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Elena Franzoia
Leggi i suoi articoliCurata da Sergio Risaliti e Valentina Zucchi, «L’incanto di Orfeo» è la mostra promossa dalla Città Metropolitana di Firenze e organizzata da MUS.E che Palazzo Medici Riccardi dedica fino all’8 settembre a questo mito greco che, già citato dal poeta greco Ibico nel VI secolo a.C., e reso immortale da Euripide nelle tragedie «Ifigenia in Aulide», «Le Baccanti» e «Alcesti», ha attraversato i secoli affascinando, in un crossover pressoché unico nella storia della cultura occidentale, generazioni di pittori, letterati e musicisti.
Una delle interpretazioni più recenti è quella della poetessa contemporanea scozzese Carol Ann Duffy, che in La moglie del mondo (2002, Le Lettere) rilegge finalmente la vicenda dal punto di vista di un’ironica, smagata Euridice. Il palazzo mediceo di via Larga conserva peraltro nel cortile di Michelozzo una delle opere più significative del Rinascimento fiorentino dedicate al mitologico cantore, «Orfeo che incanta Cerbero» di Baccio Bandinelli, realizzata nel 1519 su commissione di papa Leone X.
«A partire dalla presenza emblematica della statua di Bandinelli nel cortile principale del palazzo, scrivono i curatori, e dalla risonanza del mito nella civiltà rinascimentale, moderna e contemporanea, nasce il progetto di mostra dedicato al rapporto secolare tra arte, musica, poesia e filosofia. Orfeo non è solo cantore o musico, ma anche sciamano e psicopompo. Protagoniste di questa mostra sono le opere che rappresentano la figura del cantore, il suo mito, le tristi e tragiche vicende che lo legano a Euridice, all’Ade, al potere del suo canto e alla furia bestiale delle Baccanti».
La mostra presenta circa 60 opere firmate tra gli altri da Tiziano e Rembrandt, Delacroix e Moreau, fino a una contemporaneità qui rappresentata da artisti come de Chirico, Savinio, Melotti, Twombly e Paladino. Le opere provengono da collezioni private e istituzioni pubbliche come Uffizi, Bargello, Louvre, Belvedere e Kunsthistorisches di Vienna e Mart di Rovereto. A un prestito del Mann di Napoli si deve la presenza in mostra di uno splendido rilievo marmoreo neoattico con Orfeo, Euridice ed Hermes che rappresenta il definitivo distacco del mitologico musico dalla sua amata.
Figlio della musa Calliope e capace di incantare con la malia della sua cetra uomini, animali ed esseri inanimati, Orfeo riunisce nella sua figura Apollo e Dioniso, conoscendo un momento di eccezionale fortuna artistica nel ’600, come testimoniano i dipinti di Gherardo delle Notti e del Cavalier d’Arpino. Non a caso infatti il matrimonio avvenuto a Firenze nel 1600 tra Maria de’ Medici ed Enrico IV di Francia fu celebrato a Palazzo Pitti con l’«Euridice» di Jacopo Peri, Giulio Caccini e Ottavio Rinuccini, considerata la prima vera opera lirica, seguita nel 1607 dall’«Orfeo» di Claudio Monteverdi, entrambi ispirati alla quattrocentesca Fabula di Agnolo Poliziano. Di tutto ciò la mostra reca memoria esponendo anche codici e volumi originali a stampa, oltre a filmati e installazioni.

«Orfeo ed Euridice» (1868-69), di Anselm Feuerbach. Vienna, Belvedere