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Veduta del soffitto della Sala Cenacolo dopo il restauro. © Andrea Fasani

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Veduta del soffitto della Sala Cenacolo dopo il restauro. © Andrea Fasani

Il Museo della Scienza Leonardo da Vinci riapre la Sala del Cenacolo

A Milano tornano alla smagliante cromia originaria gli affreschi dell’ex Monastero olivetano di San Vittore, valorizzati anche da una nuova illuminazione

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano riapre al pubblico, restaurata, una delle poche aree dell’ex Monastero olivetano di San Vittore (dove ha sede dal 1953) miracolosamente scampate ai bombardamenti su Milano dell’agosto 1943: in quell’ala, costruita tra il 1709 e il 1712, trovava posto il refettorio dei monaci (detto poi Sala del Cenacolo), interamente decorato con affreschi e stucchi da Giuseppe Antonio Castelli il Castellino», 1655 ca-1724) e da Pietro Gilardi (1677-1733), attivi poi insieme anche nella cupola del Duomo di Monza.
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Al secondo si devono il grande affresco della parete di fondo raffigurante le «Nozze di Cana» (in realtà un grandioso, scenografico, mondanissimo banchetto in cui il miracolo di Gesù s’intravede soltanto, sullo sfondo) e, sulle pareti lunghe, le due figure contrapposte della Vergine e della donna che, dito alle labbra, invita a tacere. Castelli intervenne invece sulla gran parte delle pareti e sulla volta, realizzando quadrature architettoniche con fiori, frutta e ghirlande, e scene bibliche a monocromo, tutte illustranti episodi dell’Antico Testamento legati al tema del cibo: una testimonianza rarissima del gusto del Barocchetto lombardo applicato a temi sacri.

Sopravvissuta alle bombe, la Sala del Cenacolo aveva però subito più d’un affronto nel corso dei secoli. Le soppressioni napoleoniche colpirono il Monastero olivetano, che nel 1806 diventò ospedale militare, poi caserma delle Voloire (artiglieria a cavallo): il pian terreno divenne stalla, la Sala affrescata dormitorio e poi magazzino del vestiario.

Tutte destinazioni che ne danneggiarono la decorazione, restaurata tre volte dopo la guerra (nel 1947 dal pittore Arturo Cestari; nel 1952, più felicemente, in vista dell’inaugurazione del museo di cui sarebbe stata la sala conferenze, dal restauratore Ottemi della Rotta e nel 2004, parzialmente, con un cantiere pilota della Soprintendenza): era tuttavia necessario un intervento globale che rimuovesse le efflorescenze saline frutto di vecchie infiltrazioni, cancellasse la generale tonalità giallastra e ponesse ordine ai diversi restauri del passato, mentre il Comune di Milano, proprietario dell’immobile, provvedeva al risanamento delle coperture e delle superfici esterne. Così è stato in questo 2023, grazie a Fimesa e alla famiglia Sordi, che hanno sostenuto i lavori in memoria di Roberto e Silvio Preti.
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L’intervento attuale, condotto da Vanda Franceschetti e Matteo Pelucchi di concerto con la Soprintendenza (Emanuela Carpani, soprintendente, e Paola Strada), preceduto da approfondite indagini diagnostiche e da ricerche storico-artistiche condotte da Stefano Bruzzese, ha posto rimedio ai gravi danni delle pitture che, evidenzia la Soprintendente, «risultavano compromesse da lacune, infiltrazioni d’acqua, depositi di particellato atmosferico e materiali non idonei o ormai alterati, dovuti ai restauri precedenti. Ora lo sguardo del visitatore torna finalmente a leggere sulle superfici la gamma di colori chiari e luminosi, l’originalità dell’iconografia della composizione sulla grande parete e pure le scene “minori” riquadrate nelle porzioni più alte del grande ambiente».

Spettacolare l’esito del restauro, che consegna al Museo diretto da Fiorenzo Marco Galli e, dal 15 novembre, all’intera collettività, uno spazio di grande qualità artistica e di altrettanta importanza storica, che ha ritrovato la smagliante cromia originaria, le ricche dorature e i suoi teatrali controluce, enfatizzati dalla nuova illuminazione realizzata da Erco.

Ada Masoero, 14 novembre 2023 | © Riproduzione riservata

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