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Teresa Scarale
Leggi i suoi articoliCittà e orti botanici: due manifestazioni complementari dell’ingegno umano, capaci di restituire commistioni estetiche a volte pacificatorie, altre stranianti. Ne parla l’obiettivo di Vincenzo Castella (Napoli, 1952) nella mostra di Triennale Milano «Vincenzo Castella. Architetture oblique», a cura di Lorenza Bravetta, aperta fino al 6 gennaio 2024. Il fotografo osserva la città e il suo esistere architettonico. Soprattutto Milano, il luogo in cui vive e lavora. Ma anche Rouen, Istanbul, Como, e altre città. Osserva e scatta da molto vicino e da molto lontano: la vicinanza è dedicata agli elementi vegetali, che così assurgono a luogo protetto e intimo nella giungla cittadina. Lo sguardo orizzontale, distante e panoramico, è per gli aggregati urbani, i quartieri, i palazzi, i cantieri.
I colori predominanti sono il verde e una scala di grigi a volte acquei. La visione dall’alto dello spazio urbano consente di leggere per esempio alcuni cambiamenti strutturali che sono intervenuti negli anni in città come il capoluogo meneghino, in particolare nella zona cantieristica dello stadio di San Siro alla fine degli anni ottanta (raffigurata in un’installazione di fotografie originali stampate a contatto), e nella zona compresa tra la stazione Centrale e via Melchiorre Gioia (in un’opera del 2012): queste sono immagini segnate dal gioco delle linee rette delle strade, reticolo da cui emergono prevedibili edifici e grattacieli.
Urbanesimo e vegetazione sono i due testi che l’artista offre alla lettura di chi sa ascoltare questa fotografia, racconto di due mondi distanti, ma sempre connessi dalla comune causa umana: le collezioni botaniche e il lavoro sugli spazi urbani. La scelta di fotografare spazi quotidiani da lontano, oppure momentaneamente inaccessibili, crea nello spettatore un intermezzo di distanza e straniamento (ma non di estraneità). In mostra, foto di varia scala e dimensioni, dal grande e grandissimo formato, a quelle più piccole, fino ad arrivare ai provini a contatto originali e alle prove di stampa. L’esposizione è arricchita da alcuni video, dedicati sia al tema della città che alla rappresentazione della natura. Una restituzione senza dubbio generosa del progetto, pur spartana nell’allestimento, elegante, ma un po’ sacrificato dai ridotti spazi a disposizione.

«San Siro #11» (1989) di Vincenzo Castella
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