Valeria Tassinari
Leggi i suoi articoliGiorno 4
Al risveglio dopo l’Art City White Night, che ha spostato continui flussi di visitatori tra oltre cento eventi espositivi e performativi in città, Bologna si conferma ancora una volta una città accogliente e aperta a tutti i pubblici dell’arte. Immediata la dichiarazione di Elena Di Gioia, delegata alla Cultura della Città Metropolitana, che in un lungo post ha sottolineato come la «grande festa» abbia saputo accendere una città «dove sono state segnate esperienze pionieristiche e creative tra le più importanti» e che oggi si impegna a rilanciare e rafforzare questa identità. Nella grande cornice esterna alla fiera, tra le tante possibilità di scoprire luoghi storici, sono stati particolarmente apprezzati per l’attenta sinergia tra opere e ambientazioni progetti come «Opera Aperta» nell’Oratorio di San Leonardo, un suggestivo allestimento con grandi teloni disegnati di Stefano Arienti, promosso da Marca Corona per l’Arte, la mostra di Patrick Tuttofuoco «Abbandona gli occhi» a Palazzo de’ Toschi, promossa da Banca di Bologna, e l’installazione con performance «Concert for a Dress» del progetto Crossing Threads nell’affrescato salone cinquecentesco di Palazzo Fava Marescotti, sede della Croce Rossa Italiana. Sempre sold out le dodici repliche di «Elegia Luminosa» azione ideata dal danzatore e coreografo Virgilio Sieni su ispirazione del metodo compositivo di Giorgio Morandi,uno dei cinque special projects curati da Lorenzo Balbi per reinterpretare il lavoro del pittore nel sessantesimo anniversario della sua scomparsa, iniziativa promossa da MAMbo-Museo d’Arte Moderna di Bologna | Settore Musei Civici Bologna, Centro Nazionale di Produzione della Danza Virgilio Sieni e Teatro Comunale di Bologna.
Il rientro tra i padiglioni di Arte Fiera dove, come di consueto, la domenica ci deve destreggiare in un’affluenza densissima e un po’caotica, è dedicato in primis alla ricognizione tra i vincitori dei vari Premi, ciascuno assegnato da apposite giurie di esperti e collezionisti. BPER Banca, che già possiede una delle più importanti collezioni corporate italiane, ha assegnato il suo premio acquisizione dedicato alla valorizzazione di tematiche femminili (a prescindere dal genere dell’artista) a Stefania Galegati per l’opera «isola #49», 2021, esposta da Francesco Pantaleone Arte Contemporanea; il lavoro fa parte di un progetto che ritrae l’Isola delle femmine in una serie di quadri sulla cui superficie sono trascritti brani tratti da Il Secondo sesso di Simone de Beauvoir. Il Premio Collezione Righi volto a incrementare la raccolta del MAMbo, concentrandosi in particolare sul lavoro delle ultime generazioni di artisti italiani, è stato assegnato al paravento di cartoline traforate «Punti di vista (Bologna)» presentato dalla Galleria Massimo Minini, un’opera del 1998 di Sabina Mezzaqui che furealizzata per una mostra del progetto «Spazio Aperto» alla GAM bolognese e che, dunque, suggella il legame della fiera con la città e il suo museo. Regala due nuove opere al MAMbo anche il Trust per l’Arte Contemporanea: «Photomatic d’Italia, 1973-74»di Franco Vaccari rappresentato dalla Galleria Mazzoli e«Senza Titolo #15» del 2023 di Chiara Camoni,rappresentata da SpazioA.
