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- Luana De Micco
- 14 ottobre 2016
- 00’minuti di lettura


Una bizzarria che rompe le categorie
- Luana De Micco
- 14 ottobre 2016
- 00’minuti di lettura
Luana De Micco
Leggi i suoi articoli«La composizione di questo trio può apparire bizzarra», comincia con il dire Patrick de Carolis, direttore del Musée Marmottan-Monet, fino al 22 gennaio sede della mostra «Hodler, Monet, Munch. Dipingere l’impossibile».
Il museo parigino riunisce così tre figure centrali dell’arte, vissute tra la seconda metà dell’800 e il primo ’900: nell’ordine, uno svizzero (1853-1910), un francese (1840-1926) e un norvegese (1863-1944), tradizionalmente inseriti in correnti diverse (Simbolismo, Impressionismo ed Espressionismo) e che «non si sono mai neanche incontrati». Eppure hanno più di qualche punto in comune. Il curatore Philippe Dagen parte da una nota citazione: «Ho riprodotto cose impossibili: l’acqua con l’erba che ondeggia sui fondali… uno spettacolo da vedere, ma una follia da riprodurre».
La frase è di Claude Monet, che dipinse il tramonto sulle scogliere di Étretat, ma a pronunciarla sarebbero potuti essere anche Ferdinand Hodler, che si ostinò a studiare i riflessi del sole sulle creste delle Alpi, ed Edvard Munch, che sfidò con i pennelli la notte boreale. L’obiettivo della mostra è proprio di rompere le «categorie» della storia dell’arte.
I temi scelti sono l’acqua, il sole, la neve e l’alta montagna e i lavori dei tre pittori sono studiati l’uno accanto all’altro. Il Munchmuseet di Oslo ha prestato «Il sole» (1912) e «Tempo di neve nel viale» (1906). Un nucleo di tele di Hodler arriva da collezioni private svizzere, tra cui «Il lago di Thun con la catena dello Stockhorn» (1904). Del Marmottan sono «Paesaggio della Norvegia» (1895) e «La barca» (1890) di Monet.