Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliDalla Franco Cosimo Panini Editore, azienda fondata a Modena nel 1989 da uno dei quattro fratelli che un trentennio prima avevano inventato le figurine dei calciatori tuttora diffuse nel mondo, oggi si è giunti a una «tech company» con 100 dipendenti dislocati tra Modena, Milano, Bergamo, Pisa, Cremona, Novara oltre che all’estero, in Germania e Spagna. Tutto partì con la riproduzione dei più celebri manoscritti miniati del mondo, come la Bibbia d’Oro di Borso d’Este (1455-61, conservata alla Biblioteca Estense di Modena), operazione che permetteva di accedere a opere altrimenti poco consultabili e movimentabili, data la loro importanza e delicatezza. Insomma, già allora si «entrava» nelle opere d’arte grazie alla tecnologia (dell’epoca, ovviamente).
Negli ultimi anni la casa editrice è entrata nel business delle «Digital Humanities», investendo in quattro aziende: Haltadefinizione, Memooria, Hyperborea e Mida Digit, a fine settembre riunite in Panini Cultura, gruppo di cui è amministratore delegato Luca Panini.
Dottor Panini, che cos’è il gruppo Panini Cultura?
Abbiamo creato un connubio tra il mondo dei beni culturali e l’innovazione tecnologica, unendo competenze che spaziano dall’arte alla scienza, dalla storia alla tecnologia più avanzata, e abbiamo assunto un centinaio tra storici dell’arte, archeologi, conservatori, restauratori, archivisti e fotografi oltre a sistemisti informatici, analisti, designer, sviluppatori, progettisti elettronici e meccanici, esperti di Intelligenza Artificiale. Siamo tra i pochissimi gruppi del settore attivi a livello internazionale che si occupa di riprodurre tutto quanto merita di essere salvaguardato attraverso una copia digitale: ci occupiamo insomma di portali web per la valorizzazione del patrimonio, di visori 3D per l’accessibilità e le visite virtuali, di introduzione dell’Intelligenza Artificiale per la descrizione, la metadatazione e la ricerca in campo artistico. Mi preme accennare alle macchine che sono alla base del nostro lavoro: abbiamo scanner planetari e microfilm, scanner gigapixel e 3D, droni, laser scanner, setup fotografici, quasi per intero costruiti in casa per digitalizzare documenti di archivio e libri, pellicole e microfilm, monete, medaglie, reperti archeologici, statue e oggetti museali, dipinti di ogni dimensione, architetture interne o esterne.
Può riassumere Panini Cultura in numeri?
Oggi la casa editrice ha un fatturato aggregato di oltre 4 milioni di euro e nel biennio 2024-25 abbiamo contrattualizzato progetti per oltre 10 milioni. Venendo ai contenuti, posso dire che oggi il gruppo gestisce oltre 500 terabyte di dati, con una nostra capacità di archiviazione qualificata che arriverà a 3 petabyte entro il 2025. Gestiamo infrastrutture per la conservazione e pubblicazione di asset digitali di beni culturali su cloud mentre nei sistemi delle aziende del gruppo sono conservate più di 30 milioni di immagini ad alta risoluzione, con un ritmo di crescita di milioni di nuove immagini all’anno. Inoltre abbiamo sviluppato un importante sistema di visione.
Ossia?
È una modalità di valorizzazione di importanti capolavori dell’arte, attuabile grazie alle più avanzate tecnologie: noi la riassumiamo come «una rivoluzione del gigapixel che entra nei visori immersivi». I visori per la realtà mista (Mr) e per quella virtuale (Vr) sono strumenti tecnologici che permettono agli utenti di interagire con gli oggetti digitali come se fossero parte integrante dell'ambiente reale circostante. Questi visori stanno rapidamente rivoluzionando l'apprendimento, l'intrattenimento e l'accessibilità anche al patrimonio culturale.
Qualche esempio?
Abbiamo iniziato questa attività partendo con una visita in Vr degli affreschi di Giotto nella Basilica Superiore di San Francesco in Assisi e successivamente l’abbiamo approfondita portando virtualmente le persone nell’archivio A.N.G.E.L.O. di Lugo di Romagna (Ra) che contiene 120mila capi d'abbigliamento e accessori dalla fine del XIX secolo a oggi. Ma abbiamo anche collaborato con il Ministero per la Cultura per un’app in realtà mista della celebre Tomba del Tuffatore di Paestum che è stata sottoposta a digitalizzazione 3D. Ci siamo occupati anche dell’«Ultima Cena» di Leonardo a Milano e lavoriamo con musei come il Getty Museum di Los Angeles, la National Gallery of Art di Washington e l’Art Institute di Chicago e in Italia con gli Archivi di Stato di Roma e Firenze, la Biblioteca Nazionale Braidense di Milano e molti altri. Con tali visori si può davvero entrare nell’opera, richiamandone con occhi e dita altre oltre a quella in cui si è immersi. Per gli studi sono operazioni fondamentali.
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