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Francesco Tiradritti
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Curia Iulia gremita il 5 settembre scorso a Roma per l’incontro con Zahi Hawass. Nel suggestivo contesto dell’antica sede del Senato romano si è infatti svolta la presentazione del libro L’uomo con il cappello, autobiografia autorizzata del celeberrimo archeologo egiziano (annoverato alcuni anni fa dalla rivista «Time» tra le cento persone più influenti del pianeta), appena pubblicata da Fas Editore (330 pp., ill. col., Ascoli Piceno 2025, euro 30).
A fare gli onori di casa l’ex direttrice del Parco Archeologico del Colosseo Alfonsina Russo che ha passato la parola a S.E. l’Ambasciatore egiziano in Italia Bassam Essam il quale, oltre a riaffermare il legame d’amicizia tra Egitto e Italia, ha fatto accenno alla mostra «Tesori dei faraoni», che inaugurerà il 24 ottobre alle Scuderie del Quirinale. La parola è poi passata al conduttore televisivo Roberto Giacobbo che ha presentato Zahi Hawass con accenni ai trent’anni di conoscenza reciproca. La traduzione dell’inglese di Zahi Hawass, comunque chiaro e perfettamente comprensibile, era affidata all’egittologa Stefania Sofra, traduttrice anche del volume.
In quasi un’ora e mezzo «L’uomo con il cappello» ha ripercorso una vita che lo ha visto, da giovane ispettore delle antichità, ottenere un dottorato in Egittologia negli Stati Uniti che gli ha consentito di diventare prima segretario generale del Consiglio Superiore delle Antichità e poi ministro.
La presentazione di Hawass è partita con una doviziosa descrizione della ricerca di nuovi ambienti all’interno della Grande Piramide di Giza. L’archeologo ha copartecipato a vari progetti di ricerca, con robot in miniatura studiati per inerpicarsi lungo quelli che sono considerati i cunicoli di aerazione dell’immensa struttura. L’ultima impresa, denominata «Scan Pyramids» ha utilizzato sistemi di analisi non invasivi che avrebbero evidenziato possibili vuoti, ipoteticamente interpretati come stanze. Questo ha condotto Hawass a ipotizzare che la camera sepolcrale di Cheope resti ancora da scoprire. Quest’impresa risulta nell’agenda delle sue attività future.
Se si considera che ha compiuto 78 anni lo scorso maggio, questo suo pensiero in prospettiva dà da solo il senso dell’energia racchiusa in quest’uomo, la cui passione per le antichità traspare da ogni parola, ed è emersa con chiarezza durante tutto l’incontro che non ha mai sofferto di rallentamenti lungo tutta la sua durata.
Le immagini di cunicoli, ipotetiche porte e presunti vuoti che Hawass ha mostrato, restituiscono un’immagine della Grande Piramide più labirintica di quanto uno si aspetterebbe e c’è davvero da chiedersi quale sia il reale significato di quanto evidenziato dai macchinari utilizzati nelle varie esplorazioni. Lo studioso è convinto di poter arrivare a una soluzione nell’immediato futuro e ha annunciato una serie di imminenti scoperte.
Grande rilievo ha ricevuto anche la mummia di Tutankhamon del cui restauro e attuale sistemazione Hawass si è occupato in prima persona. Si è così venuti a conoscenza di ulteriori dettagli sul martoriato corpo del giovane sovrano (Zahi ha affermato che sia ormai ridotto in 18 pezzi). Secondo recenti analisi, Tutankhamon aveva i piedi piatti e questo problema ne avrebbe provocato un’infezione rivelatasi poi fatale. Niente omicidio, perciò. Questo almeno fino alle prossime analisi che, come già successo più volte in passato, ribalteranno di sicuro le conclusioni. Se su questo argomento è possibile affermare tutto e il contrario di tutto, è proprio perché la mummia di Tutankhamon versa in uno stato di conservazione talmente miserevole da rendere inaffidabile il risultato di qualsivoglia analisi.
Hawass si è anche soffermato sulle scoperte più recenti effettuate dalle missioni che codirige insieme ai suoi assistenti. Le immagini di ricostruzioni 3D da lui mostrate documentano i passi da gigante compiuti negli ultimi anni dagli archeologi egiziani. Di particolare interesse gli aggiornamenti sulla Mastaba di Userefra, riportata alla luce a Saqqara nell’aprile scorso. Al centro del gruppo statuario che si riteneva raffigurare le spose e le figlie di Djoser (seconda metà del XXVII secolo a.C.) è stata identificata l’effigie del padre del sovrano. Hawass non ne ha rivelato il nome che potrebbe anche essere andato perduto. Se però così non fosse, la sua identità potrebbe rivelare importanti informazioni sull’inizio della III dinastia, momento cruciale di formazione dell’Antico Regno, uno dei periodi di maggiore splendore dell’antico Egitto.
Zahi ha anche rivelato che la Mastaba di Userefra è stata scoperta al seguito della rimozione di un gruppo di case costruite su terreno archeologico. Anche in questo caso auspica di compiere un altro sensazionale ritrovamento e individuare la Tomba di Imhotep, l’architetto cui è attribuita la costruzione della Piramide a gradoni, opera che gli valse fama imperitura e che lo portò a essere deificato nelle epoche più tarde della storia faraonica.
All’intervento è seguita la sessione di firma del volume L’uomo con il cappello. La lunga fila di persone, alcune anche con cinque e più copie tra le mani, era prova tangibile della celebrità di cui gode Zahi Hawass anche qui in Italia. E così è altrove. Durante l’incontro, ha mostrato lo spezzone di un’intervista in cui il suo grande amico Omar Sharif affermava sorridendo: «Un tempo ero considerato l’egiziano più famoso al mondo, poi è arrivato Zahi e mi ha rubato il posto».
Se lo ha affermato un attore che ha vinto il Leone d’Oro alla carriera, c’è sicuramente da crederci!

La presentazione dl volume di Zahi Hawass nella Curia Iulia a Roma. Foto Francesco Tiradritti
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