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Griffato Robert de Balkany

Giovanni Pellinghelli del Monticello

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Da Sotheby’s 800 lotti di arti decorative e arte antica dalle collezioni di un celebre connoisseur  

Sotheby’s Parigi, in collaborazione con Leclere-Mdv, presenta il 20 (in asta serale), 28 e 29 settembre (in asta diurna) una delle più importanti dispersioni di collezioni private dell’anno: quella di Robert Zellinger de Balkany, dalla sua residenza all’Hôtel de Feuquières, in rue de Varenne a Parigi. La vendita sarà guidata da Philipp de Württemberg, presidente di Sotheby’s Europa, e Pierre Mothes. 

Oltre 800 lotti illustrano la raffinatezza di quest’uomo d’affari dal gusto, carisma, personalità e talento eccezionali. La sezione dei mobili francesi presenta una suite firmata Bernard Molitor e realizzata per il duca di Choiseul-Praslin: commode (stima 300-500mila euro) e stipo (150-300mila euro), o un medagliere di André-Charles Boulle e Jean Faizelot-Delorme (800mila-1,2 milioni). La predilezione per le pietre dure e semipreziose è testimoniata da uno stipo in pietre dure, ebano, bronzo dorato e argentato, opera romana degli anni 1620, già proprietà personale di papa Paolo V Borghese (stima su richiesta), acquistato nel 1959 dal padre Aladar su consiglio di Robert.

I maestri della pittura antica spaziano dalla ritrattistica alla pittura di storia. Il ritratto, in primo luogo, con un maestoso «Ritratto di Nicola Doria» di Jacopo Tintoretto (200-300mila euro) oppure un enigmatico «Ritratto di Anne-Sophia, contessa di Carnarvon», di Anton Van Dyck, emblematico contributo dell’artista alla ritrattistica inglese (800mila-1,2 milioni) e ancora un’opera su tavola di George Stubbs, il «Ritratto del cane bianco di Lord Gormanston», firmato e datato 1781 (200-300mila euro). Per la pittura di storia ancora Jacopo Tintoretto con un monumentale dipinto con «La Battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571)» (300-500mila euro) e per quella mitologica la seduzione tutta veneziana del «Ratto di Elena» di Antonio Molinari (80-120mila euro).

La più grande passione di Robert de Balkany sono stati però gli orologi: 60 esemplari illustrano il meglio della storia dell’orologeria europea dal XVI al XIX secolo, dai tedeschi Hauckh, Schmidt, Pfaff, Koch al francese Gaudron, di cui è presente l’opera realizzata con André-Charles Boulle (70-100mila euro) o la pendule Reggenza «Jour et nuit» in bronzo patinato e dorato di Abraham Gilbert, altro celebre ebanista francese (500mila-1 milione di euro). Il Settecento è illustrato dall’orologio musicale del londinese Charles Clay (120-180mila euro): un esemplare analogo è nella British Royal Collection. 

Per il XIX secolo la pendule astronomica Impero di Raingo è un tour de force tecnico ed estetico (100-150mila) a cui si affianca l’orologio astronomico in bronzo dorato di François Linke, di fine Ottocento, copia dell’esemplare di 150 anni prima opera di Claude-Siméon Passemant e Jean-Jacques Caffieri, ora nel Palazzo di Versailles (100-200mila).

Per argenti e gioielli, infine, rari pezzi di Antoine-Sébastien Durand realizzati per il duca di Penthièvre e «rimodernati» da Jean-Baptiste-Claude Odiot e Charles Nicolas Odiot per il nipote, il re Luigi Filippo (500-800mila euro), accanto a lavori di Fabergé, Klinkosch, Garrard, Wickert, fra cui tre candelabri di Paul Storr (Londra, datati 1817, 150-200mila euro) realizzati per il secondo conte Talbot (1777-1849).

Giovanni Pellinghelli del Monticello, 10 settembre 2016 | © Riproduzione riservata

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