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Statuetta del Bodhisattva di Massimo Bartolini, Padiglione Italia, Biennale di Venezia 2024

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Statuetta del Bodhisattva di Massimo Bartolini, Padiglione Italia, Biennale di Venezia 2024

Perché mi piace l’arte 5: Sono un collezionista pigro (confesso: compro con le orecchie)

La quinta puntata di una corrispondenza sui motivi che ci spingono a visitare i luoghi dell’arte

Procopio Procopius

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«Caro Procopio, 

compra con gli occhi, non con le orecchie. È il consiglio più frequente degli addetti ai lavori del mondo dell’arte. Però ho capito presto che non andava preso alla lettera. La vista non è l’unico dei cinque sensi utilizzabili per valutare un’opera d’arte. Per “vedere” bisogna leggere, studiare, capire, addentrarsi in discipline che apparentemente non hanno nulla a che fare con l’arte visiva: filosofia, antropologia, sociologia, scienze, politica. Se fossi un aspirante collezionista di 150 anni fa la vista avrebbe ancora assolto a una funzione. Ma non sono affatto sicuro che, privo di letture e di... orecchie, grazie alle quali avrei potuto udire i discorsi di quelli che ne capivano più di me, avrei compreso perché Monet non era un imbrattatele. Secondo me è la definizione stessa di “visivo” che si rivela una fregatura quando parliamo di pittura, scultura, installazione, fotografia, video ecc. A un dato punto, lo ammetto, per pigrizia, ho cominciato a comprare solo con le orecchie, cioè orecchiando ciò che andava di moda. Non che abbia fatto grandi investimenti… La volatilità del prezzo degli artisti di moda (e accessibili senza svenarsi) e la loro stessa durata sul mercato è assai rapida. Ma orecchiando, spendo relativamente poco, almeno per una persona con il reddito di un professionista affermato, e non rischio di apparire ai miei amici ciò che a volte, nei momenti di autocritica, temo di essere, cioè un benestante con un hobby sproporzionatamente costoso. 

Resta il problema: se da sempre per vedere l’arte non bastano gli occhi, che fare ora, di fronte alla profusione di opere sonore e olfattive che da Kassel a Venezia tentano di dimostrare che l’arte non si adegua all’edonismo voyeuristico di una civiltà, come la nostra, dominata dall’immagine di consumo? E nel contempo mi chiedo: come potrei esibire orgogliosamente a colleghi e clienti la «Merda d’artista» di Manzoni che mi regalò mia moglie per il mio cinquantesimo compleanno, se al posto della scatoletta ci fosse solo la puzza? Ora, caro Procopio, le confesso una cosa che non ho detto neanche a mia moglie. Si ricorda Frank Underwood, il protagonista di “House of Cards” interpretato da Kevin Spacey? In ogni caso si tratta di un ambiziosissimo politico che aspira alla scalata alla Casa Bianca. Be’, ogni tanto, prima di andare al lavoro, faceva ciò che è esecrato da ogni radical americano: divorava di nascosto un bel piatto di ipercolesteroliche costine di maiale. 

Io mi sfogo in maniera analoga. Certo, vado ad Artissima, a Frieze, ad Art Basel… Ma due volte all’anno, di nascosto, vado a Mercanteinfiera a Parma, che non avrà l’allure di Artissima ma è sempre una gran scorpacciata visiva e in più mette alla prova quel che si chiama “occhio”: in mezzo al brocante, si possono scovare autentiche perle. Io non ho una grande cultura storico artistica, né l’occhio del connaisseur. Però la gita a Parma è diventata la mia piccola trasgressione rispetto alla puzza sotto il naso dei miei amici collezionisti e l’arroganza di certi espositori di Art Basel. Ho cominciato anche a comprare qualcosina. L’anno scorso, ad esempio, ho messo gli occhi e le mani su un Morlotti: ha un bel verde cupo e un cielo che mi ricorda le passeggiate con mio papà, quand’ero bambino. Appena tornato dalla Biennale, era una domenica, sono corso in studio, ho spostato tre annate de “Il Sole 24 Ore” rilegate e ho ammirato ciò che ho nascosto lì dietro, l’ultimo acquisto a Mercanteinfiera, un piccolo cardinale in bronzo di Manzù. Lo so, non è trendy come la statuetta del Bodhisattva di Massimo Bartolini, ma a me piace. Sia sincero: secondo lei sbaglio?»

Tomaso commercialista, Reggio Emilia

Ognuno ha il suo Bodhisattva (traduzione: meditare prima di comprare)

«Caro Tomaso,

è vero, ciò che una volta era considerata roba da parvenu, cioè comprare con le orecchie, ora che in certe opere il sonoro vale più del visivo, scegliere udendo è diventato una virtù da grandi connaisseur. E poi, puzze o profumi che siano, anche dei massimi collezionisti e mercanti del passato si è sempre detto che avevano un gran fiuto. Ci sarebbe, oltre al tatto, un’ultima facoltà sensoriale, il gusto. Ma sul gusto o sul buon gusto, come si sa, è difficile ragionare. Ognuno ha il Bodhisattva che preferisce, o che si merita. Potrebbe essere lui il guru del collezionista: colui che medita sarà sempre al riparo da acquisti avventati, soprattutto se di moda».

Procopio Procopius

Procopio Procopius, 21 giugno 2024 | © Riproduzione riservata

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