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Francesca Romana Morelli
Leggi i suoi articoliNel 1919 Ernesto Michahelles in arte Thayaht, affiancato dal fratello Ruggero Alfredo, più noto come RAM, inventò la «tuta», che debuttò a un ballo in casa Rucellai a Firenze, ma la storia fu pronta a farla sua: pubblicata sulla rivista sovietica «Lef», la adottarono i lavoratori russi e tuttora è il simbolo del lavoro operaio.
Un disegno di questo capo rivoluzionario è esposto nella mostra «Thayaht, un futurista eccentrico. Sculture, progetti, memorie» allestita da Fabrizio Russo dal 9 febbraio al 2 marzo e curata da Daniela Fonti, tra i massimi esperti dell’artista e organizzatrice di una monografica dell’artista al Mart di Rovereto nel 2005. Con la consulenza dell’Archivio Seeber Michahelles e con l’Associazione per la valorizzazione della figura e dell’opera dei fratelli Michahelles, sono state scelte 200 opere tra dipinti, sculture e disegni che ricostruiscono il complesso itinerario dell’artista tra il 1913 e il 1940, tra gusto Déco e Futurismo.
Creatore vulcanico, sostenitore di un’«arte globale», il fiorentino Thayaht (1893-1959) fu anche fashion e interior design di successo (lavorò nella maison parigina Vionnet), fotografo, scenografo e costumista teatrale e orafo. Nel 1920 in America, all’Università di Harvard seguì corsi sulla colorazione, la geometria dinamica e l’assoluto numerico.
Nel 1929 fu arruolato da Marinetti: «Avvia una produzione non molto estesa ma di estrema originalità, che costituisce uno dei vertici della ricerca plastica del Futurismo, rilanciatosi ai primi anni Trenta, spiega Daniela Fonti. Per questa mostra ho riunito alcune delle sue più celebri sculture, come “Bautta”, “Violinista”, “Sentinella”, “Flautista”, “Tennista” e “Pesci”, insieme allo scenografico “Tuffo”». In catalogo (Manfredi Edizioni) oltre al saggio della Fonti, quelli di Carla Cerutti ed Elisabetta Seeber.
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