Rivolto principalmente ad artisti emergenti e mid-career, il Marval Acquisition Award, che consiste in un’acquisizione destinata alla collezione dei due collezionisti fondatori, è stato assegnato all’artista brasiliano Guilherme Almeida. È istituito da collezionisti anche il Premio Spada Partners, riconosciuto all’opera di Ruth Beraha proposta da Ncontemporary, un’installazione di iridi in ceramica che verrà esposta nella sede milanese del loro studio tributario. Debuttante il Premio Officina Arte Ducati per l’acquisizione di un’opera su carta, destinata alla collezione corporate, andato ad Alberto Tadiello, proposto dalla galleria Umberto di Marino, mentre il Premio Osvaldo Licini by Fainplast, assegnato a Claudio Coltorti, che espone da Acappella, offre la possibilità di entrare nella cinquina dei finalisti dell’omonimo concorso. Ben tre i premi rotariani, tra i quali quello assegnato alla Galleria Zero… di Milano, che si è aggiudicata il premio Rotary per l’eleganza dell’allestimento e la valorizzazione di nuove proposte. Il premio di Colophon Arte, storica presenza dell’editoria d’arte italiana, rivolto ad autori under 40 per permettere al vincitore di concepire e dare alle stampe un libro d’artista, è stato assegnato a Zerha Doğan, artista e giornalista curda rappresentata da Prometeo Gallery. Ancora un premio acquisto è, infine, The Collectors Chain Prize, dedicato a incrementare la collezione di fotografia di Art Defender, quest’anno assegnato alla serie di scatti «La mamma è uscita (trittico #1)» opera di Milli Gandini, pioniera del femminismo, presentata dalla MLB- Maria Livia Brunelli Gallery nella sezione Fotografia e immagini in movimento.
Affidata per il secondo anno a Giangavino Pazzola, curatore di Camera - Centro italiano per la fotografia (Torino), questa sezione della fiera con quaranta espositori ha confermato l’interesse per una visione aperta del medium e del video, e ha visto un buon incremento delle vendite, anche grazie al range di prezzi mediamente accessibili, seppur diversificati tra tirature e pezzi unici, come esempio la toccante staged photography di Guia Besana, recentemente dedicata al tema dell’isolamento dei diversi (tra 3.600 e 5.000 euro), e le foto ritoccate in stampa di Francesca Galliani degli anni Novanta (da 5.000/6.000 euro), entrambe proposte da Visionquest4 Rosso. Tante immagini, fotografiche o ottenute con l’ausilio della fotografia si sono comunque viste anche nelle altre sezioni, dalle rarefatte evocazioni «pittoriche» dell’ultimo lavoro di Giulia Marchi, alle storiche degli anni Settanta di Gina Pane, Jürgen Klauke o Mino Migliori, per arrivare alla megalografia di Per Barclay «Halvard», uno straniante e intimo nudo maschile in bianco e nero di tre metri e mezzo per sei, che domina lo stand di Persano.
E la scultura? Non si impone, ma non manca, ovviamente. Tra gli storici una bella testa in cera di Medardo Rosso da Russo, mentre per il secondo Novecento la Galleria Forni ha scelto di rendere omaggio alla figurazione surreale di Girolamo Ciulla, recentemente scomparso, con un’ampia monografica. Alcune opere sono particolarmente imponenti: da Franco Noero il monumentale busto marmoreo «Achille!» di Francesco Vezzoli (200.000 euro); da Niccoli, associata a Sperone per la monografica di Giuseppe Gallo, conquistano lo spaziocinque dei suoi «Prismi»in bronzo (da 42.000 a 46.000 euro l’uno). Diffuse anche le presenze di opere polimateriche e oggettuali: tra i più belli per il setting sono gli stand di Sprovieri, con Mario dalla Vedova, e Galleria Continua,con Arcangelo Sassolino eAlicja Kwade. Da Mazzoli, ironica quanto imponente, la figura di un grande Pinocchio in bronzo, opera di Marcello Jori, si punge il dito toccandosi il naso. Che sia la piccola punizione dei bugiardi? Nel giro di chiusura, in attesa dei dati ufficiali, speriamo e crediamo che dica la verità soprattutto chi, e sono i più, si dichiara contento; come Mazzoleni che rileva un «riscontro molto positivo sia verso il Moderno, in modo particolare con Agostino Bonalumi del quale sono state vendute entrambe le opere presentate, sia verso il contemporaneo».
