Silvano Manganaro
Leggi i suoi articoliIn un tempo in cui anche gli Stati Uniti innalzano muri, rimettendo al centro del dibattito nazionale e internazionale i principi basilari di antirazzismo e integrazione, una mostra come quella organizzata da Sala 1 (lo storico spazio espositivo romano a un passo dalla Scala Santa e diretto da Mary Angela Schroth e Ottaviano D’Egidio) ha il sapore della necessità.
«Storie americane: Stephanie Williams, Naoko Wowsugi, Elizabeth Acevedo» è il titolo dell’esposizione aperta dal 20 marzo al 15 aprile, con l’intento di raccontare le storie di tre artiste residenti a Washington, differenti per origini e formazione ma accomunate dall’attenzione ai temi dell’identità culturale e dell’integrazione negli Stati Uniti d’America.
La curatrice Allison Nance, direttrice del programma International Arts & Artists (IA&A) dell’Hillyer Art Space di Washington, ha strutturato la mostra come una sorta di narrazione a tre voci.
Stephanie Williams presenta l’installazione video «Lingering Survival of the Unfit», un’animazione in stop-motion che trae origine da una ricerca nata dalla necessità di indagare la storia della sua famiglia e delle sue origini filippine.
Naoko Wowsugi è una coreana nata e cresciuta in Giappone ed è arrivata negli Stati Uniti nel 2001 senza conoscere nemmeno una parola di inglese; nel suo lavoro fotografico «Thank You for Teaching Me English» immortala tutte le persone che le hanno insegnato almeno una parola della sua nuova lingua.
Infine Elizabeth Acevedo è una scrittrice, figlia di immigrati domenicani, che ha raggiunto la notorietà in America per il suo pluripremiato romanzo The Poet X: l’autrice riporta in alcuni video la lettura di due sue poesie Afro-Latina e Capelli.
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