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Leggi i suoi articoliUn eccezionale lingotto di blu egizio, di 15 centimetri e del peso di quasi 2,5 chilogrammi, è l’ultima scoperta in arrivo dagli scavi della Domus Aurea che hanno messo in luce strutture e pigmenti utilizzati dalle botteghe impegnate nella decorazione parietale dell’imponente residenza dell’imperatore Nerone. Sono emerse due vasche destinate alla lavorazione della calce e dei pigmenti colorati, questi ultimi sottoposti subito ad analisi microscopiche e spettroscopiche per comprenderne la composizione chimica e mineralogica. Ocra gialla all’interno di un’anfora, pigmenti di colore rosso all’interno di vasetti e soprattutto l’eccezionale lingotto del preziosissimo blu egizio pronto per essere macinato. Una rarità per le notevoli dimensioni perché di norma il pigmento finora era stato trovato solo in polvere o sotto forma di piccole sfere, come nel caso dei ritrovamenti a Pompei. Prodotto con un processo complesso che univa minerali e alta temperatura, il blu egizio rappresentava un lusso riservato nella Roma antica ai contesti più prestigiosi e veniva utilizzato per ottenere varietà cromatiche ed effetti di luminosità, ma le sue attestazioni risalgono a molto prima, almeno alla metà del III millennio in Egitto e in Mesopotamia diffondendosi poi in tutto il Mediterraneo. Uno dei maggiori centri di produzione ed esportazione era proprio Alessandria d’Egitto.
Fin dall’antichità artigiani e maestranze si sono avvalsi dei materiali di origine minerale, vegetale o animale a disposizione nell’ambiente circostante. Soprattutto i minerali venivano utilizzati con vari scopi e talvolta come ingredienti per ottenere degli altri composti. «Il fascino trasmesso dalla profondità del blu di questo pigmento è incredibile, ha commentato Alfonsina Russo, Direttore del Parco archeologico del Colosseo, la Domus Aurea ancora una volta emoziona e restituisce la brillantezza dei colori utilizzati dai pittori che abilmente decorarono la stanze di questo prezioso e raffinato palazzo imperiale». Le analisi sono ancora in corso e si attendono i risultati delle ricerche che potrebbero allargare la conoscenza dell’uso del pigmento anche nel Rinascimento.
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