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Francesca Romana Morelli
Leggi i suoi articoliNel 1920 su «Emporium» Francesco Sapori, commentando gli artisti della Biennale veneziana, elogia Giovanni Guerrini per essere uno dei pochissimi litografi che all’epoca onorano l’Italia; le sue composizioni, osserva, sono «larghe di taglio, impeccabili di disegno, vivono di particolari, come un angolo di bosco o come uno specchio d’acqua, che sono i suoi fondi preferiti».
Agli anni tra il 1908 e il 1928 dedica una raffinata mostra Simone Aleandri, curata da Francesco Parisi e con un testo in catalogo di Carlo Fabrizio Carli, studioso di lungo corso dell’artista. «Giovanni Guerrini, tra Preraffaellismo e Liberty» raggruppa fino al 30 giugno una trentina di litografie e oltre 60 disegni, diversi per tecnica e formato. È esposto anche un grande olio della moglie Alba, per la quale l’artista nutrì un amore esclusivo: insieme a diversi disegni e a due litografie fa parte di un nucleo di ritratti della donna eseguito tra il 1911 e il 1914.
Artista poliedrico, Guerrini (1887-1972) è stato pittore, incisore, dedito alle arti applicate e architetto (ideò, con Bruno E. La Padula e Mario Romano, il Palazzo della Civiltà Italiana all’Eur). La solida formazione Beaux-Arts lo portò a prediligere la litografia nella fase giovanile. La mostra allinea tutti i suoi fogli più importanti, esposti alle Biennali venete e alla Prima Mostra del Novecento Italiano, organizzata da Margherita Sarfatti nel 1926.
Spicca, infine, un originale autoritratto a pastello (1908), che riprende un’iconografia coltivata dal cenacolo faentino frequentato da Guerrini: il volto di tre quarti, lo sguardo profondo e acuminato rivolto verso l’osservatore, al collo il cravattino alla Lavallier, indossato dagli anarchici e dagli artisti bohémien.

Giovanni Guerrini, «Autoritratto con fiocco alla Lavallier», 1908 (particolare)
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