Alla chiusura delle porte, i visitatori complessivi sono stati più di 50.000, un numero molto positivo, in linea e in crescita con la storia dell’evento. Uscendo, non può mancare un saluto all’opera «Tutti i passi che ho fatto nella mia vita mi hanno portato qui, ora», che fu commissionata lo scorso anno ad Alberto Garutti poco prima della sua scomparsa, e che quest’anno è stata posta permanentemente all’ingresso di BolognaFiere: è una lastra di pietra incisa, si vede poco, ma c’è e resterà sempre pertinente, come il ricordo.
Giorno 3
Arte e impegno civile: nell’allegra giostra di Arte Fiera è chiaro che questo non può realisticamente essere un argomento centrale, anche sottotraccia qualcosa si muove sempre. A richiamare esplicitamente l’attenzione sul tema della «Coscienza» c’è per esempio l’organizzazione «do ut do», collegata alla Fondazione Hospice Seràgnoli, una non-profit che opera nel campo dell’assistenza, formazione, ricerca e divulgazione della cultura delle cure palliative, che propone progetti sulla relazione tra arte ed etica: in questa occasione ha coinvolto 13 artisti, tra i quali Andrew Holmes Huston, Nino Migliori, Simone Pellegrini, Luigi Ontani, con 24 opere, distribuite tra la Fondazione Cirulli, la Galleria Stefano Forni, e Arte Fiera, nello stand curato da Mario Cucinella.
La giornata inizia con il sole e una sostenuta affluenza di persone, molte delle quali dopo la chiusura degli stand faranno notte inseguendo gli eventi di Art City tra palazzi, teatri e gallerie. Vivo l’interesse del pubblico, che chiede e discute, più lente al momento le vendite che, soprattutto per i giovani, sembrano risentire del senso di incertezza che grava sul momento storico. Oggi ci muoviamo prevalentemente nella pittura, diffusa ampiamente in entrambi i padiglioni e per il quarto anno consecutivo oggetto di una sezione dedicata, «Pittura XXI» a cura di Davide Ferri, che si propone come una panoramica sugli ultimi vent’anni, tra artisti emergenti e mid-career. Tra i temi si avverte diffusamente un’ attenzione per la relazione uomo natura, come nei delicati lavori di Marta Roberti alla quale la galleria z2o Sara Zanin ha dedicato una monografica (prezzi da 2.000 a 10.000 euro).
Veleggia sempre bene la figurazione: da Vigato i quadri di grande formato dell’«anacronista» Stefano Di Stasio (del 2007) sono quotati tra 25.000 e 30.000 euro, un pochino di più l’installazione di Omar Galliani del 2013, che tocca 45.000 euro, mentre da Mazzoli, nel suo stand grande e vario, scoviamo un Wainer Vaccari di medio formato a 15.000 euro, richiesta che si decuplica per un grande pezzo di Sandro Chia, a 150.000 euro. Bene gli anni Sessanta- Settanta-Ottanta che sono ormai i nuovi classici: da Secci un grande quadro di Concetto Pozzati del 1966 è proposto a 60.000 euro mentre «Gesti Tipici» di Lombardo del 1963 a 160.000 euro; da DEP Art un dipinto molto grande di Valerio Adami del 1987 è proposto a 200.000 euro, una cifra soglia per molti espositori, che, ad eccezione dei Burri, Fontana e pochi altri proposti oltre il milione di euro, stimano in questa cifra una soglia tipica per la fiera bolognese. Diffusi anche quest’anno gli astrattisti: tra i più visibili Carla Accardi, Giorgio Griffa e Piero Dorazio, al quale Lorenzelli dedica un’ampia e coloratissima monografica, con pezzi anche grandi che si confermano sulla soglia dei 200.000 euro. Il più ricorrente tra gli storici sembrerebbe Giorgio De Chirico, sempre molto rappresentato, qui da almeno sette gallerie. Che sia il più amato dagli italiani?
Giorno 2
Arte Fiera effetto nostalgia? Può essere. Ma se nel primo giorno di apertura al pubblico della manifestazione bolognese tra i commentatori incombe un vago e condiviso sentore di déjà vu non è solo per l’effetto nostalgia del cinquantenario della fiera. Certamente la celebrazione della prima edizione pilota del 1974, alla quale è dedicata anche l’esposizione documentaria «Numero zero. Il primo catalogo di Arte Fiera» curata da Clarissa Ricci, ha suggerito a numerose gallerie di proporre un richiamo alle fiere degli anni Settanta, ma effettivamente l’idea di trovarsi talvolta di fronte a opere che tra questi stand sono già passate si ripropone anche per gli altri decenni, sia nella sezione storica sia in quella più contemporanea.
