Michela Moro
Leggi i suoi articoliDal 31 marzo al 3 aprile i corridoi di Miart sono stati popolati da un flusso costante di visitatori: buon segno, peccato che FieraMilano per tradizione non fornisca dati di ingresso come le altre fiere, perché sicuramente i buoni risultati avrebbero avuto un riscontro numerico. La disposizione su un piano con le gallerie emergenti all’ingresso ha premiato, così come mescolare arte e design e contemporaneo con moderno.
Le ricognizioni compiute da «Il Giornale dell’Arte» giovedì e domenica hanno portato agli stessi risultati: tutti soddisfatti, buone vendite. Qualcuno, come la giapponese Misako and Rosen, ha addirittura venduto il 90% dello stand. È stato un Miart tirato a lucido anche fisicamente, dai pavimenti al soffitto dipinto di nero con nuove strutture per le luci. Dettagli che non si vedono ma si «sentono» e che rendono tutto più gradevole.
«Sono molto soddisfatto per la bella energia negli stand e per le facce sorridenti dei galleristi. Filo conduttore è stato la gran voglia di tornare alla normalità, con stand da grandi occasioni e non più il freno tirato di settembre 2021, ultima edizione di Miart, dice il direttore Nicola Ricciardi. Fare una fiera in sei mesi non lo auguro al mio peggior nemico, però ha pagato, era importante tornare alla normalità del calendario: i galleristi finalmente possono dopo anni programmare le proprie fiere secondo un calendario più tradizionale. Ci sono stati molti collezionisti e sono tornati gli stranieri. Siamo andati tre volte in overbooking con le camere, volevano venire tutti. Con Cristina Raviolo, responsabile dei collezionisti, abbiamo lavorato a un programma di progetti collaterali. Per esempio un gruppo prima di venire in fiera è andato a vedere il Cenacolo, guardi una cosa bellissima che non puoi comprare e poi vieni qua, lo stesso per la Pinacoteca di Brera. Per me non esisterebbe Miart senza Milano, sono veramente fortunato a fare una fiera in questa città dove le sinergie si vedono: ci abbiamo lavorato sei mesi e tutte le istituzioni hanno risposto. Ero felice di vedere la signora Prada all’opening dell’Hangar Bicocca, è un segno di grandi sinergie con la città, tra istituzioni e con Miart, grazie anche all’assessore Tommaso Sacchi».
Soddisfatta Lisa Offermann di LC Queisser, Tbilisi, Georgia, galleria emergente, che afferma: «Abbiamo l’aria dimessa per la stanchezza, ma siamo molto contenti; siamo qui con un solo show di Ketuta Alexi-Meskhishvili che abbiamo venduto bene, le opere erano intorno ai 3.500 euro, una è stata acquistata dal Fondo di Acquisizione di Fondazione Fiera Milano».
Accanto a loro, FANTA/Felix Gaudlitz che, con uno stand non facile, ha riscosso un buon successo con Jason Hirata e Tanja Widmann.
Vistamare ha portato i suoi classici artisti, tra i quali Mario Airò con «Aurora» 2003-16, comprata dal Fondo di Acquisizione Fiera Milano «Cerchiamo sempre di fare dei progetti, piccole mostre allestite. In questo caso un rimando alla mostra in galleria: “Le voci della sera”, dice Lodovica Busiri Vici. Abbiamo una nuova galleria in via Spontini e ci sono Claudia Comte, Anna Franceschini, Rosa Barba. C’è anche una sorta di spartifila di Lorenzo Scotto di Luzio che invita il visitatore a entrare e visitare lo stand. I prezzi vanno da 4mila a 300mila euro per Spalletti. È un momento in cui il suo lavoro dev’essere protetto e quindi non portiamo pezzi commerciali, ma di un certo peso. Ho visto un collezionismo vivace, con molti stranieri che si sono trasferiti a Milano».
Giò Marconi fa parte del Comitato della fiera: «Ho avuto un anno di stop, ma sono felice di essere tornato post pandemia nel comitato perché penso che Miart sia la fiera più importante d’Italia, anche per l’offerta mista e non separata tra storico e contemporaneo. Ho portato Luise Nevelson perché sono 60 anni dalla sua presenza alla Biennale di Venezia e ritorna alla Biennale quest’anno. Poi opere di Baj del ‘60-61, la serie dei mobili e degli specchi. Ho dato anche un titolo allo stand: “Rock and Home”. I prezzi vanno da 65mila a 225mila euro e per essere giovedì ne ho già venduti».
