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Pittura in musica, scultura di colore

Pittura in musica, scultura di colore

Federico Florian

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Massimo Minini, che al di là dei suoi lontani esordi nell’ambito del giornalismo d’arte non ha mai perso la sua passione per la parola scritta, offre forse la descrizione più poetica ed essenziale del lavoro dell’artista americano Landon Metz: «La tela bianca è occupata da segni, serpenti piatti e larghi, o grosse note musicali. Tra una campitura e l’altra c’è un silenzio, come tra le note di John Cage. Le opere sono rarefatte ed anche le parole che tentano di spiegarle devono esserlo». 

Un carattere silente, minimale accompagna i lavori di Metz, classe 1985, nato in Arizona ma trapiantato a New York. È proprio a questo artista che la galleria bresciana, insieme alla milanese Francesca Minini (rispettivamente dal 24 e dal 21 gennaio, fino al 10 marzo), dedicano una doppia personale. Nella galleria di Brescia sono in mostra tre serie di lavori. Innanzitutto le note costellazioni di tele accostate le une alle altre con le medesime forme ripetute, sinuose campiture di colore verde scuro e blu indaco dipinte sopra la tela bianca: una riflessione su differenza e ripetizione, innescata dall’aspetto seriale dei lavori, tutti in realtà disegnati e colorati a mano.

Tra le altre opere, due tipologie di sculture: strutture composte dall’accostamento di due telai in legno, su cui sono disposte diverse tele colorate a creare forme quadrangolari, e sculture che riproducono tridimensionalmente le impronte che macchiano le tele della prima serie.

A Milano le «sculture di colore», così come le chiama Metz, rappresentano il progetto preponderante: cristallizzazioni di pigmento nate dalla combinazione di due telai spuntano come stalagmiti e stalattiti dal pavimento e dal soffitto della galleria, quasi ad affermare l’«inevitabilità» di tali forme nello spazio.

 

Federico Florian, 14 gennaio 2016 | © Riproduzione riservata

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