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Luana De Micco
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L’architettura al servizio dei senzatetto e dei bisognosi: parliamo della Cité du Réfuge, un edificio che resta poco noto pur portando la firma di Le Corbusier. Chi passa in rue Chevaleret, nel 13mo arrondissement, non può non riconoscere la mano dell’architetto (La Chaux-de-Fonds, 1887-Roquebrune, 1965), il maestro del Modernismo la cui opera è diventata a luglio Patrimonio mondiale dell’Umanità.
Tra i 17 siti iscritti alla lista dell’Unesco, sei sono in Francia, tra cui la Villa Savoye, a Poissy, la Cité Radieuse di Marsiglia e la cappella Notre-Dame-du-Haut, a Ronchamp. La cité du Réfuge, che è monumento storico dal 1975, non è tra questi.
Il restauro, completato di recente, era stato lanciato nel 2007. Da questa estate ospita 286 persone in difficoltà, poveri, donne sole e disabili. La Cité è stata costruita a partire dal 1930 su progetto di Le Corbusier, pseudonimo di Charles-Édouard Jeanneret, per l’Armée du Salut su domanda e grazie ai fondi della principessa Edmond de Polignac, che vi voleva impiantare i servizi sociali dell’organizzazione umanitaria, fondata nel 1865 a Londra. Si trattava di creare «un luogo dove tutti i miserabili, il vagabondo, il girovago, lo stanco, il disperato, il morto di fame, il senzatetto, il senza fede, il senza dio, potrà venire con la certezza di essere accolto», aveva detto all’epoca l’allora direttore dell’Armée du Salut, Albin Peyron. Fu inaugurata nel 1933.
L’edificio, rivoluzionario per l’epoca, anticipa l’Unité d’Habitation marsigliese (1947-52) dando forma all’idea di residenza collettiva, con spazi comuni e stanze compatte, pratiche, soleggiate, luminose, e tra le prime dotate di aria condizionata. «La Cité fu uno degli edifici più grandi aperti nel corso del XX secolo per accogliere coloro che all’epoca venivano chiamati indigenti. Da allora, la sua missione non è cambiata.
Ma i locali erano diventati vetusti e inadatti», ha dichiarato Christophe Piedra, direttore della Cité du Réfuge. Sono stati restituiti i colori alla facciata, i dormitori trasformati in stanze individuali e ricavati appartamenti per famiglie. Anche se non è un museo, si può visitare in certi orari e con visite guidate, realizzate dagli stessi residenti che un team di architetti forma appositamente.
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