Chiara Massimello
Leggi i suoi articoliAll’inizio di febbraio dello scorso anno, tra i padiglioni di Arte Fiera a Bologna, insieme a Giangavino Pazzola (curatore di Camera, il Centro italiano per la fotografia di Torino, per il primo anno responsabile sezione Fotografia e immagini in movimento della fiera) si aggirava, attenta e curiosa, Florence Bourgeois, dal 2015 direttrice di Paris Photo. Forse anche grazie a questa visita prestigiosa, sei nuove gallerie italiane sono state ammesse alla fiera parigina, evento imperdibile per artisti, istituzioni, curatori, collezionisti e appassionati di fotografia, giunto quest’anno alla 26ma edizione (dal 9 al 13 novembre), nella sede provvisoria del Grand Palais Éphémère. Con Emanuele Norsa, fondatore della galleria Ncontemporary, nata a Londra nel 2014 e con sede a Milano dal 2017, entrata nella main section della fiera, proviamo a ragionare sulla fotografia in Italia e soprattutto sugli artisti che la rappresentano.
Paris Photo riunisce 191 realtà tra gallerie ed editori, di cui 133 espositori nella sezione principale, provenienti da 21 Paesi. Dieci le gallerie italiane: Alberto Damian (Treviso), Die Mauer (Prato), Paci (Brescia), Studio G7 (Bologna), e da Milano M77, Montrasio Arte, Ncontemporary, Podbielski, Viasaterna, Valeria Bella e Red Lab (nella sezione «Curiosa»). Nel settore dei libri, tra 35 editori di vari Paesi, Damiani e L’Artiere di Bologna. Norsa precisa subito che Paris Photo va oltre al concetto tradizionale di fiera. «È un ritrovo, un appuntamento imperdibile, dove puoi incontrare tra i corridoi Wolfgang Tillmans o Candida Höfer, Thomas Ruff che firma libri dal suo editore o i curatori di grandi istituzioni internazionali che si confrontano nello spazio dedicato agli incontri». Un panorama su quasi due secoli di fotografia, dove sono esposti capolavori del passato e grandi maestri della fotografia accanto ad artisti emergenti, progetti inediti e nuove pubblicazioni.
Continua Norsa: «La partecipazione italiana quest’anno deve essere vista come un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. L’elemento positivo è l’aumento delle gallerie italiane presenti nella fiera più importante e irrinunciabile per il mondo della fotografia. Nello stesso tempo, un evento così vicino all’Italia vede ancora una partecipazione troppo limitata sia delle nostre gallerie che dei nostri artisti. Forse perché la fotografia italiana non è supportata da un sistema istituzionale ben organizzato. Le nostre gallerie di fotografia sono molto cresciute per la qualità del lavoro. Ma a Paris Photo manca ancora la presenza di quelle molto forti a livello internazionale, come per esempio Continua, Franco Noero, Lia Rumma, Massimo Minini, che tra i loro artisti hanno anche grandi fotografi». Certo, un passo avanti, frutto di un approccio intelligente e competente è stato compiuto.
Il mondo della fotografia internazionale, a Parigi, potrà quest’anno conoscere meglio le opere di Paola Agosti, Gabriele Basilico, Silvia Bigi, Giovanna Borgese, Cristian Chironi, Daniela Comani, Luigi Ghirri, Franco Guerzoni, Guido Guidi, Francesco Jodice, Paolo Meoni, Nino Migliori, Walter Niedermayr e Sharon Formichella Parisi. «È già un segnale, secondo Norsa, ma l’altro elemento che oggi dobbiamo considerare è la forte crescita di artisti giovani che utilizzano la fotografia come medium in Italia. C’è una fotografia di ricerca italiana emergente (e non) di grande qualità. Lo dimostrano alcuni nostri artisti che già l’anno passato erano esposti a Paris Photo da gallerie straniere, come Lorenzo Vitturi da Flowers di Londra e Marinella Senatore da Adn Galeria di Barcellona».
Lo scenario è molto promettente, e se qualche nome si può fare, in ordine sparso e sicuramente incompleto, vengono in mente Irene Fenara (Bologna, 1990), che vive e lavora a Milano, attualmente artista in residenza nel programma internazionale di Atelier Mondial a Basilea in Svizzera e Silvia Rosi (Scandiano, Re, 1992), che vive e lavora tra Londra e Lomé (la capitale del Togo), finalista al MaXXI Bulgari Prize nel 2022. Più avanti in età, ma da menzionare certamente, Yuri Ancarani (Ravenna, 1972), con la sua ricerca visionaria tra cinema documentario, video, arte contemporanea e fotografia; Elisa Gradina Papa (Medicina, Bo, 1979), che vive e lavora a New York e Sant’Ignazio, in Sicilia, e ha esposto alla 59ma Biennale di Venezia, al Museum of Modern Art e al Whitney Museum di New York; Jacopo Benassi (La Spezia, 1970), che fotografa i soggetti più disparati, dalla cultura underground a modelle, attrici, artisti, stilisti per importanti riviste italiane, con una tecnica priva di mediazioni.
Poi, i già menzionati Lorenzo Vitturi (Venezia, 1980), che lavora al confine tra fotografia, scultura e performance, residente a Londra, e Marinella Senatore (Cava de’ Tirreni, Sa, 1977), artista multidisciplinare con una formazione in musica, belle arti e cinema. Ci sono inoltre Eva e Franco Mattes, entrambi nati in Italia nel 1976, ma residenti a New York, tra i primi ad avere usato internet come mezzo per creare arte riflettendo sull’iperconnessione della nostra vita; Rebecca Moccia (Napoli, 1992) che fino al 18 novembre ha la sua prima personale alla Galleria Mazzoleni (Torino e Londra) e Adji Dieye (Milano, 1991), italo-senegalese che indaga gli archetipi della sua cultura visiva africana.
«La fotografia in Italia è viva e ha un chiaro riscontro internazionale, conclude Norsa. Oggi anche i fotografi lavorano con uno sguardo ipercontemporaneo e nuove tecnologie. Si vede l’attenzione ritrovata di curatori e collezionisti. Speriamo che la crescita della presenza italiana a Paris Photo sia solo il prologo. Non bisogna perdere la spinta».
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