Proposta diffusamente la parola come immagine, nelle tendenze concettuali e nelle ricerche verbo-visive e nelle loro più recenti eredità, fedeli o infedeli al modello. Filologico l’allestimento di Frittelli Arte, che ha costruito una mostra dedicata al Gruppo Settanta, promosso dal 1963 a Firenze da Giuseppe Chiari, Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Eugenio Miccini, Luciano Ori, Lamberto Pignotti; tra i collage e le opere su carta di medio formato i prezzi vanno da 8.000 a 15.000 euro, con punte di 60.000 euro per Ketty La Rocca, segno della particolare attenzione del collezionismo per le figure femminili, che sempre più si stanno storicizzando e, di conseguenza, rivalutando sul mercato. Ragionando per «chiare lettere» di maggior formato, da Tornabuoni spicca la grande opera di Emilio Isgrò «Dichiaro di non essere Giotto», una cancellazione del 2014 per la quale la richiesta arriva a 150.000 euro, e da Brambilla l’installazione polimaterica di coloratissime lettere a parete di Jack Pierson è proposta a 200.000 euro.
Non poteva mancare la performance, attualizzata dal programma di azioni dal vivo proposta da Arte Fiera in collaborazione con Fondazione Furla a cura della sua direttrice artistica Bruna Roccasalva, che per quest’anno ha scelto Daniela Ortiz (Perù, 1986), artista impegnata nel mettere a fuoco tematiche attuali, con azioni partecipative come «Tiro al Blanco»: l’installazione concepita per l’occasione è resa vitale dalla divertita adesione del pubblico a un crudo gioco del tiro al bersaglio, proposto sotto la forma di una baracca da luna park, ad additare il ruolo dell’industria della guerra nelle dinamiche politiche attuali. Echeggia, nell’impegno sociale e partecipativo di questo progetto, la linea di ispirazione di «Praticamente nulla da vendere» La performance ad Arte Fiera nel 1976, la mostra storico-documentaria curata da Uliana Zanetti in collaborazione con il MAMbo, che ricorda la performance come elemento qualificante di quell’edizione memorabile, nel cui contesto la Galleria Pari&Dispari insieme allo Studio Morra e la Galleria del Cavallino con la Ronald Feldman Fine Arts per tutta la durata della fiera diedero vita a due programmi di performance indipendenti, lanciandosi a capofitto nell’avanguardia senza preoccuparsi, come amava affermare Rossana Chiessi, fondatrice della galleria Pari&Dispari, che nulla di quei lavori si potesse mettere in vendita. Altri tempi.
Giorno 1
Non fu il gelido cuore dell’inverno, ma il caldo esordio dell’estate, e non furono i moderni padiglioni fieristici, ma dieci roventi prefabbricati sul piazzale del quartiere fieristico a tenere a battesimo Arte Fiera nel giugno 1974, quando a Bologna si provò a lanciare un’iniziativa sull’arte contemporanea. L’idea era di creare uno spazio dedicato da affiancare alla ricca Fiera Campionaria, confidando che tra gli imprenditori impegnati a proporre i loro prodotti di punta ci fosse qualcuno con disponibilità economica, curiosità e attitudine per il collezionismo. Fu un inizio pionieristico ma funzionò e le prime dieci gallerie, in gran parte bolognesi, che un po’ per gioco avevano creduto nella scommessa, l’anno seguente si ritrovarono tra 200 espositori da tutta l’Italia.
