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James Bradburne guida la «grande malata», che dovrebbe e potrebbe moltiplicare i visitatori. E rassicura: «Adoro fare fundraising»
L’immagine scelta da James Bradburne per presentare ai milanesi il «nuovo corso» di Brera mostra una coppia di giovani baciarsi di fronte al «Bacio» di Hayez, uno dei dipinti simbolo della Pinacoteca: «Perché l’ho scelta? Perché vorrei che i milanesi si “innamorassero” di nuovo di Brera, ci dice. In un museo l’emozione deve essere in prima linea. E se Brera fosse il luogo in cui una coppia si scambia il suo primo bacio, ne sarei davvero felice». Entusiasmo contagioso (che qualcuno ha scambiato per ingenuità), un gran numero di progetti per il triennio che ha di fronte a sé come direttore generale della Pinacoteca di Brera e della Biblioteca Braidense («che però conserva un’assoluta autonomia scientifica»), James Bradburne, 60 anni, architetto con dottorato in museologia e già alla guida della Fondazione Palazzo Strozzi di Frirenze dal 2006 al 2015, spiega a «Il Giornale dell’Arte» i punti salienti del suo progetto braidense: «La mia stella polare è l’ascolto dei visitatori. Dobbiamo sempre ricordare che abbiamo di fronte a noi delle persone, che vanno rispettate. Finora ai direttori e soprintendenti si chiedeva di occuparsi solo della tutela (e qui l’Italia ha un posto d’eccellenza) ma oggi occorre anche valorizzare, cioè dare un valore (civile, identitario, emozionale prima ancora che economico) alle opere. La tutela è imprescindibile ma oggi da sola non è più sufficiente».
Non a caso tra le parole chiave del suo mandato, oltre a visione e autonomia, ci sono, ascolto, dialogo, accessibilità, accoglienza. Ma come metterle in pratica?
Seguendo due principi: l’ambiente e l’interpretazione. Oltre al suo patrimonio artistico il museo deve offrire una somma di esperienze positive, e anche gli stendardi all’ingresso, un buon caffè, le sedute nelle sale, il wi-fi, le divise dei custodi (nuove, offerte da Trussardi, Ndr) fanno la differenza. Ecco la ragione di «Brera ascolta», il forum con cui chiediamo il giudizio dei visitatori. Il mio sogno è che il museo torni nel cuore dei milanesi. Riguardo all’interpretazione, ho iniziato con l’allestimento e le didascalie: tutte le sale di Brera saranno riallestite, a rotazione e senza chiudere il museo. Siamo partiti con quelle dei Crivelli e dei ferraresi (le Sale XX-XXIII, dipinte di un caldo rosso pompeiano, riallestite nel percorso e dotate di nuove didascalie, Ndr). Ovunque si ridurrà il numero delle opere e si darà una logica più evidente al percorso. Bisogna offrire al pubblico più vario (per età, nazionalità, cultura…) una grande chiarezza spazio-temporale. Fondamentali le nuove didascalie, leggibili sotto il profilo ergonomico (da leggersi cioè agevolmente da una giusta distanza) e nei contenuti, chiari e comprensibili. I testi sono stesi dagli storici dell’arte e «riletti» da scrittori italiani e stranieri (come Ali Smith e poi Orhan Pamuk) che, a invito, commenteranno una o più opere. Accanto, le didascalie per le famiglie e per i bambini: vorrei fare di Brera il museo più family friendly di Milano.
Ricca di capolavori, di Mantegna, Giovanni Bellini, Piero della Francesca, Raffaello, Caravaggio, la Pinacoteca di Brera nel tempo era però diventata una «grande malata», con un numero di visitatori di gran lunga inferiore alle sue potenzialità.
Come dicevo, finora non era questo l’obiettivo richiesto. La mia missione invece è ridurre a zero il divario tra la qualità sublime delle opere e la loro presentazione. La vera, grande sfida sarà intervenire sulla collezione per darne un’esperienza pari a quella dei grandi musei internazionali.
Nuova formula anche per i biglietti: grazie agli Amici di Brera, il biglietto intero, da 10 euro, sarà valido per tre mesi.
Sì, mentre il nuovo sito, già in rete (pinacotecabrera.org), parla agli utenti con un linguaggio diverso, attraverso una navigazione modulare, con opzioni ben segnalate e un design facile e piacevole.
Il primo appuntamento della «nuova Brera» è la mostra-confronto «Raffaello e Perugino: attorno a due Sposalizi della Vergine» (catalogo Skira), aperta il 17 marzo, dove per la prima volta sono accostate la pala del Perugino, dal Musée des Beaux-Arts di Caen, e quella braidense di Raffaello, oltre allo «Sposalizio» che J.-B. Wicar dipinse nel 1825 per sostituire nella Cattedrale di Perugia il dipinto del Perugino confiscato da Napoleone.
È un progetto avviato dall’ex soprintendente Sandrina Bandera ma che ora assume un nuovo ruolo nella nostra strategia: sarà, infatti, il primo dei «dialoghi» fra una nostra opera e un capolavoro ospite. I prossimi saranno dedicati al «Cristo morto» di Mantegna e alla «Cena in Emmaus» di Caravaggio. Insieme a un nuovo ciclo di «Brera mai vista» (le piccole mostre che presentano dipinti dei depositi, Ndr), saranno queste le nostre uniche esposizioni. Non avremo mostre temporanee «esterne», che sottraggono risorse, spazi ed energie e ci sarà una moratoria dei prestiti: i nostri capolavori resteranno in casa.
Sono però previsti altri interventi, specie sul piano dell’accoglienza.
Rinnoveremo la segnaletica nel Cortile d’onore, le panchine, i cestini, la biglietteria, il bookshop e ci sarà una caffetteria. Penso poi a un ascensore vetrato per l’Osservatorio, e confido nell’apertura, per il 2018, di Palazzo Citterio.
Ma i fondi?
Adoro fare fundraising. E sono convinto che per guidare un museo servano esperienza, speranza e coraggio.
Leggi le interviste agli altri direttori
La Galleria Nazionale d’Arte antica di Roma
La Galleria Nazionale d’Arte moderna di Roma
Il Museo Nazionale del Bargello di Firenze
La Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia
La Galleria Nazionale delle Marche di Urbino
Le Gallerie dell'Accademia di Venezia
La Galleria dell'Accademia di Firenze
Le Gallerie degli Uffizi di Firenze
Il Museo Archeologico di Napoli
Il Parco Archeologico di Paestum
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