Stefano Luppi
Leggi i suoi articoli«No all’ampliamento con un padiglione di 600 metri quadrati sul retro e sì al restauro e adeguamento» di Palazzo dei Diamanti. Pare questa la soluzione definitiva cui si giungerà dopo settimane di querelle intorno a uno dei più straordinari edifici rinascimentali d’Italia, progettato da Biagio Rossetti all’inizio degli anni Novanta del XV secolo per Sigismondo d’Este, fratello del duca Ercole I d’Este. Il parere ufficiale, infatti, tocca alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara (dunque alla titolare Cristina Ambrosini), ma i toni con i quali si è espresso il direttore generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Mibac Gino Famiglietti e lo stesso ministro Bonisoli paiono definitivi.
Famiglietti mette infatti nero su bianco: «Il progetto di edificazione di un padiglione nello spazio retrostante il monumento (Palazzo dei Diamanti, Ndr) costituirebbe una oggettiva modificazione, in termini deteriori, del reciproco rapporto visuale fra Palazzo e spazio verde di pertinenza nonché della relazione tipologica fra questi due contesti, entrambi oggetto di tutela» e «l’edificazione di detto padiglione non può essere considerata un intervento a carattere di reversibilità» (aspetto richiesto dal bando del 2017, sebbene il costo di 3,5 milioni di euro non paia compatibile con un edificio «rimovibile»; Ndr). Famiglietti conclude che sarà la soprintendente Ambrosini ad approfondire la questione, ma chiede che si «esprima parere negativo, con richiesta di revisione, per la parte del progetto presentato che inerisca alla realizzazione dei nuovi volumi».
Il nuovo volume è appunto il cuore degli scontri in corso: un edificio per lo più vetrato, da «appoggiarsi» sul retro dell’edificio rinascimentale. Le polemiche si accendono quando contro questa parte della ristrutturazione di Palazzo dei Diamanti si esprime Italia Nostra seguita da Vittorio ed Elisabetta Sgarbi, che lanciano un appello firmato da 32mila persone tra cui noti addetti ai lavori come Andrea Emiliani, Mario Botta, Eugenio Riccomini, Arturo Carlo Quintavalle.
Il Comune prevedeva di fare partire nel prossimo giugno il «progetto di ampliamento degli spazi espositivi», come si legge sul sito web comunale. Il progetto vincitore, da realizzarsi con un finanziamento di 3,5 milioni di euro, è firmato dal gruppo 3Ti Progetti, studio Labics, Elisabetta Fabbri e Vitruvio Srl, che ha avuto la meglio su 70 partecipanti al concorso bandito dal Comune di Ferrara (allora ministro era il ferrarese Dario Franceschini, Ndr), valutati da una commissione presieduta da Maria Luisa Pacelli, dirigente del servizio Gallerie d’arte moderna e contemporanea del Comune.
Due partiti uno contrapposto all’altro, dunque. «Invece di valorizzare basterebbe conservare, spiegano Mariarita Signorini, presidente nazionale di Italia Nostra, e Andrea Malacarne, numero uno della sezione ferrarese, ma pare che ormai questo semplice assunto sia diventato un tabù. Molto meglio spendere i 3,5 milioni di euro per recuperare e mettere a sistema gli splendidi edifici storici del “quadriviro dei Diamanti” con i palazzi Prosperi Sacrati, Pallavicino e Turchi-Di Bagno».
Il progetto voluto dal Comune continua a essere difeso dal sindaco di Ferrara Tiziano Tagliani: «I lavori di riqualificazione partiranno come stabilito mentre per il nuovo padiglione decideremo se impugnare la decisione del Mibac o se metterlo da parte. Oppure adeguarci a soluzioni alternative del Ministero che però mi paiono un po’ fantasiose. Non c’era, comunque, alcun ampliamento in atto per Palazzo dei Diamanti, ma un restauro degli spazi esistenti e l’inserimento di un padiglione reversibile nel giardino sul retro, distante dal cortile storico».
Nettamente contrario Vittorio Sgarbi: «Nulla è più importante dell’integrità dell’architettura e dell’urbanistica. La perfezione è incorruttibile quando sia acclarata in un sistema chiuso, anche recente. Vi sono palinsesti che sono integrazione di imperfezioni e meritano un dibattito. Ma i sistemi chiusi e perfetti (pensiamo a piazza dei Miracoli a Pisa) sono, e devono restare, immodificabili».
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