Nessuno avrebbe previsto, solo un mese fa, che la settimana dell’arte a Los Angeles (19-23 febbraio) si sarebbe rivelata così dinamica e attiva, con collezionisti, locali e no, pronti a comprare e sostenere la comunità losangelina dopo i devastanti incendi del mese scorso. La prima a testare il terreno è stata Felix Art Fair che ha aperto nell’iconica cornice delle stanze e cabanas attorno alla «piscina di Hockney» nel Roosvelt Hotel mercoledí 19, con galleristi che hanno riportato entusiasti le prime vendite già nella prima giornata. Ad un’ora dall’apertura, Povos di Chicago, al suo debutto al Felix, poteva vantare il sold out per la personale degli accattivanti dipinti surreali di William Schaeuble, fra vendite pre-fiera e in loco e prezzi compresi tra 2mila e 14mila dollari. Di fatto gran parte degli espositori a Felix, molti al proprio debutto, hanno puntato su opere dai prezzi accessibili e dimensioni ridotte. Anche con nomi affermati, Corbett vs. Dempsey, per esempio, ha scelto di presentare una selezione di recenti disegni a grafite, tutti installati nel bagno e con prezzi compresi tra i 3mila e 3.500 dollari del californiano Brian Calvin - sold out la prima giornata. Fra dealer che sono passati anche a Frieze, molte erano le new entry anche internazionali quest’anno, che hanno offerto la possibilità sperimentare un’esperienza più intima ma anche più rigenerante rispetto ad altre fiere. Dall’altra parte del mondo, la galleria Coma di Sydney è arrivata alla Felix Art Fair con una mostra collettiva che metteva in luce i talenti della sua Regione, tra cui l’inquietante opera figurativa iperrealista di Kansas Smeaton, artista neozelandese i cui pezzi hanno conquistato i collezionisti di Los Angeles il giorno dell’inaugurazione. «È stato un primo giorno molto vivace, con grandi collezionisti attivi, impegnati e che hanno effettuato transazioni. Stiamo riscontrando interesse anche per gli artisti del nostro Paese e per la nostra offerta internazionale», ha commentato il fondatore della galleria, Sotiris Sotiriou.
Il giorno successivo, giovedì 20 febbraio, è stata la volta di Frieze Los Angeles con un alto tasso di affluenza e un’atmosfera positiva palpabile per tutta la giornata: numerose vendite concluse a vari livelli di prezzo sin dall’apertura sia al di sotto che al di sopra della soglia dei 100mila dollari. Il pubblico quest’anno era per lo più locale o proveniente dagli Stati Uniti, con un numero inferiore di collezionisti europei e asiatici (molti che sono scappati dal gelo di New York per supportare la comunità losangelina questa settimana). Tra le vendite degne di nota, dentro le sei e sette cifre, la Gladstone Gallery ha piazzato tre opere di Keith Haring, tra cui un dipinto su vetro per 2 milioni di dollari, insieme a edizioni di fotografie di Robert Mapplethorpe con prezzi compresi tra 200mila e 300mila dollari l’una e diversi dipinti di David Salle, per 140mila dollari l’uno. La galleria ha inoltre venduto un dipinto di Rondinone per 240mila dollari, un dittico di Frances Stark per 25mila dollari e opere su carta di Amy Sillman per 75mila dollari ciascuna. Non lontano, White Cube ha venduto invece un dipinto di Howardena Pindell per 325mila dollari, due opere di Tracey Emin per 215mila dollari e un dipinto di Yoko Matsumoto per 55mila dollari. La galleria ha inoltre piazzato un dipinto arancione di Tunji Adeniyi-Jones e un’opera di Danica Lundy per 75mila dollari. Turnout positivo anche per David Zwirner che questa settimana ha aperto a Los Angeles una personale di nuove opere di Lisa Yuskavage e ha agevolato il debutto della spiritualità ancestrale della canadese Tau Lewis, quest’ultima presente anche all’ultima Biennale di Venezia. Durante la prima giornata Zwirner aveva piazzato un dipinto di Elizabeth Peyton per 2,8 milioni di dollari, un’opera di Noah Davis per 2,5 milioni di dollari, una Alice Neel per 1,8 milioni di dollari e un’ampia tela di Lisa Yuskavage, per 1,6 milioni di dollari, fra le altre. Nel mentre, Almine Rech aveva fatto sold out per la personale di tele pop del giapponese Tomokazu Matsuyama, con prezzi compresi tra 100mila e 600mila dollari. «Abbiamo provato un profondo senso di orgoglio nel vedere la presenza di così tanti mecenati e collezionisti, non solo per la fiera ma per Los Angeles stessa», ha commentato il managing partner Paul de Froment.
