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Cento anni fa nasceva a Senigallia Mario Giacomelli (1925-2000), grandissimo fotografo ma anche audace sperimentatore di linguaggi artistici e sensibile «poeta»: poeta per immagini, ispirato da testi di autori che gli erano cari, ma poeta «per parole» egli stesso. È a questi suoi talenti che guardano le due grandi mostre, affini e complementari, «Mario Giacomelli. Il fotografo e l’artista» e «Mario Giacomelli. Il fotografo e il poeta», promosse dall’Archivio Giacomelli e curate da Bartolomeo Pietromarchi e Katiuscia Biondi Giacomelli, che si tengono rispettivamente a Palazzo Esposizioni Roma (dal 20 maggio al 3 agosto) e a Palazzo Reale di Milano (dal 22 maggio al 7 settembre). In entrambe le sedi saranno oltre 300 le stampe originali scelte dai curatori per ripercorrere l’intera sua opera secondo quel duplice sguardo, mettendo in luce il ruolo centrale rivestito da Giacomelli nella cultura non solo visiva del ’900.
La mostra di Roma, promossa da Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e Azienda Speciale Palaexpo, mette in dialogo le sue immagini fotografiche con opere pittoriche e grafiche di artisti da lui amati, come Afro Basaldella e l’amico Alberto Burri, le cui ricerche, poste sul crinale che corre tra astrazione e materia, si riverberano sul suo lavoro, specie in camera oscura. A provarlo, in mostra, le serie di suoi paesaggi dagli anni ’50 ai Duemila, mentre le suggestioni dell’opera di Jannis Kounellis segnano le sue serie di segno realista («Verrà la morte e avrà i tuoi occhi», 1966-68; «E io ti vidi fanciulla», 1993-94; «Lourdes», 1957; «Mattatoio», 1960). Non meno evidente la consonanza con l’opera di Enzo Cucchi, marchigiano come lui, con cui condivide la rappresentazione del territorio forgiato dal lavoro umano come luogo identitario. Infine, un dialogo con un maestro della fotografia contemporanea come Roger Ballen, che non ha mai nascosto il suo debito con Giacomelli. Cuore della mostra, la sala-installazione dedicata alla serie «Io non ho mani che mi accarezzino il volto» (1961-63), quella che, con le immagini vorticose e tenere dei seminaristi intenti a giocare, ne decretò il successo internazionale, mentre in apertura e in chiusura trovano posto due spazi immersivi, il secondo dei quai riproduce il suo studio ed espone l’ingranditore e la sua macchina fotografica Kobell.

Mario Giacomelli, «Caroline Branson da Spoon River», 1958. © Archivio Mario Giacomelli

Mario Giacomelli, «Caroline Branson da Spoon River», 1967-73. © Archivio Mario Giacomelli
Anche nella mostra di Milano, promossa da Milano|Cultura e prodotta da Palazzo Reale e Archivio Giacomelli con Rjma progetti culturali e Silvana Editoriale (cui si deve anche il catalogo), le sale tematiche sono incastonate tra due spazi immersivi, l’ultimo dei quali riproduce la sua camera oscura: la vera officina del mago. Il percorso si apre con i cicli «Per Poesie» (anni ’60-’90) e «Favola, verso possibili significati interiori» (1983-84), seguite dalla sezione su «L’Infinito» di Giacomo Leopardi (1986-90) con la serie omonima e con «Presa di coscienza sulla natura» (1976-80), e da quella su «Bando» (1997-99) da Sergio Corazzini. E dopo lo spazio dedicato, anche qui, a «Io non ho mani che mi accarezzino il volto» (1961-63, dalla poesia di padre David Maria Turoldo), ecco l’amore, nelle immagini ispirate ai versi di Vincenzo Cardarelli e di Edgard Lee Master in «Spoon River», seguito dalle immagini scaturite dalla collaborazione con il poeta Francesco Permunian. Due progetti della maturità, «Ninna nanna» (1985-87), ispirata da Leonie Adams, e «Felicità raggiunta, si cammina» (1986-88), dai versi di Eugenio Montale, provano la capacità di sintesi raggiunta in quel decennio da Giacomelli nell’affrontare temi sul significato della vita, mentre si torna alla realtà più dura nell’ultima sala, quella in cui rende un omaggio doloroso alla Calabria di Franco Costabile con «Il Canto dei nuovi migranti» (1984-85).

Mario Giacomelli, «Presa di coscienza sulla natura», 1976-80. © Archivio Mario Giacomelli

Mario Giacomelli, «Scanno», 1957-59. © Archivio Mario Giacomelli