Un numero sfiorato ancora oggi, cinquant’anni dopo, in questa edizione marcatamente e comprensibilmente autocelebrativa, con tanto di francobollo commemorativo, inaugurata oggi 1 febbraio con preview su invito e aperta al pubblico da domani, venerdì 2 febbraio fino al 4, con 197 espositori, provenienti dal Nord al Sud della Penisola. Mentre il mondo è parecchio cambiato, qui sembra ancora vincente la stessa formula iniziale, fondata sulla raggiungibilità strategica della città, sulla sua relazione con un fiorente tessuto economico e sulla connotazione quasi totalmente italiana dei partecipanti. Orgoglio italico a parte, giunta al giro di boa del mezzo secolo la nostra prima fiera nazionale appare piuttosto in forma senza troppi ritocchi, e, anche se il progressivo perfezionarsi della macchina organizzativa non è un elemento secondario, la tendenza a mantenersi nel solco di linee guida consolidate e di filoni di interesse entrati fin dagli anni Settanta nella sua storia, la pittura, la performance, i multipli, la fotografia, segna ancora l’identità più schietta di Arte Fiera, con la sua «meccanica emiliana», potente ma prudente, che procede con molte conferme tra arte storicizzata del primo Novecento e ricerche dal secondo dopoguerra a oggi.
Confermati rispetto all’edizione 2023 molti dei partecipanti, merito di stabili punti di riferimento, da molti galleristi considerati garanzia di efficacia, per esempio gli spazi, i classici padiglioni 25 e 26, tra i più luminosi e articolati del quartiere fieristico bolognese, e la guida, ancora affidata a due figure che hanno collaudato lo scorso anno la loro collaborazione, il direttore artistico di lunga data Simone Menegoi e il manager e collezionista Enea Righi. E si conferma anche il fervore di iniziative che ruotano intorno alle giornate della fiera, con gli innumerevoli eventi di Art City che si intessono in una fittissima trama di percorsi in gallerie, musei e palazzi, selezionati sotto la direzione artistica di Lorenzo Balbi, per muovere nella città e in tutta l’area metropolitana il variegato popolo dell’arte, con un programma che tra artisti e pubblico esplora una grande varietà, dallo studente di accademia al nome di caratura internazionale, dal collezionista più sofisticato al principiante, curioso di entrare nel sistema.
Tornando ai padiglioni c’è curiosità anche per gli undici premi che verranno assegnati nel corso dell'edizione 2024, tre in più dell’edizione passata con l’ingresso di Premio BPER, Premio Officina Arte Ducati e Premio Marval Collection. Già annunciato è invece il Premio ANGAMC alla carriera, ideato per celebrare i grandi galleristi italiani affiliati all’Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea: per l’edizione 2023 sarà assegnato domani a Lia Rumma. Proprio lei, anima dei prestigiosi spazi espositivi di Napoli e Milano, figura tra i ritorni più attesi negli stand della Main Section, insieme ad Apalazzo Gallery, Laveronica, Lorenzelli Arte, Franco Noero, Ronchini, Sprovieri.
In generale piacciono molto il neon e le scritture di luce, innegabilmente decorative nonostante l’intenzione sia pervicacemente concettuale, a partire dai grandi classici come Joseph Kosuth, la cui grande scrittura «Existential time #9» (2019)proposta a 125.000 euro, domina lo stand di Lia Rumma, a ricordo della prima mostra organizzata dalla gallerista nel 1972. Ed è già caccia agli artisti invitati alla prossima Biennale di Venezia, come Greta Schödl (1929), rappresentata dalla galleria bolognese LABS, e Victor Fotso Nyie, rappresentato dalla P420, dove una ceramica di grande formato dell’artista camerunese è in vendita a 18.000 euro. Site specific per Bologna l’opera di Christian Jankowski nello stand di Enrico Astuni, un intervento che riflette sulla conservazione della torre Garisenda, attualmente sotto minaccia di crollo, un disegno di neon sovrapposto alla gigantografia delle due torri simbolo della città (35.000 euro). Sarà l’effetto compleanno, ma per Mengoi è la migliore edizione sotto la sua direzione e nella partecipata preview a invito di oggi gli animi sono allegri, i collezionisti si fanno fotografare con il gatto nero di Cattelan nello stand di Mutina for Arts, mentre i bollini rossi un po’ vintage cominciano a spuntare. E domani la festa continua, in veste Seventies.
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