Felix Art Fair si è svolta al Roosvelt Hotel, la cui piscina dotata di cabine da spiaggia è famosa per i murales di David Hockney. Cortesia di Felix art Fair
A pochi stand di distanza, Xavier Hufkens ha venduto in vip preview una maestosa tela di grandi dimensioni di Tracey Emin per 1,2 milioni di euro, insieme a due opere di Mark Manders per 30mila euro ciascuna, un dipinto di Sayre Gomez, artista di Los Angeles, per 60mila dollari, mentre tutti gli otto quadri di Constantin Nitsche trovavano acquirenti con prezzi compresi tra 15mila e 50mila euro. Non sono mancati poi i sold out, fra cui Mariane Ibrahim al suo debutto a Frieze con il pittore americano di Haiti Patrick Eugène, con prezzi compresi tra 13.500 e 60mila dollari, e David Kordansky con una personale dedicata alle opere di pittura e scultura della filippina Maia Cruz Palileo, con prezzi compresi tra 8mila e 80 dollari. Fra i pochissimi italiani, Massimo De Carlo ha venduto in preview varie opere di Spencer Lewis, Ferrari Sheppard e Ariana Papademetropoulos, al cui magico mondo surreale la galleria aveva dedicato un’intera parte dello stand. Bene anche per kaufmann repetto, che ha riportato varie vendite entro la prima giornata, tra cui un dipinto di Katherine Bradford tra gli 80mila e i 100mila dollari, un’opera di Magdalena Suarez e Michael Frimkess tra gli 80mila e i 100mila dollari, un dipinto di Corydon Cowansage tra i 20mila e i 30mila dollarie un dipinto di Pae White tra i 65mila e gli 85mila dollari.
Non sono mancate presentazioni più curate e personali, di livello museale, che in genere hanno premiato anche con vendite interessanti. Hauser & Wirth ha presentato in collaborazione con Company Gallery una personale di dipinti di grandi dimensioni dell’artista canadese Ambera Wellmann, le cui orge apocalittiche di corpi si sono materializzate in immagini inquietanti ma al tempo stesso splendide. Con prezzi fra i 150mila e 210mila dollari, le gallerie avevano già praticamente avevano fatto sold out entro la serata. Un’altra presentazione di qualità museale è stata quella della Marian Goodman Gallery, che ha dedicato il suo stand a un’installazione della scultrice colombiana Delcy Morelos; quest’ultima ha conosciuto un recente interesse istituzionale e di mercato dopo la straordinaria presentazione alla Dia Foundation di New York seguita dalla sua entrata nella «scuderia» della galleria. Cascate materiche di fibre e rosso viscerale, risultato di minerali salini cristallizzati, evocavano un legame primordiale con la terra e invitavano a una sorta di elevazione spirituale, con tanto di riferimento alle tradizioni precolombiane (prezzi tra i 90mila e i 100mila dollari). Infine, un’affascinante installazione, «Nomadic Folly» di Chris Burden, presentata da Gagosian, ha offerto ai visitatori un momento di meditazione e di riconnessione tra i corridoi affollati e frenetici della fiera. Originariamente prodotta per la settima Biennale di Istanbul come tenda nomade che incorporava materiali e oggetti di provenienza locale, il progetto mirava a fornire ai visitatori «un luogo dove riunirsi in sicurezza e comunità» in un momento profondamente difficile per Los Angeles. Quanto alle scoperte di artisti più giovani, nella sezione Focus, curata quest’anno da Essence Harden (anche co-curatrice di Made in L.A. 2025), la galleria di Los Angeles Make Room ha presentato una personale di Xin Liu, in cui l’artista prosegue la sua indagine visionaria sulla metamorfosi dei corpi umani, non umani e oltre l’umano, attraverso l’intervento tecnologico. La galleria ha registrato un notevole interesse da parte dei musei, piazzando praticamente tutte le opere (prezzi tra 20mila e 50mila dollari) in importanti collezioni già il primo giorno, con una sola opera rimasta in attesa di conferma da un museo.
Una veduta della fiera Frieze Los Angeles. Foto di Casey Kelbaugh
Non dimenticando i tragici eventi di solo un mese fa, Frieze si è trasformata quest’anno in piattaforma per tutta una serie di iniziative a supporto della comunità locale, fra la «Frieze Arts Alliance», che ha unito una coalizione di musei Americani nell’intento di acquisire in fiera artisti con base a Los Angeles, e un fondo di acquisizione congiunto di 75mila dollari per aiutare gli artisti che vivono e lavorano a Los Angeles, sostenuto dal Mohn Art Collective - che comprende l'Hammer Museum, il Los Angeles County Museum of Art e il Museum of Contemporary Art di Los Angeles (MAC3.) Per molti, il dopo-Frieze ha significato una sosta nella nuova fiera, Post-Fair, appena lanciata dal dealer losangelino Chris Sharp. A 15 minuti da Frieze nell’ex ufficio postale di Santa Monica questa fiera alternativa presentava 29 espositori in un ambiente fluido e open-space che eliminava le tradizionali pareti degli stand. Sebbene la maggior parte delle gallerie partecipanti a questa edizione inaugurale abbia dato priorità a opere a prezzi ragionevoli e a talenti emergenti, l’elenco degli espositori comprendeva anche nomi affermati della scena artistica internazionale, come PPOW, Tanya Leighton Gallery e Sprüth Magers, che ha piazzato nella prima giornata on site quattro delle opere di Kaari Upson per 4.800 dollari ciascuna. In generale, fra mostre di qualità e presentazioni in fiera che hanno incontrato l’interesse di collezionisti, soprattutto californiani, l’art week di LA ha dimostrato non solo la resilienza della città e della sua scena artistica, ma ha anche dato segnali positivi di ripresa del mercato americano dopo un anno praticamente di stallo.
Opere di Moe Wakai alla Post-Fair di Chris Sharp
Dopo i devastanti incendi che hanno coinvolto la città a inizio anno, la fiera americana apre i battenti all’aeroporto di Santa Monica con oltre 100 gallerie
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