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Per la barba di Tutankhamon

Francesco Tiradritti

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Alcune fotografie che mostravano un maldestro restauro alla maschera in oro di Tutankhamon hanno cominciato a circolare di recente in rete destando l’allarme di egittologi e appassionati. In molti hanno creduto si trattasse di un montaggio ottenuto attraverso in programma di modifica di fotoritocco. Purtroppo non è così. In una recente visita al Museo Egizio del Cairo ho potuto constatare che l’approssimativo intervento risponde purtroppo a realtà. A causa di lavori di manutenzione all’illuminazione della vetrina, effettuata nello scorso agosto, la barba si era distaccata dalla maschera.

Dopo un fallito tentativo di rimetterla a posto, ne è stato deciso l’incollaggio con colla epossidica, le cui doti di estrema resistenza la rendono ideale per pietra e metalli non preziosi. La necessità di non tenere troppo a lungo lontano dalle sale espositive il celeberrimo reperto ha motivato un intervento affrettato e approssimativo. La quantità di colla utilizzata si è dimostrata eccessiva ed è ora visibile soprattutto nella parte destra tra il mento e l’attaccatura della barba che risulta di poco inclinata in avanti e verso sinistra. Il restauratore tedesco Christian Eckmann, al Cairo per occuparsi della conservazione di altri oggetti preziosi del tesoro di Tutankhamon, ha avuto modo di esaminare l’intervento e nel corso di una conferenza stampa ha assicurato che è reversibile anche se comporta un’operazione estremamente delicata.

Per il momento le autorità egiziane hanno deciso di rinviare il difficile restauro a quando la maschera, insieme a tutti gli altri oggetti provenienti dalla tomba di Tutankhamon, sarà trasferita al Grand Egyptian Museum (Gem) di Giza, informazioni che ho avuto nel corso di una conversazione con Mahmud El-Haluagy, il direttore del Museo Egizio del Cairo. In quell’occasione gli ho domandato che cosa avesse in mente per la sede del museo di Midan El-Tahrir. «Sono molti i progetti che riguarderanno la sede storica del Museo Egizio, ha risposto. Nel dicembre scorso ne è stato lanciato uno finanziato da Suez Cement (associata del gruppo Italcementi) che prevede la riqualificazione delle sale. Per il momento è in fase di completamento il recupero della decorazione originale nella sala 30 del primo piano da dove ha inizio l’esposizione della collezione proprio di Tutankhamon. Stiamo anche lavorando a una maggiore professionalizzazione dei curatori il cui numero in questi ultimi anni si è notevolmente accresciuto».

Quali sono i maggiori problemi che vi trovate ad affrontare? Il Museo del Cairo non rappresenta soltanto l’antica cultura egizia, ma anche quella contemporanea. Siamo afflitti da una crisi economica che, soprattutto nel caso di monumenti e antichità, è una diretta conseguenza di un drastico calo del turismo. Stiamo studiando iniziative che riportino visitatori in Egitto, ma l’attuale situazione politica internazionale non ci è d’aiuto. Le parole di Mahmud El-Haluagy trovano conferma nella visita che compio subito dopo l’incontro. Le sale sono quasi del tutto vuote. Ho sempre trovato fastidiosa la massiccia presenza dei turisti. Oggi mi rendo però conto di quanto servisse a dare un’anima al Museo Egizio del Cairo e agli altri monumenti egiziani dove si circola in questi giorni in una beata ma mesta e quasi completa solitudine.

Francesco Tiradritti, 08 marzo 2015 | © Riproduzione riservata

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