Roberta Bosco
Leggi i suoi articoliIl gigantesco lampadario in vetro di Murano si accende all’entrata del pubblico, illuminando la sala immersa nell’oscurità. La luce lampeggia come se ci fossero problemi di elettricità, ma in realtà sta trasmettendo un messaggio in codice Morse, tratto dal saggio La part maudite di Georges Bataille, pubblicato nel 1949. Si tratta di «Arcobaleno», l’opera dell’artista gallese Cerith Wyn Evans che apre l’affascinante mostra «Top secret. Cinema e spionaggio», aperta al CaixaForum Barcellona fino al 17 marzo 2024.
L’installazione, che collega il visibile con l’invisibile, introduce il visitatore in un universo sospeso tra realtà e fantasia, che ripercorre da una prospettiva inedita un secolo di relazioni tra il cinema, l’arte e lo spionaggio, tra storia e fiction, elementi di scena e tecnologie reali, da Mata Hari a Carrie Mathison, passando per James Bond ed Edward Snowden. In mostra, selezionati da Alexandra Midal e Matthieu Orléan de La Cinematèque française, circa 270 pezzi provenienti da 30 collezioni, tra cui oggetti del mondo del cinema e dello spionaggio, manifesti originali, costumi, documenti, fotografie, installazioni, video e spezzoni di 90 film.
Il percorso illustra la storia delle tecniche utilizzate dagli agenti dei servizi segreti (soprattutto grazie agli archivi della Stasi, declassificati dopo la caduta del Muro di Berlino), nonché le loro rappresentazioni cinematografiche, la nascita del mito della spia moderna durante la Guerra Fredda (principalmente attraverso il personaggio di James Bond) e la sua evoluzione in relazione alle trasformazioni geopolitiche degli anni Settanta e, infine, la comparsa di nuove forme di spionaggio e del concetto di sorveglianza diffusa, in seguito alla comparsa di internet.
Risulta particolarmente interessante la prospettiva di genere attraverso la quale viene trattato il ruolo delle donne nei servizi segreti e l’importanza che avrebbero avuto in una società paritaria e non maschilista. È paradigmatico il caso di Hedy Lamarr, attrice dell’epoca d’oro di Hollywood, che inventò un sistema rivoluzionario, precursore del Gps, del Wi-Fi o del Bluetooth. «Il brevetto dell’invenzione, che permetteva di monitorare a distanza la traiettoria di un missile, fu registrato nel 1942 e offerto all’esercito statunitense come appoggio nella lotta contro il nemico nazi. Lo stato maggiore rifiutò un sistema che veniva dal mondo dello spettacolo senza neanche prenderlo in considerazione, salvo utilizzarlo nel 1962, tre anni dopo che il brevetto diventasse di dominio pubblico, senza pagare i diritti agli eredi», puntualizza Alexandra Midal, ricordando che se artiste come Marlene Dietrich o Josephine Baker furono spie sullo schermo e nella vita reale, Hedy Lamarr si limitò al cinema.
Come in un’elegante e misterioso gabinetto delle curiosità, sono esposti numerosi oggetti originali provenienti sia dai servizi segreti sia dal cinema: da una stazione di reprografia del Kgb a mini telecamere automatiche, passando per monete con scomparti segreti per microfilm, falsi dischi in vinile realizzati con i raggi X per trasmettere messaggi nascosti nella musica e oggetti multifunzionali, tra cui scarpe da uomo con una lama d’acciaio nel tacco, una pipa, un braccialetto e un rossetto con un proiettile a dardo, abiti double-face per dileguarsi durante gli inseguimenti e maquillage con relative istruzioni per cambiare fisionomia.
Ogni sezione è arricchita da opere d’arte, tra cui il ritratto di Mata Hari interpretata da Greta Garbo realizzata da Andy Warhol, due opere della serie «L’hotel» di Sophie Calle, l’installazione «Casino Royale (Sculpture de Voyage)» di Rodney Graham, omaggio al primo romanzo di James Bond, litografie di David Lynch e una serie di stampe di Walid Raad. La mostra si conclude con opere ispirate al ciberspionaggio, come un’installazione sull’analista militare transgenere Chelsea Manning, una serie di immagini cromogeniche di Trevor Paglen sulle attività militari segrete (e a volte illegali) e una piattaforma interattiva 3D di Forensic Architecture che denuncia le intercettazioni telefoniche ad attivisti, giornalisti e difensori dei diritti umani attraverso il programma Pegasus. Successivamente la rassegna si trasferirà nei CaixaForum di Saragozza (26 aprile-25 agosto 2024), Siviglia e Valenza.
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