Marta Paraventi
Leggi i suoi articoliÈ stato pubblicato in lingua italiana «Il museo. Una storia mondiale. III. Alla conquista del mondo, 1850-2020» di Krzysztof Pomian (Varsavia, 1934) l’ultimo dei tre poderosi volumi edito, come i precedenti, da Gallimard in Francia (nel 2022) e in Italia da Einaudi.
In questa monumentale trilogia lo studioso polacco ha delineato, sulla base di una prospettiva storico filosofica, la millenaria evoluzione del museo: dopo averne trattato le origini e gli archetipi approfondendo la storia del collezionismo (I volume: «Dal tesoro al museo») e la nascita dell’istituzione museale moderna nei Paesi toccati dagli ideali dell’Illuminismo (II volume: «L’affermazione europea, 1789-1850», premiato da «Il Giornale dell’Arte» come libro dell’anno del 2022), con il terzo volume Pomian affronta, a partire dall’Esposizione Universale di Londra del 1851 (organizzata da Henry Cole, stretto collaboratore del principe Alberto per cui sovraintese alla nascita del museo di South Kensington poi divenuto il V&A), il museo tra XIX e XX secolo anche alla luce della recente pandemia.
Il volume si apre con la parte «L’Europa occidentale. Dalla prima Esposizione universale alla Prima guerra mondiale»: focus sulla generazione di nuovi modelli di musei, che nel corso del XIX secolo incorporano anche la globalizzazione, accogliendo i prodotti delle società esotiche (già «primitive»), concepiti progressivamente come opere d’arte che a loro volta non mancarono di influenzare le avanguardie europee.
Dall’Europa centrale passando per quella orientale, con la ricca sezione «Impero, nazionalita, modernita. Il museo in Russia, 1719-1914» (con focus, tra gli altri, su Ermitage e Galleria Tret’jakov), l’autore si sofferma poi sulla diffusione del modello di museo europeo in altri continenti, in parallelo alle grandi migrazioni, alla colonizzazione e all’imperialismo, da Calcutta a Lima, passando per Città del Capo e Sydney.
Un’intera parte è dedicata agli Stati Uniti d’America: dall’epopea della Smithsonian ai musei di Boston, New York, Filadelfia e Chicago fino, al MoMa di Alfred Barr, Pomian dedica spazio al ruolo delle donne collezioniste, ampliando il discorso del museo come componente centrale e indispensabile del paesaggio urbano e come tale aperto a nuovi pubblici con moderni criteri espositivi, organizzati dai primi professionisti come P.J. Sachs e J.C. Dana.
Allo scoppio della Grande guerra, il museo è già un fenomeno mondiale: a questo periodo del XX secolo è dedicata la parte «Guerre, totalitarismi, democrazie». Per musei e collezioni private le guerre mondiali sono un periodo terribile: spostamenti, saccheggi, distruzione di opere, restituzione delle stesse a lungo rallentata, quando non bloccata, dalla Guerra fredda e ancora tuttora incompiuta. Se dopo la seconda guerra mondiale si assiste al boom dei musei, l’ultima parte del volume «Un lungo presente. Dal 1945 a oggi» arriva a trattare come la pandemia abbia rimesso in discussione il modello economico basato sulla crescita dei musei in ogni direzione.
E, come ha ricordato anche in un’intervista concessa a «Il Giornale dell’Arte» sui problemi e nuovi orizzonti tracciati dalla pandemia e dalla crisi ambientale e climatica globale, Pomian conclude con questa riflessione: «C’è da temere che non si tratti di una scossa passeggera, e se è così il mondo dei musei dovrà subire nel suo insieme una ristrutturazione profonda, i cui contorni sono ancora poco visibili».
Il museo. Una storia mondiale. Terzo volume. Alla conquista del mondo, 1850-2020,
di Krzysztof Pomian, traduzione di Luca Bianco, Chiara Bongiovanni e Raffaela Valiani, XXIV-656 pp., ill. col. e b/n, Einaudi, Torino 2023, € 95
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