Giuseppe M. Della Fina
Leggi i suoi articoliHo ripreso il mio viaggio in Etruria raggiungendo Tarquinia dove, dal 1982, sono in corso campagne di scavo condotte dall’Università degli Studi di Milano in accordo con la Soprintendenza competente (ora denominata Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale).
Esse furono avviate da Maria Bonghi Jovino che intendeva indagare l’area urbana di una grande città-stato etrusca. Condivise il progetto con Massimo Pallottino e Paola Pelagatti e quindi dette inizio a un’impresa dell’archeologia italiana che continua ad andare avanti. Scavare a Tarquinia significa andare al cuore dell’Etruria dato che i miti di fondazione della «nazione» etrusca, legati alle figure leggendarie di Tarconte e Tagete, vi sono localizzati.
Per questo motivo sono qui, a incontrare Giovanna Bagnasco Gianni, che ha la responsabilità dello scavo dal 2004, e Matilde Marzullo che l’affianca. Le raggiungo sull’altura di Pian di Civita, mentre ci muoviamo con attenzione nell’area di scavo, ripercorriamo insieme i risultati delle indagini portate avanti nei decenni da generazioni di studenti e studentesse e loro due sono state tra queste. Le ricerche si sono concentrate principalmente su due settori: il complesso monumentale a carattere sacro-istituzionale rinvenuto sul Pian di Civita, a 300 metri circa dalla porta Romanelli, e il celebre Tempio dell’Ara della Regina. Le indagini, inoltre, si sono accompagnate al tentativo di provare a ricostruire l’assetto urbano della città facendo ricorso anche a tecnologie d’avanguardia: un’apertura che è stata una costante degli scavi milanesi promossi a Tarquinia.
Sull’altura di Pian di Civita dove, sulla scorta dei risultati di prospezioni effettuate dalla Fondazione Lerici, si scelse d’intervenire inizialmente, è stato riportato alla luce un complesso a carattere sacro-istituzionale sorto intorno a una cavità naturale, presso la quale, sin dal X secolo a.C., si erano iniziati a praticare culti e riti. L’area assunse progressivamente un aspetto monumentale conservando il carattere sacro e di memoria della tradizione sino a quando la vecchia oligarchia rimase arbitra unica delle sorti della città.
Nel complesso e attorno ad esso, pur trovandosi in un’area di abitato, sono state rinvenute diverse sepolture di persone inumate: con gli ultimi ritrovamenti si arriva a una ventina di casi. Alcune di loro vennero con sicurezza uccise ritualmente: è il caso di un uomo sepolto durante l’VIII secolo a.C. Le analisi paleo-antropologiche hanno indicato che si trattava di una persona dal fisico robusto, che doveva avere vissuto a lungo in prossimità del mare o navigando su di esso e che probabilmente era di etnia greca.
Un altro caso riveste un interesse particolare: si tratta di una donna sepolta nell’area, in corrispondenza di una capanna, e deceduta di morte naturale. Indagini appena rese note, nell’ambito di studi condotti sul Dna antico, hanno indicato che sarebbe originaria del Baltico: da quelle terre lontane la donna avrebbe raggiunto Tarquinia volontariamente o meno.
L’altra zona esaminata, negli anni passati, è stata quella del Tempio dell’Ara della Regina: gli scavi, in particolare, hanno scoperto una cassa, venuta alla luce al di sotto dell’altare «alpha», il cui orientamento venne rispettato in una ristrutturazione successiva del tempio. Quello dell’Ara della Regina era il tempio poliadico per eccellenza e di conseguenza, secondo una spiegazione suggestiva proposta da Maria Bonghi Jovino, gli archeologi potrebbero avere individuato il luogo della memoria dell’ecista di Tarquinia (o di colui che era ritenuto tale), vale a dire il personaggio mitico conosciuto nelle fonti letterarie antiche come Tarconte e che, sempre stando alla documentazione letteraria, ebbe un ruolo di primo piano nella formazione della «nazione» etrusca.
Al termine della visita, ho chiesto a Giovanna Bagnasco Gianni quello che ha appreso nella sua decennale esperienza tarquiniese. Mi ha risposto: un metodo di lavoro caratterizzato da un’apertura senza remore verso le nuove tecniche d’indagine e curiosità verso gli approcci di studio innovativi, ma basato su una salda preparazione storica. Lo ha appreso da chi l’ha preceduta nella direzione delle campagne di scavo e tenta di trasmetterlo ai suoi allievi. «Vorrei tanto riuscirci», ha aggiunto.
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