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Riforma Mibact: Emiliani CONTRO

Franceschini è un rottamatore a tutta ruspa. Le sue dieci mosse

Vittorio Emiliani

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Chi pensava che, dopo i salassi inflitti al Mibac (poi Mibact) dai governi Berlusconi facendo crollare i già magri fondi dallo 0,39 allo 0,19 % della spesa statale, col governo Renzi esso potesse essere rivitalizzato, non aveva letto Stil Novo. La rivoluzione della bellezza tra Dante e Twitter (Rizzoli, 2011) opera dell’allora sindaco di Firenze. In esso «sovrintendente» viene definita la parola più odiosa della burocrazia, capace di frantumare ogni entusiasmo. Inaccettabile come il loro «potere monocratico». Che a ogni ritrovamento archeologico blocca tutto quanto (ignorava la legge illuminata sull’archeologia preventiva). Renzi ce l’aveva con i soprintendenti fiorentini per varie ragioni: loro e la comunità scientifica internazionale gli avevano bocciato l’idea fissa di raschiare il grande affresco del Vasari a Palazzo Vecchio per trovare la «Battaglia di Anghiari» di Leonardo, data da sempre per persa. E gli avevano impedito di ricostruire, come era stata progettata da Michelangelo, la facciata della Basilica di San Lorenzo; e altro ancora.

Mi sono dilungato su Matteo Renzi e sulla sua «filosofia» perché continuo a ritenere che da lì venga la strategia realizzata nei beni culturali e paesaggistici. Cioè, niente cura ricostituente per la tutela ma, a colpi di decreti singoli o addirittura di emendamenti alla legge finanziaria (per lo scorporo del Colosseo, ad esempio; cfr. n. 372, feb. ’17, p. 9), la disarticolazione della tutela stessa. 

È una deminutio del ministro Dario Franceschini? Questi non aveva mai «dichiarato guerra» alle Soprintendenze. Da capogruppo consiliare e da assessore, aveva avuto rapporti normali e le mostre di Ferrara Arte diretta, allora, da Andrea Buzzoni, non erano certo state «commerciali». Ha stupito quindi il suo comportamento da rottamatore a tutta ruspa che procede ormai anche senza più Renzi alle spalle. Ma vediamo le dieci mosse di questo autentico sconvolgimento.

1) Con lo Sblocca Italia (analogo alle leggi Lunardi) si istituisce, senza che il ministro Franceschini si dissoci, il silenzio-assenso se le Soprintendenze non rispondono entro 60 giorni alla richiesta di autorizzazioni (con i pochi architetti statali l’assenso è garantito, anche ai progetti peggiori).

2) La valorizzazione viene da Franceschini scissa in modo netto dalla tutela contando di trasformare (Renzi dixit) i musei «in macchine da soldi». Ma il Grand Louvre e il Metropolitan sono passivi per un 50% dei megabilanci (il secondo registra un «buco» di 40 milioni di dollari; cfr. p. 26), e con i milioni incassati da musei e siti statali italiani si copre sì e no l’8% della nostra spesa per la cultura.

3) I musei vengono separati dal territorio che li ha originati (anche quelli archeologici, di scavo), scindendo pure uffici, archivi, fototeche, biblioteche, con un caos paralizzante.

4) Si creano nuovi poli museali, spesso in modo confuso (Ferrara finisce con Modena divenuta egemone), dove gli storici dell’arte superstiti si rifugiano. Così alle Soprintendenze non ne resta nemmeno uno per l’ufficio esportazione. «Bassa macelleria», commenta Antonio Paolucci.

5) Vengono individuati i primi 20 musei di eccellenza, per cui si bandiscono non concorsi europei bensì selezioni in base ai curriculum e a un breve colloquio, con stipendi 4-5 volte superiori a quelli correnti. Un solo «interno» del Mibact viene promosso (Galleria Borghese), gli altri sono «esterni», alcuni italiani (buoni e meno buoni), altri stranieri (nessuno di alto livello). Con scelte incomprensibili: un etruscologo, dalla bibliografia modesta, al Museo greco-romano di Napoli; una medievista a quello tarantino della Magna Grecia; un esperto di marketing a Caserta (bibliografia? Due libri cofirmati sui cimiteri monumentali). 

6) Hanno partorito idee brillanti? Mostre su mostre, matrimoni al museo o fra le rovine, feste di laurea, aperitivi, sfilate, cose arcinote, piuttosto kitsch. 

7) Le Soprintendenze vengono unificate (riforma del 1923... fallita e cancellata da Bottai), perlopiù guidate da architetti, in minoranza archeologi e storici dell’arte dai quali nacque la tutela coi bandi granducali e pontifici.

8) La Soprintendenza Archeologica Speciale di Roma che copriva l’area della capitale imperiale ed era alimentata dal Colosseo, con tante funzioni e molti soldi, viene divisa in 4-5 scatole con molte funzioni e pochi soldi. Il Colosseo diventa organismo autonomo (sui suoi soldi ancora nebbia fitta...).

9) Franceschini annuncia un biglietto anche per un altro grande attrattore, una chiesa però: il Pantheon (7,4 milioni di persone). Avanti si paga! Gli ingressi dei musei e dei siti registrano nel 2016 solo un +4%, contro il +9% degli arrivi dall’estero e folle di italiani nelle domeniche gratis (2,4 milioni). Intanto i nostri capolavori girano il mondo: persino la «Santa Cecilia» di Raffaello.

10) Con la legge Madia, la tomba: le Soprintendenze, svuotate, finiscono sotto i prefetti. Come nel Piemonte sabaudo. Indietro tutta! 

Del resto il confronto fra tempestività e qualità degli interventi Mibac/Mibact nel post terremoto umbro-marchigiano del 1997 e quelli del 2016 è avvilente. Per il 2016. E i piani paesaggistici? Due su venti in tre anni...
 

Vittorio Emiliani, 12 aprile 2017 | © Riproduzione riservata

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