Edek Osser
Leggi i suoi articoliCon il 31 dicembre comincia una nuova fase: scade il termine del Grande Progetto Pompei finanziato dall’Unione europea e dallo Stato italiano, in tutto 105 milioni. L’intera operazione, guidata dal direttore Massimo Osanna, si sta chiudendo con un vistoso successo.
Quei fondi, i risparmi sugli appalti e gli altri man mano aggiunti sono serviti alla «riqualificazione» del sito archeologico ridotto in uno stato di inaccettabile degrado soprattutto dopo il terremoto del 1980, seguito da decenni di interventi mancati e manutenzione trascurata, tra scarsi finanziamenti e periodi di vera mala gestione.
La sofferenza della città museo si era comunque aggravata negli ultimi anni, fino all’inizio della complessa operazione di recupero e messa in sicurezza di tutta la città antica avviata dall’«Intesa Interistituzionale Legalità e Sicurezza» del 2012, ma iniziata in concreto nel 2014.
Il Grande Progetto prevedeva la riduzione del rischio idrogeologico, la messa in sicurezza delle «insulae», il consolidamento e restauro di murature e superfici decorate e quindi l’estensione delle aree e delle domus visitabili e un sistema sicuro di videosorveglianza. Tutti obiettivi raggiunti, dettati dalla situazione di emergenza.
Sono ancora in corso gli interventi previsti nelle insulae 1, 2 e 3 che saranno conclusi nel 2020. In questi anni sono state anche restaurate e aperte o riaperte al pubblico una quarantina di domus, mentre i recenti nuovi scavi, che hanno messo in sicurezza il «fronte scavo» dell’insula 5, hanno messo in luce nuove domus che saranno presto visitabili.
Il futuro «normale» di Pompei è iniziato in realtà nel 2015, quando è stato avviato il progetto di manutenzione programmata che si trasformerà presto in un piano permanente e consentirà di conoscere i problemi di ogni angolo della città e quindi di intervenire in tempo. Nella Pompei rinata comincerà quindi l’era della «manutenzione programmata ordinaria», mentre altri problemi stanno nascendo dal progressivo aumento del numero di visitatori che a fine 2019 saranno circa 4 milioni.
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