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Veronica Rodenigo
Leggi i suoi articoliVenezia. Edmund de Waal (Nottingham, 1964), scrittore e artista britannico, è noto per i romanzi Un’eredità di avorio ed ambra e La strada bianca (Bollati Boringhieri). Nel primo, la storia della sua famiglia è ripercorsa attraverso le tracce della passione collezionistica per i netsuke giapponesi. Nel secondo emerge invece la predilezione dell’autore per la ceramica, da lui definita «materiale dalla bellezza incomparabile», descritta nel volume attraverso un percorso da Oriente all’Europa.
De Waal appartiene a una famiglia di origine ebraica e in occasione della 58ma Biennale veneziana ha scelto due luoghi emblematici della città per presentare il suo ultimo progetto, intitolato «psalm». Il primo luogo è il Museo Ebraico, nel Ghetto nuovo. Qui de Waal ha allestito la mostra in diversi ambienti (nella parte dello stabile in cui si trova la cinquecentesca sinagoga Canton, una delle sinagoghe del circuito di visita del museo; museoebraico.it).
L’allestimento coinvolge anche un ambiente adiacente l’antico matroneo, che per la prima volta ospita un progetto di arte contemporanea. Si tratta di un’installazione site specific con sette piccole vetrine profilate di bianco, collocate sopra un tavolo e contenenti vasi di porcellana bianca. Altri vasi di porcellana bianca sono posizionati all’interno di nicchie e in piccole teche lungo le pareti in prossimità di questo ambiente.
La seconda parte del progetto espositivo è invece all’interno dell’Ateneo Veneto, dove l’artista ha creato un padiglione: una libreria con 2.000 testi di scrittori esiliati, da Ovidio (confinato da Ottaviano Augusto sul Mar Nero) ai giorni nostri. In questo spazio pensato come luogo di contemplazione e dialogo i testi sono in varie lingue. Alle pareti spicca un altro riferimento alla cultura ebraica: entro le vetrine la disposizione dei vasetti di porcellana s’ispira al Talmud (testo sacro dell’Ebraismo).
Sui muri esterni della libreria, rivestiti di ceramica bianca, de Waal riporta infine l’elenco delle biblioteche perdute: da Ninive ad Alessandria, da Timbuktu ad Aleppo, Mosul e molte altre. Dichiara l’artista: «Questo è il progetto che ho sempre sognato di fare. Riguarda l’esilio, che cosa significa doversi spostare in un altro Paese, parlare un’altra lingua. Comprende nuove installazioni basate sui Salmi e sulla poesia dell’esilio e allestite in alcuni degli spazi più belli del Ghetto. La biblioteca per l’Ateneo è la scultura più significativa della mia vita. Sarà una nuova biblioteca che riflette la storia millenaria di Venezia» da sempre crocevia di lingue, culture, tradizioni.
A fare da corredo all’esposizione è un nutrito programma di letture, dibattiti e conversazioni focalizzati su migrazione, confini e diaspora, con lo scopo anche di riunire esperienze di scrittori contemporanei in esilio e promuovere la conoscenza della traduzione delle loro opere.

La biblioteca all’Ateneo Veneto. © Edmund de Waal. Courtesy l’artista