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Tina Lepri
Leggi i suoi articoli Il Museo della Merda, che apre oggi al pubblico vicino a Piacenza, nasce da una idea del proprietario di una importante azienda agricola di Castelbosco che ha deciso di realizzare una esposizione permanente del ciclo ecologico, culturale, industriale legato agli escrementi dei suoi 2.500 bovini. Gianantonio Locatelli non si è ispirato alla «Merda d’artista» di Piero Manzoni degli anni Sessanta ma all'utilizzo quotidiano dei rifiuti: il metano, lo sterco essiccato privo di agenti inquinanti che diventano mattoni per l’edilizia di qualità e concime per i campi. Un'idea per restituire quindi grazie al museo, anche in vista di Expo, una nuova importanza ecologica e culturale all’agricoltura e all’allevamento degli animali e per salvare la terra dal degrado.
Proprio accanto alla sede dell’azienda, all’interno di un castelletto ristrutturato dall’architetto Luca Cipelletti, cocuratore insieme a Gaspare Luigi Marcone e Massimo Valsecchi dell'allestimento, trovano spazio reperti, manufatti e opere d’arte: gli scarabei stercorari considerati divini dagli Egizi e pannelli didattici, documenti, fotografie delle costruzioni di antiche architetture africane e asiatiche. In mostra, in quello che è anche un manifesto promozionale dell’azienda e insieme un gabinetto di curiosità, dalla copia della Naturalis Historia di Plinio fino alla documentazione di ricerche scientifiche più attuali. Non mancano opere dei popoli «primitivi» e parte della vasta produzione artistica che ha usato, nel corso dei secoli fino ad oggi, materiali di scarti e rifiuti. L'artista britannico David Tremlett, ad esempio, con i suoi wall drawing ha trasformato gli edifici storici e produttivi e la recinzione dell'azienda. Sua anche l'idea dell’insegna dell’ingresso: «Perché buttarla se puoi riusarla?».

SHIT SHOW una mostra, presentata in occasione di MiArt, nata dalla collaborazione tra PIN–UP, POMO e Luca Cipelletti © Henrik Blomqvist

Un mattoncino di sterco con il logo del Museo della Merda
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