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Una Predella speciale per Urbani

Finalmente accessibili gli scritti sulla conservazione preventiva

Redazione GdA

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È da poco uscito il numero 38 di «Predella», la rivista fondata nel 2001 e diretta da Gerardo de Simone e Emanuele Pellegrini. Un numero speciale interamente dedicato alla figura di Giovanni Urbani e ai suoi inascoltati lavori di ricerca sulla conservazione preventiva e programmata del patrimonio artistico in rapporto all’ambiente. Costituita da ben 24 documenti, la rivista è accessibile gratuitamente online (www.predella.it).

Ne parliamo con Bruno Zanardi che ha curato lo speciale e che ha sempre lavorato perché la lezione di Urbani non morisse con lui. 

Professor Zanardi, com’è nato questo numero speciale di «Predella»?
Gerardo de Simone e Emanuele Pellegrini avevano pubblicato un instant book sul terremoto nell’Italia Centrale. Dai gravi ritardi nell’azione di tutela che quella tragedia ha evidenziato è nata l’idea di affiancargli un altro numero dedicato al pensiero offeso di Giovanni Urbani.

Perchè pensiero «offeso»? 
Nel senso che se le indicazioni tecnico scientifiche e organizzative dei due grandi lavori di ricerca sulla conservazione preventiva e programmata prodotti dall’Istituto Centrale del Restauro di Urbani, il «Piano pilota dell’Umbria» (1976) e il piano su «La protezione del patrimonio monumentale dal rischio sismico» (1983), fossero state accolte e divulgate dall’Università e dal Ministero, e non avversate, e quindi offese, come invece è accaduto, oggi avremmo un patrimonio artistico e un ambiente infinitamente meglio conservati. Avremmo cioè un’Italia migliore.

Non poteva essere l’Istituto Centrale a ripubblicare quei Piani? 
Poteva e doveva farlo. Ma l’Icr, dopo essere stato con Brandi, Rotondi e Urbani una delle poche eccellenze scientifiche che l’Italia poteva vantare nel mondo, da alcuni decenni è un triste deserto a cui è stato cambiato perfino il nome: da Istituto Centrale per il Restauro a Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro. Una farsa.

E l’università?
Vada a vedere in quante università gli scritti di Urbani sono adottati come libri di testo e ne tragga le conclusioni.

Li studiano ai corsi di restauro universitari e delle accademie?
Quelli che chiamo «disoccupatifici» sono quasi tutti nati senza una biblioteca, per cui quand’anche i libri di Urbani fossero adottati, gli studenti dovrebbero cercarli su Amazon. Oltre a essere privi spesso anche di laboratori scientifici, sono diretti da figure che non hanno mai fatto un restauro con le loro mani. Il disastro avviene nel più completo silenzio del Cun.

In questo contesto quale significato assume il numero 38 di «Predella»?
Rappresenta il tentativo di opporsi a tutto ciò. In primo luogo divulgando una lunga serie di indicazioni in positivo circa il molto che ancora si potrebbe fare. In secondo luogo facendo capire a chi non sa perché nel mondo della conservazione materiale del nostro patrimonio artistico regnano sovrani dilettantismo, improvvisazione estetica e statalismo burocratico.

E la politica?
Sembra essersi risvegliata. Il progetto Casa Italia va nella direzione della conservazione del patrimonio in rapporto all’ambiente. Nello stesso verso muove il neonato gruppo di lavoro per la redazione delle linee guida del quinto comma dell’articolo 29 del Codice dei Beni culturali. Restano però da superare l’enorme ritardo culturale e l’immensa confusione che governano il mondo della tutela. Entrambi si sarebbero potuti evitare studiando e mettendo in atto la lezione di Urbani.
 

Redazione GdA, 09 luglio 2017 | © Riproduzione riservata

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