Brando
Leggi i suoi articoliConfessione: c’è un’opera della collezione dalla quale farei davvero fatica a separarmi. È un Hartung del 1963 intitolato «T1963-U2» e soprannominato «Tiffany» per evidenti ragioni cromatiche. L’opera è entrata nella collezione dopo una lunga ed estenuante ricerca. Il diktat era molto preciso e non lasciava spazio a interpretazioni. Epoca: dal 1962 al 1965. Dimensioni minime: 70-90 cm. Classe 1904, Hans Hartung appartiene a quel gruppo di artisti tedeschi e russi del movimento astratto che hanno vissuto e prodotto in Francia a ridosso delle due guerre per essere in seguito associati all’Art informel. La sua è stata un’esistenza drammaticamente movimentata. Molti libri raccontano le disavventure di questo idealista che si era arruolato nella Legione straniera francese per fermare l’avanzata di Hitler su Parigi combattendo contro la sua stessa gente. Una scelta che gli costò una gamba e anni di tormenti. Dopo una vita caratterizzata da povertà e incomprensione, Hartung ha conosciuto finalmente il successo solo negli anni Sessanta, quando ricevette il Gran Premio di pittura alla XXX Biennale d’Arte di Venezia. Ad Antibes esistono una sua casa museo e una fondazione, che vi consiglio di visitare, dove vengono celebrate la storia della sua vita e quella della sua compagna, l’artista astratta norvegese Anna Eva Bergman.
Nel luglio del 2021 sono stato ospite di Perrotin a Parigi per la mostra «Rothko-Hartung»: un’amitié multiforme, e mi sono reso conto di quanta frenesia continua a circondare questo artista nel mercato dell’arte contemporanea. I suoi lavori «museali» sono praticamente introvabili, le case d’asta in costante fibrillazione, i collezionisti privati alla caccia di opere attraverso attivissimi advisor, mentre l’offerta si limita a pochi lavori degli anni Ottanta o a qualche boutade di speculatori poco credibili. Quindi sono stato orgoglioso e felice di avere nella mia collezione un’opera così importante e ovviamente le lusinghe non hanno tardato ad arrivare. Nel luglio 2021 un intermediario mi chiese di incontrare una signora a Parigi che si presentò e mi fece capire che se avessi accettato di cedere il mio Hartung, il prezzo sarebbe stato semplicemente un dettaglio.
Ero a conoscenza dell’interesse del gruppo Lvmh di Bernard Arnault per le più importanti opere nella tonalità di colore Tiffany dei maggiori esponenti del dopoguerra, ma la signora negò di lavorare per il gruppo. L’antefatto è questo: nel gennaio 2021 Lvmh ha acquisito il brand fondato nel 1837 dal gioielliere Charles Lewis Tiffany, divenuto un’icona per la famosa colazione del libro di Truman Capote. La strategia di rilancio del marchio prevedeva tra le altre cose il rifacimento dell’interior design in tutti i flagship store, caratterizzandoli con la presenza di monumentali opere d’arte nel tipico colore Tiffany. Dissi no alla signora e lo rifarei, semplicemente perché quest’opera di Hartung trova una perfetta collocazione nella mia collezione e nel mio mondo.
Flash forward. New York, maggio 2023. Ero nella Grande Mela per partecipare ad alcune aste, oltre che per una due diligence da Phillips di un’opera di Julian Schnabel del 1994, «Mi vida es una cumbre de mentiras», che nei giorni a seguire è poi entrata a far parte della collezione portando a due il numero di opere del poliedrico artista americano nel mio catalogo. Non è un segreto. Se ti muovi tra Christie’s, Sotheby’s, Phillips e le solite dieci gallerie, incontri tutto il mondo dell’arte. Così mi sono imbattuto ancora una volta nella signora di Parigi che, dopo i convenevoli del caso, sorridendo mi dice di aver appena visitato il nuovo store Tiffany di New York, costato quasi un billion! Il suo mi è sembrato da subito molto più di un suggerimento, così mi sono diretto immediatamente verso la Quinta Strada, con grande piacere della mia ragazza Andreea, che non è abituata a distrazioni quando sono concentrato su aste e fiere d’arte.
Entrando da Tiffany, la sorpresa è stata enorme. Al pian terreno, ai piedi della scala, ci ha dato il benvenuto un’opera di Daniel Arsham, in perfetta sintonia con le tonalità dello spazio. Salendo di un livello, ecco Julian Schnabel: la coincidenza cominciava ad essere emozionante. Ci aspettavamo di tutto, ma quando al piano superiore abbiamo incontrato un altro artista che appartiene alla mia collezione, Michelangelo Pistoletto, siamo rimasti a bocca aperta. Anche quest’opera era in perfetta armonia con le sfumature Tiffany. Tre su tre! Salendo ancora, davamo per scontato di incontrare un’opera di Hans Hartung e così è stato: magnifica, pronta a farsi ammirare da migliaia di spasimanti e curiosi che nei giorni e negli anni continueranno a venire in questo luogo incredibile. «Hai selezionato tu le opere per Tiffany?», mi ha chiesto Andreea. No, non è stata opera mia, ho giurato, ma ero sinceramente felice che il curatore o la curatrice avessero fatto il mio stesso percorso di acquisizioni. E tutto questo ha dato un ulteriore senso alle scelte che avevo fatto.
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