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Una veduta del Complesso di Santa Maria Ausiliatrice a Castello, Venezia

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Una veduta del Complesso di Santa Maria Ausiliatrice a Castello, Venezia

Biennale Architettura 2025 • Il Padiglione-parabola della Santa Sede

È stato presentato oggi, 9 aprile, il progetto «Opera aperta» nel Complesso di Santa Maria Ausiliatrice: «un laboratorio attivo di intelligenza umana e comunitaria che mette in comune ragione e affetto»

Una squadra soprattutto al femminile per dare seguito alle parole di Papa Francesco affidate all’enciclica Laudato si’. A spiegarlo è stata Giovanna Zabotti, curatrice, insieme a Marina Otero Verzier, del Padiglione della Santa Sede che prenderà parte, ed è la prima volta, alla 19ma Mostra internazionale di Architettura della Biennale di Venezia dal 10 maggio al 23 novembre (anteprima su invito 8 e 9 maggio). 

Il Dicastero per la Cultura e l’Educazione del Vaticano ha voluto che il Complesso di Santa Maria Ausiliatrice a Castello, poco lontano dai Giardini, un complesso che affonda le sue origini nel XII secolo come ospizio per ospitare i pellegrini diretti in Terrasanta, poi divenuto un ospedale, diventasse per questa occasione un’«Opera aperta». Un padiglione concepito come «un cantiere, ha spiegato alla presentazione del progetto avvenuta oggi, 9 aprile, il cardinale José Tolentino de Mendonça, come un processo in corso a cui tutti sono invitati a collaborare. Allo stesso tempo in cui si riparano i muri e i dettagli architettonici dell’edificio, si ripareranno anche le relazioni di vicinato e l’ospitalità intergenerazionale, ricostruendo simultaneamente lo spazio fisico e lo spazio sociale. Il nostro desiderio è che questo padiglione-parabola possa dare espressione concreta, nel campo dell’architettura, alle intuizioni profetiche contenute nell’enciclica Laudato si’, un magnifico testo religioso, ma anche un manifesto culturale e politico. Il padiglione è chiamato a diventare un laboratorio attivo di intelligenza umana e comunitaria, mettendo in comune ragione e affetto, professionalità e convivialità, ricerca e vita ordinaria».

A questo progetto in divenire per tutta la durata della Biennale stanno collaborando due tra i più significativi studi internazionali di architettura, la cui specializzazione è proprio nell’approccio in chiave di costruzione responsabile e cura collettiva: Tatiana Bilbao Estudio, con sede a Città del Messico, e Maio Architects di Barcellona. Santa Maria Ausiliatrice, di proprietà del Comune di Venezia, ma affidata in comodato alla Santa Sede per attività culturali e sociali per quattro anni, sarà dunque per la durata della Biennale non solo un cantiere di restauro, ma un luogo di confronto, attorno al tavolo da pranzo, ma anche lanciando l’invito, aperto a chiunque, a suonare il pianoforte messo a disposizione di tutti. Tante le professionalità chiamate a partecipare a questo progetto aperto alla comunità, dai cuochi ai musicisti, oltre che naturalmente architetti e restauratori, con la partecipazione degli studenti, tante le tecniche tradizionali locali di cui si mira a conservare le competenze, legate al recupero di materiali diversi, come il marmo, lo stucco o il legno, tante le realtà di Venezia, poco visibili, come le associazioni che parlano di solidarietà e di promozione sociale. Un progetto che mira a «offrire una visione di speranza per il futuro dell’architettura», ha sottolineato Zabotti.

«“Opera Aperta” è un processo collaborativo che coinvolge un team internazionale e collettivi locali, ha commentato Marina Otero Verzier. Insieme, rivendichiamo la riparazione come pratica creativa e radicale, che trascende la forma architettonica per nutrire comunità, ecosistemi e i fragili legami tra di essi. Rivitalizzando una struttura esistente, valorizziamo le sue crepe e perdite non come difetti da nascondere, ma come aperture verso nuove possibilità. Queste soglie ci invitano a reimmaginare la relazione tra passato e futuro, crescita e decadimento, rottura e rigenerazione. “Opera Aperta” onora le storie stratificate incastonate nel luogo, mentre crea spazio per chi verrà dopo di noi». «La collaborazione fra Intesa Sanpaolo e il Dicastero per la Cultura e l’Educazione, ha concluso Michele Coppola, direttore generale delle Gallerie d’Italia, rappresentando Intesa Sanpaolo, main sponsor del padiglione, nasce da una solida visione comune, che riconosce nell’arte uno strumento straordinario per affrontare le sfide sociali contemporanee. In questa logica, siamo lieti di rinnovare il nostro sostegno al Padiglione della Santa Sede alla Biennale 2025, che proporrà un progetto raccontato anche in un catalogo pubblicato da Allemandi. Dal 1989 Banca Intesa si dedica a un importante progetto di restauro intitolato “Restituzioni”, 2mila finora le opere sul territorio nazionale restaurate. Ci piace pensare al modello scelto per il Padiglione della Santa Sede quasi come un omaggio al nostro programma di “Restituzioni”».

I membri del Tatiana Bilbao Estudio. © Fernando Sanchez

Camilla Bertoni, 09 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

Biennale Architettura 2025 • Il Padiglione-parabola della Santa Sede | Camilla Bertoni

Biennale Architettura 2025 • Il Padiglione-parabola della Santa Sede | Camilla Bertoni