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Le analisi scientifiche rendono leggibile il ritratto della madre di Miró scoperto sotto l’opera «Pintura»

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Le analisi scientifiche rendono leggibile il ritratto della madre di Miró scoperto sotto l’opera «Pintura»

Scoperta la mamma segreta di Miró

Grazie alle nuove tecnologie, sotto un paesaggio astratto è stato trovato un ritratto della madre del pittore spagnolo

Roberta Bosco

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La Fundació Joan Miró di Barcellona ha annunciato la scoperta di un ritratto di Dolors Ferrà Oromí, madre dell’artista, sotto l’opera «Pintura», un olio su tela che Joan Miró regalò al suo amico e marchant Joan Prats. La scoperta, che il direttore della fondazione Marko Daniel non ha esitato a definire «storica», è stata possibile grazie alle ricerche dei tecnici dell’istituzione barcellonese e alle nuove tecnologie per il rilevamento delle immagini, tecniche non invasive come radiografie, fotografia infrarossa e imaging iperspettrale, che hanno permesso di ottenere un’immagine nitida del ritratto sottostante. 

Nel 1975 «Pintura», che fino ad allora era stata appesa in casa di  Joan Prats e quindi non era mai stata esposta in pubblico, arrivò alla Fundació Miró. Già una decina di anni dopo si venne  sapere che celava un segreto, ma quale? Ci sono voluti 40 anni per scoprirlo. Miró ha riutilizzato la tela su cui aveva dipinto, in modo estremamente tradizionale e accademico, un ritratto di sua madre per realizzare uno dei suoi caratteristici paesaggi astratti. Erano gli anni in cui l’artista parlava di «assassinare la pittura» per cui il gesto assume un significato ancora più profondo.

«Miró ha fatto sparire il ritratto di sua madre, ma stranamente proprio lui così minuzioso e preciso non l’ha fatto a regola d’arte, anzi sembra aver lasciato volontariamente delle piste affinché un giorno qualcuno lo scoprisse. Per esempio in corrispondenza dei gioielli che indossa la madre, una spilla e gli orecchini, la pellicola pittorica ha un rilievo che, se avesse voluto,  Miró avrebbe perfettamente potuto livellare» ha spiegato Elisabet Serrat, capo del dipartimento di Conservazione preventiva e Restauro della Fundació Miró.

Joan Miró, «Pintura», 1925 ca, Barcellona, Fundació Joan Miró. © Successió Miró, 2025

Non è la unica anomalia che presenta l’opera. Anche se si sa che fu realizzata tra il 1925 e il 1927, non è datata, il che è quanto mai strano, trattandosi di Miró.  Anche il fatto che la tela non fosse di uno dei formati standard utilizzati abitualmente dall’artista aveva fatto insospettire gli studiosi. Tra l’altro è l’unico caso in tutta la sua prolifica produzione, in cui il pittore spagnolo ha realizzato una seconda versione a collage, che è conservata in una collezione privata a Parigi.

«Miró non aveva problemi economici né altre difficoltà per procurarsi i materiali quindi è logico intendere il gesto come un rifiuto della pittura accademica, più che la semplice necessità pratica di riutilizzare la tela» ha dichiarato Teresa Montaner, responsabile delle Collezioni della Fundació, anticipando che le prossime ricerche cercheranno di rispondere ai nuovi interrogativi: «Ogni risposta genera nuove domande» ha aggiunto Marko Daniel.

Il ritratto è identico a uno realizzato da Cristòfol Montserrat Jorba, un pittore molto quotato tra la borghesia catalana dell’epoca, che si conserva ancora adesso nello studio di Son Boter a Maiorca come testimoniano sia l’originale, sia le fotografie esposte nella mostra «Sotto gli strati di Miró. Un’indagine scientifica, che illustra tutte le fasi della ricercae ed è visitabile nella fondazione fino al 29 giugno.

Il dipinto «Pintura» di Miró a infrarossi. Foto: Ramón Maroto (Crbmc). © Successió Miró, 2025

Le analisi utilizzate si basano principalmente su tecniche che sfruttano vari intervalli di radiazioni elettromagnetiche, come la fotografia con luce visibile radente e luce trasmessa, luce ultravioletta e luce infrarossa, radiografia e imaging iperspettrale. Per identificare i materiali presenti negli strati pittorici, lo studio è stato completato con spettroscopia infrarossa (FTIR), microscopia elettronica a scansione con rilevatore di raggi X a dispersione di energia (SEM-EDX), fluorescenza a raggi X (XRF) e spettroscopia di massa-cromatografia di gas (GC/MS). «Tutte queste analisi ci hanno permesso di ampliare la nostra conoscenza del processo creativo di Miró e di studiare la direzione delle sue pennellate, sia nell’applicazione della preparazione, verticale, che della pittura blu dell’opera, orizzontale» ha spiegato Serrat, sottolineando che gli studi stratigrafici hanno dimostrato che l’opera è composta da almeno sette strati.

Attraverso tecniche analitiche è stato possibile determinare i materiali utilizzati in ciascuno di essi. Gli strati inferiori sono costituiti da una preparazione con bianco di piombo e da quattro strati di vernice contenenti principalmente pigmenti terrosi: giallo di cadmio, nero di carbonio, blu di cobalto e bianco di zinco. «Miró applicò su di essi una preparazione di bianco di zinco e barite, seguita dallo strato di colore più esterno, a base di blu cobalto e un po’ di giallo di cadmio. Il legante utilizzato è l’olio» ha specificato la restauratrice.

Per divulgare la scoperta e renderla più accessibile, è stato realizzato il documentario «El secreto de Miró» che si può vedere anche in inglese nel canale di Youtube della Fundació e nel canale della Fundació La Caixa CaixaForum+, che ha collaborato alla produzione. Il documentario, diretto da Lluís Jené, segue i passi della ricerca e esplora le possibili ragioni che spinsero Miró a nascondere il ritratto della madre.

Cristòfol Montserrat i Jorba, «Ritratto di Dolors Ferrà Oromí», Maiora, Fundació Pilar i Joan Miró

Roberta Bosco, 28 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

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