Anche Florian Lüdde, della galleria ChertLüdde di Berlino, che fa parte del Comitato, è soddisfatto: «Non è la prima volta per noi. La scelta degli artisti è un misto tra artisti conosciuti e qualcuno di nuovo. Abbiamo molti collezionisti italiani. Mi sembra che ci sia una bella atmosfera e presentazioni ricercate. Abbiamo venduto. Presentavamo Monia Ben Hamouda, scultrice milanese che lavora con forme che ricordano la calligrafia araba e con il colore, che in realtà sono spezie; Patrizio di Massimo, un pittore figurativo italiano che lavora da tempo a Londra; Gabriel Chaile, artista argentino che avrà un’enorme presentazione alla Biennale di Venezia. Sono pentole che vengono dalle cucine popolari argentine che ha scambiato con delle pentole nuove, contengono la storia di chi le ha utilizzate».
È un successo che parte da lontano: in tempi non sospetti Emanuela Forlin, Exhibition Manager di Fiera Milano chiese a un gruppo di galleristi come mai le grandi gallerie non erano presenti a Miart. Artissima lasciava degli spazi e Miart iniziò a cambiare. Divenne direttore Frank Boehm, architetto, con una visione, che accettò la sfida. L’anno successivo si è deciso di prendere Vincenzo de Bellis, poi Rabottini e Ricciardi.
«Abbiamo la grande forza di avere una città che sta diventando interessante agli occhi di tutti, e anche molta arte moderna, che grazie a Alberto Salvatori è ben integrata con il contemporaneo, dice Francesca Kaufmann. Noi abbiamo fatto un focus sulle artiste che saranno alla Biennale di Venezia, come Latifa Echakhch che rappresenterà la Svizzera e Simone Fattal che è nella mostra di Cecilia Alemanni. Ci sono molte donne perché è nel nostro DNA, ma ci sono anche Gianni Caravaggio e Adrian Paci. C’è Corita Kent, la mitica suora che negli anni ’50 iniziò a fare delle serigrafie ispirata da Warhol e che si batteva per il Vietnam e la pace, venne cacciata dall’ordine e adesso a Los Angeles stanno creando un museo per lei»; con prezzi da 5mila dollari per Corita a 120mila per Latifa Echakhch, il successo dello stand è stato confermato domenica da Astrid Welter.
Francesco Pantaleone è una storica presenza a Miart. «Facciamo Miart dal 2008, quando Milovan Farronato fu invitato a rilanciare il Miart contemporaneo. Noi siamo qui dalla prima ora e abbiamo contribuito alla rinascita di questa fiera che non era quello che è oggi. Ogni anno è un momento di festa e d’incontro con i collezionisti che ci seguono e che sono curiosi di vedere che cosa abbiamo. Abbiamo venduto Stefania Galegati prima di aprire lo stand, poi abbiamo Per Barclay con cui lavoriamo dal 2010, un artista norvegese con un animo un po’ siciliano perché ha fatto tanti progetti in Sicilia».
Per M+B, Los Angeles, parla Benjamin Trigano: «Volevamo fare qualcosa in Europa e abbiamo scelto Milano che sembra avere un buon momento, quindi siamo venuti per capire il clima. Presentiamo Eva Beresin, di cui abbiamo fatto un grande show e che abbiamo venduto molto bene. Abbiamo già qualche collezionista italiano, ma siamo qui per conoscerne altri. Avevamo fatto Artissima anni fa, poi ci siamo concentrati su fiere americane, molti Basel, e questa è la prima fiera europea che facciamo da tempo», con prezzi tra 25mila e 250mila euro sono soddisfatti delle vendite e di domenica avevano ancora un pezzo riservato per 30 minuti, come ai vecchi tempi.
«Siamo stati sorpresi dall’alto livello, dice Valeria Shäfer Curina di König Galerie, con tantissimi italiani interessanti. È il nostro secondo Miart, ma non venivamo da tre anni. Ovviamente abbiamo presentato Elmgreen&Dragset, che sono già in città; i lavori di Tue Greenfort, che sarà presente alla Biennale di Venezia, come anche Bosco Sodi, e Monica Bonvicini che ha appena aperto da Cortese, una selezione classica dei nostri artisti con maggior presenza in Italia. I prezzi: da 5mila a 150mila euro».
Chiara Zoppelli, della galleria Schiavo Zoppelli, nota come nei giorni ci sia stato un ottimo passaggio, costante e ben distribuito: «Sono tutti più disposti al dialogo e molto interessati, c’è più calma. Noi abbiamo esposto due artisti, Salvatore Arancio, artista catanese classe 1970, e Andrea Sala, con prezzi calibrati, da 4mila a 14mila (più iva),che ci hanno premiato».
Sul fronte dei collezionisti che si aggiravamo numerosi tutti i giorni abbiamo preso a paradigma Rosario Bifulco, presidente di Finarte, che già giovedi aveva comprato Patrizio di Massimo da ChertLüdde, Raul de Nieves da Apalazzo e un altro lavoro da SpazioA, un buon segno per Miart.
Anche in questa edizione sono stati assegnati i Premi e gli acquisti del Fondo di Acquisizione Fondazione Fiera Milano.
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