suoi eredi e per le importazioni dall’estero. In tutti gli altri casi si applica l’aliquota ordinaria del 22%. Un regime penalizzante per gli operatori dell’arte italiani rispetto ai colleghi degli Stati membri che beneficiano di un quadro fiscale più vantaggioso. Basti pensare che a partire dall’1 gennaio 2025 Francia e Germania renderanno esecutiva la loro decisione di ridurre le aliquote sulle transazioni di opere d’arte, che passeranno rispettivamente al 5,5% e al 7%, proprio in recepimento della direttiva Ue in questione.
«In Italia esistono cinque aliquote Iva e il nostro auspicio è che le opere d’arte possano collocarsi al 5%. Il fatto che il sottosegretario di Stato al Ministero della Cultura Gianmarco Mazzi, in risposta a una recente interrogazione parlamentare, abbia espresso la ferma intenzione del Ministero di rilanciare il mercato artistico italiano attraverso la riduzione dell’Iva ci fa ben sperare, afferma Sirio Ortolani, vicepresidente dell’Associazione Gruppo Apollo e presidente Angamc, Associazione nazionale gallerie di arte moderna e contemporanea. Dopo questo importante endorsement ci auguriamo che il Ministero faccia pressione affinché si ottenga anche il benestare del Mef, Ministero dell’Economia e delle Finanze per trovare un’adeguata copertura finanziaria e garantire così la sussistenza del mercato dell’arte italiano».
Un passo per disciplinare la materia è stato compiuto con la legge n. 111 del 9 agosto 2023, con la quale il Governo è stato delegato a effettuare una riforma fiscale. Fra gli obiettivi della legge delega in tema di Iva c’è anche quello di ridurre l’aliquota dell’imposta sull’importazione di opere d’arte ed estendere l’aliquota ridotta alle cessioni di oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione. «In attuazione di questa legge delega sono stati emanati diversi decreti legislativi, ma ad oggi il principio in materia di riduzione Iva sulle transazioni di opere d’arte non è ancora stato attuato», precisa Marco Cerrato, avvocato e partner Maisto e Associati. «Il motivo è rintracciabile nella valutazione della Ragioneria di Stato che può aver giudicato l’abbassamento dell’aliquota come un’immediata riduzione del gettito fiscale. Riteniamo invece che possa avvenire esattamente il contrario in quanto un’Iva più bassa dovrebbe evitare la fuga degli acquirenti verso i Paesi membri che applicano regimi fiscali più favorevoli».
In questo contesto si inserisce poi la proposta di legge di FdI, presentata degli onorevoli Alessandro Amorese e Saverio Congedo, che nel luglio scorso hanno proposto la riduzione dal 10% al 5% dell’aliquota per le cessioni di opere d’arte contemporanea sia che vengano poste in essere direttamente dagli autori sia nel caso vengano effettuate da eredi o legatari. Un’iniziativa parallela che potrebbe agire da stimolo affinché il Governo legiferi attraverso un decreto legislativo o un disegno di legge. Per attuare la delega fiscale c’è tempo fino al 31 dicembre 2025.
«Molti Paesi europei stanno legiferando per ridurre le aliquote Iva: oltre ai già citati casi di Francia e Germania anche il Lussemburgo ha abbassato all’8% e in Olanda si sta discutendo per la riduzione dal 21% al 9%, prosegue Ortolani. Con un’imposta sul valore aggiunto elevata come quella italiana si ha come conseguenza che il mercato domestico preferisce importare dall’estero beneficiando di un’aliquota del 10%, oppure compra in Paesi con Iva più favorevole, lasciando in quei Paesi le opere. Se invece si riducesse l’aliquota Iva si avrebbe un aumento delle entrate: non solo per un effetto diretto determinato dall’aumento degli acquisti dall’estero ma anche perché, aumentando il fatturato degli operatori, incrementerebbe il gettito dell’Irpef». Ortolani mette poi in luce i rischi connessi all’immobilismo della legislazione fiscale, alla perdita di competitività e all’impoverimento del sistema culturale italiano. «Una fiscalità penalizzante sulle opere d’arte produrrà come effetto che molte gallerie si trasferiranno in altri Paesi, alcune lo hanno già fatto, continua il gallerista. In assenza di un sistema di gallerie private andrebbe così a mancare un importante sostegno per gli artisti, specie per i giovani, gli studenti delle Accademie rimarrebbero privi di un loro essenziale interlocutore, ma ne risentirebbero anche le fiere, i trasportatori, i restauratori e tutti gli altri professionisti i cui servizi sono connessi a questa filiera. Qui non si vuole sostenere un mondo legato a oggetti esclusivi, ma si tratta di agire per salvare il sistema cultura in Italia. Pensiamo che le gallerie agiscano spesso da mecenati contribuendo al sostegno dei costi nell’organizzazione di mostre, soprattutto di giovani artisti. Se non si interviene è a repentaglio un intero comparto».
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